#25N Siamo le grida di donne di tutto il mondo

In occasione della Giornata mondiale per l'eliminazione della violenza di genere, una riflessione di Giulia Dalmonte Feliz, giovane attivista femminista e queer, "come donna evangelica convinta che solo tramite la fede potremo davvero cambiare il mondo".

foto di Lindsey LaMont, unsplash

Roma (NEV), 24 novembre 2020 – Una riflessione di una giovane donna evangelica, in occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Di seguito una sua breve presentazione e il suo articolo.


Giulia Dalmonte Feliz, ho 25 anni e sono per metà italiana e per metà dominicana. Mi sono avvicinata alla Chiesa Metodista di Bologna 5 anni fa grazie ai miei studi in Antropologia Culturale e Religioni. Sono un’attivista femminista e queer e come donna evangelica sono convinta che solo tramite la fede potremo davvero cambiare il mondo. Sono stata la rappresentante europea del gruppo di lavoro sull’Identità, Diversità e Dialogo della World Student Christian Federation e attualmente faccio parte del Giovedì Queer della FGEI.


Tre anni di carcere per le donne che scelgono di abortire e dieci per il personale medico e paramedico che si rendono complici di un aborto. Queste le pene previste per chi sceglie di autodeterminarsi in questo senso in Repubblica Dominicana, il paese che ha dato ispirazione al 25 Novembre, Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. La data fu scelta dal primo “Encuentro Feminista y Latinoamericano” tenutosi a Bogotà nel 1981, in ricordo di Patria, Minerva e María Teresa Mirabal, tre sorelle che furono torturate, stuprate e uccise per mano del dittatore dominicano Rafael Leónidas Trujillo. In questi ultimi anni si è ricostituito un ampio movimento femminista in Repubblica Dominicana e nell’intera America Centrale e del Sud, che deve fare i conti da una parte con un sistema politico conservatore e dall’altra con Chiese fortemente reazionarie che vorrebbero riportare la donna ad una versione moderna di “angelo del focolare”. Ogni parte del mondo ha le sue questioni specifiche rispetto ai diritti e alle lotte che le donne portano avanti, ma c’è un minimo comune denominatore che è la violenza perpetuata costantemente nei confronti di esse. Ovunque.

Negare il diritto all’aborto, e quindi all’autodeterminazione, è violenza? Sì. Essere costrette a convivere con un partner manipolatorio perché non si dispone di uno stipendio dignitoso è violenza? Sì. Essere licenziate per revenge porn è violenza? Sì. La violenza di genere è sociale e sistematica e per questo motivo la maggior parte delle donne ne ha subito almeno una forma nel corso della propria vita. Non si mette mai troppo in discussione la struttura patriarcale delle nostre famiglie, forse perché funzionali al mantenimento di un assetto sociale che non siamo disposti a guardare veramente in faccia, ma sappiamo che è proprio nelle famiglie “più normali” che si annidano le violenze peggiori. 

Rispetto a questo il Covid-19 ci ha dato una bella lezione perché nel periodo tra marzo e aprile del 2020 c’è stato un incremento delle telefonate al 1522, numero telefonico di supporto alle donne che subiscono violenza, del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019 [1]. Nel policy brief realizzato dalle Nazioni Unite, che indaga “L’impatto del Covid-19 sulle donne”, si sottolinea come la pandemia abbia degli effetti particolarmente gravi sul genere femminile rispetto a quello maschile. Il report ci mostra dei dati preoccupanti su vari livelli come quello economico, quello della salute e quello della violenza di genere. Quasi il 60% delle donne in tutto il mondo lavora nell’economia informale, guadagnando di meno (rischiando maggiormente di finire sotto la soglia di povertà) e avendo meno diritti. Inoltre, il lavoro domestico e di cura non retribuito, che ancora una volta ricade principalmente sulle donne, è stato notevolmente aggravato dalla chiusura delle scuole e dalle necessità delle persone anziane. 

Per limitare l’impatto negativo del Covid-19 sulla vita delle donne è necessario investire in risorse e strumenti che le supportino a livello lavorativo e per cercare di arginare la violenza di genere è fondamentale elaborare una strategia di prevenzione. Questo, a mio parere, si può ottenere solo tramite un efficace piano politico. Quello sulla violenza di genere non può essere un discorso da relegare solo al 25 Novembre, ma deve essere un dialogo fondamentale che va portato avanti quotidianamente, prima di tutto all’interno delle nostre famiglie. 

Aborto Legal Ya. Strajk Kobiet. Non Una Di Meno. Siamo le grida di donne di tutto il mondo.

[1] Istat.it https://www.istat.it/it/archivio/242841