Fiusco/Servizio cristiano: La scuola è una risorsa, non incubatore di virus

Alla vigilia della riapertura delle scuole a livello nazionale, qualcuno ha già suonato la campanella. Il caso siciliano di Riesi, nella parole del direttore Gianluca Fiusco: "Non possiamo simulare una posizione che non è la nostra, quella cioè di una sorveglianza sanitaria. Invito tutti a maggiore chiarezza e partecipazione... I governi fanno anche pedagogia, e questo dovrebbero saperlo"

Foto Servizio cristiano

Roma (NEV), 11 settembre 2020 – Gianluca Fiusco è il direttore del Servizio cristiano di Riesi, in provincia di Caltanissetta, in Sicilia. La scuola dell’infanzia e la scuola primaria del Servizio Cristiano di Riesi hanno riaperto il 1° settembre. Abbiamo rivolto al direttore Fiusco alcune domande.

Come avete fatto a riaprire così in fretta?

Già dal 24 giugno ci siamo impegnati a integrare la struttura e le attività con tutte le misure anti-covid, sulla falsa riga di quanto era stato indicato dal Comitato tecnico scientifico del Ministero dell’Università e della Ricerca (MIUR), con altre misure più restrittive per quanto riguarda le vie di fuga e le modalità di accesso in struttura.

Ci siamo trovati pronti perché riteniamo che i bambini siano stati fin troppo tempo lontani da scuola, non solo per quanto riguarda la didattica, ma anche per le conseguenze emotive. Il lockdown in casa è stato percepito inizialmente quasi come un gioco o come una vacanza, ma poi la situazione è diventata sempre più pesante. Ci siamo assunti la responsabilità di agire subito per non trovarci impreparati.

Quali sono state le maggiori criticità che avete incontrato e come avete cercato di affrontarle?

A Riesi non sono molte le famiglie che possono godere di spazi confortevoli in casa o all’aperto. A questo si è aggiunto il fatto che alcune famiglie sono conflittuali, quindi la chiusura delle scuole ha rappresentato per loro e soprattutto per bambini e bambine una grande fatica.

Da metà maggio fino a fine luglio abbiamo attivato un progetto estivo per dare ai bambini lo spazio e il tempo per stare insieme, in sicurezza. Grazie a questo “rodaggio” abbiamo potuto velocemente adeguarci alle ultime direttive. Abbiamo avviato tutte le procedure del caso, sia nel lavoro in classe sia fuori, con opportuno distanziamento e sanificazione.

Già dal 2015 abbiamo i banchi singoli. È stata una scelta didattica e pedagogica che si è rivelata utile. Ci occorrevano banchi che potessero permettere cooperative learning e altre forme di apprendimento collettivo come i lavori in gruppi e avevamo necessità di arredi che consentissero di rimodulare le classi in base agli obiettivi educativi didattici. Per quanto riguarda le attività scolastiche, sappiamo che sarà un anno particolare e stiamo facendo del nostro meglio.

Cosa si sentirebbe di dire ai decisori politici rispetto a quanto state vivendo?

Come ho già denunciato anche in altre occasioni, questo modo di trattare la scuola da parte del governo, al netto delle giuste precauzioni, ha trasmesso l’idea che la scuola sia un elemento residuale. Questo ha avuto un effetto devastante.

La scuola non può e non deve essere l’ultimo problema del governo, che interviene con decreti che provocano scoramento nelle famiglie.

La scuola invece è una risorsa. Questo è un dato che va considerato, nell’emergenza come in tempi normali.

Secondo lei qual è stata la maggiore mancanza da parte delle istituzioni?

Si doveva fare chiarezza nelle disposizioni, invece di lasciarsi andare a una ipertrofia normativa, legislativa o pseudo legislativa, con circolari, ordinanze, indicazioni, relazioni del comitato e quant’altro. Ci siamo trovati in una marea e nella confusione totale, dovendo districarci anche fra elementi contraddittori. Questa confusione ha agevolato una certa resistenza alla riapertura, soprattutto in alcuni contesti.

Può fare qualche esempio?

Gianluca Fiusco

Parliamo delle mascherine: prima sembrava che si potessero usare quelle di stoffa, poi invece no, solo le chirurgiche, ma solo sopra i sei anni. Poi ci hanno detto che si potevano abbassare, ma solo se c’era più di un metro, oppure due, di distanza da insegnanti e compagni. Con 150 bambini come possiamo verificare? E le scuole dove ci sono migliaia di studenti come faranno? E come potranno mantenere le distanze se i banchi hanno le rotelle? Altri esempi, la mensa scolastica, o i trasporti specializzati. Prima si potevano riempire a metà, poi hanno aumentato all’80%, oppure al 100%, ma solo se il tempo di percorrenza è di meno di 15 minuti? È chiaro che viviamo un momento complesso, ma non possono essere le scuole e i dirigenti a gestire nella confusione gli effetti di una pandemia mondiale. Servono più efficienza e più efficacia.

Quali proposte possono emergere alla luce di questa esperienza?

In queste settimane ho avuto modo di incontrare le famiglie una per una e so quali sono le preoccupazioni dei genitori.

Non possiamo simulare una posizione che non è la nostra, quella cioè di una sorveglianza sanitaria. Invito tutti a maggiore chiarezza e partecipazione. Da chi ci governa ci si aspetta trasparenza e coerenza. Ho visto tanta frustrazione e incertezza, nelle famiglie e nelle insegnanti, anche a causa di una narrazione che vuole i bambini come vettori terribili di un male assoluto e le scuole come incubatori del virus. Ma le discoteche sono state aperte e poi richiuse!

I governi fanno anche pedagogia, e questo dovrebbero saperlo. Dovrebbero rendersi conto che a volte lanciano messaggi distorti. La mia proposta è dunque che ci sia maggiore chiarezza nella comunicazione e nella produzione legislativa, una chiarezza che è mancata e la cui mancanza pesa e peserà anche nei prossimi mesi. Il rischio è di ripiombare nel caos.


Il Servizio Cristiano di Riesi è un’opera diaconale valdese nata da un’idea visionaria del pastore Tullio Vinay sessantuno anni fa. È un punto di riferimento educativo (scuola dell’infanzia e elementare), sociale e riabilitativo (con un nuovo centro diagnostico) e lavorativo (commercializzazione di prodotti biologici del territorio).