Chiese europee fra disuguaglianze, migrazioni, giovani e razzismo

Intervista ad Alessia Passarelli, moderatora della sezione integrazione della Commissione Studi Dialogo Integrazione della Federazione delle chiese evangeliche in Italia e ricercatrice. Un racconto sulle iniziative della Commissione delle chiese per i migranti in Europa fra covid e idee per il futuro

Alessia Passarelli

Roma (NEV), 4 novembre 2020 – La Commissione delle chiese per i migranti in Europa (CCME) ha organizzato una serie di eventi online, seminari, interviste, gruppi di lavoro che hanno toccato, da punti di vista diversi, il rapporto delle chiese storiche con le chiese formate da immigrati e il percorso di integrazione e relazione tra i membri delle chiese storiche e i membri con un background immigrato, siano essi arrivati ieri o venti anni fa. La CCME ha promosso il percorso che in Italia chiamiamo Essere Chiesa Insieme (ECI).

Ne abbiamo parlato con Alessia Passarelli, moderatora della sezione integrazione della Commissione Studi Dialogo Integrazione (COSDI) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), nonché ricercatrice del Centro studi Confronti e della Fondazione per le scienze religiose (FSCIRE).

Alessia Passarelli ha collaborato con la CCME all’organizzazione di questi eventi, che hanno sostituito la conferenza europea che si sarebbe dovuta tenere a Louvain, in Belgio, lo scorso marzo.

Il primo seminario, alla fine di settembre, è stato dedicato all’impatto della pandemia nelle chiese. Il secondo ha avuto al centro il rapporto dei giovani con la fede e con la chiesa. L’ultimo incontro, che si è svolto il 3 novembre, ha affrontato il tema “Razzismo e disuguaglianze nelle Chiese”. In vista, la pubblicazione della terza edizione della ricerca CCME su chiese e migranti.

Foto di Daniela Di Carlo

Chiese e pandemia. Quali effetti sono stati riscontrati fra le comunità che gravitano intorno alla CCME?

Gli interventi hanno portato alla luce quanto il fatto che una chiesa fosse riconosciuta dallo stato, abbia inciso enormemente sulla stabilità e sull’esistenza stessa delle comunità. Molte chiese si sono trovate impreparate di fronte alla chiusura totale delle loro attività, alcune sono riuscite a spostare “online” culti, studi biblici, attività per bambini e bambine, altre chiese hanno faticato, ed alcune, soprattutto quelle più “vulnerabili” senza contatti con chiese storiche o sorelle sono state costrette a chiudere non potendo più pagare bollette e affitti dei locali. Si è discusso delle diverse posizioni di potere tra le chiese. Non sono mancate esperienze di aiuto, di supporto verso chiese etniche da parte di comunità storiche. Per quanto riguarda l’Italia abbiamo evidenziato come il fatto che le chiese formate principalmente da fratelli e sorelle ghanesi siano parte integrante della Chiesa valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) ha evitato che si creassero episodi di chiusura totale o di deficit economici. Questo però non significa che non ci siano state delle difficoltà. Se in alcune comunità il percorso ECI ne è uscito rafforzato, in altre ha avuto una battuta d’arresto creando inevitabilmente una o più divisioni all’interno della comunità, dove, in pratica, ogni gruppo portava avanti indipendentemente le proprie attività.

Foto d’archivio, Palermo 2019. Laboratorio INterculturale di Formazione e Accoglienza (LINFA) promosso dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) nell’ambito del programma Essere chiesa insieme (ECI)

Nel secondo incontro avete affrontato i temi della fede e delle radici, delle identità e appartenenze, del dialogo intergenerazionale e del rapporto con le chiese e le comunità. In che modo avete approfondito questi concetti e cosa è emerso?

Sono state intervistate sei giovani donne con un background immigrato (alcune di prima, altre appartenenti alle cosiddette seconde generazioni) provenienti dall’Italia (Esther Agyemang e Maeva Njonkoue), dall’Olanda e dall’Inghilterra. Tutte frequentanti chiese diverse per tipologia e denominazione. Tra i punti in comune ritroviamo la fede come forza, la testimonianza all’esterno attraverso il comportamento e l’importanza di avere una comunità di fede di appartenenza che viene vista come una seconda casa. È emersa una difficoltà nel confrontarsi con la fede dei propri genitori e la necessità di trovare la propria via. Con l’eccezione dell’Italia i contatti tra giovani di chiese diverse e soprattutto tra giovani di chiese etniche o multietniche e chiese storiche sono pressoché inesistenti. Quasi tutte le intervistate hanno evidenziato la difficoltà nel trovare un posto nella chiesa che non sia stereotipato. Non vengono ascoltate, non vengono dati loro ruoli di responsabilità. In alcuni casi, anche laddove siano impegnate, non vengono realmente “viste” o prese in considerazione.

L’ultimo incontro ha affrontato il tema del razzismo e delle disuguaglianze nelle chiese. Che messaggio ci può riferire? C’è razzismo nelle chiese, sì o no?

È un tema caldo di cui, però, non si discute ancora abbastanza. “Bisogna che capiamo che il razzismo è un fatto strutturale all’interno delle nostre società e nelle chiese” ha sottolineato il pastore Arlington Trotman – già moderatore della CCME.  “Per superarlo – ha aggiunto -, abbiamo bisogno di riconoscere le disuguaglianze presenti, riscrivere la storia e la narrazione sui rapporti tra le persone e le loro provenienze”. Si è discusso a lungo sul ruolo delle chiese. Molte si autoconcepiscono come esenti dal fenomeno: il razzismo sarebbe nella società, ma non nelle chiese. Questo è un mito, un pio desiderio. Le esperienze ascoltate durante il seminario raccontano un’altra storia, un’altra narrazione: difficoltà di essere accolti e accolte in chiesa, scarso accesso a ruoli di leadership locale e nazionale, pregiudizi legati alla provenienza (per esempio, l’essere più portati al canto e al ballo, ma non essere in grado di affrontare discussioni troppo complesse).

Mettersi in ascolto, aprire gli occhi, riconoscere i doni di tutti i membri di chiesa al di là delle nazionalità o background culturale e soprattutto essere consapevoli del privilegio di chi ha la pelle chiara. Questa la sfida ancora aperta per le chiese.


Intanto la CCME si prepara a pubblicare per la fine dell’anno la terza edizione della ricerca “Mapping Migration, Mapping Churches’ Responses”,di cui Alessia Passarelli è co-autrice insieme a Darrell Jackson, che analizza la presenza dell’immigrazione in Europa, con schede per paese, e il suo impatto nelle chiese. La ricerca è svolta fra l’altro attraverso un questionario che evidenzia percentuali, tendenze, impegno sociale e rapporti tra le chiese.