USA. Membri di chiesa sono minoranza della popolazione

Il pastore battista Larry Anderson: “Dobbiamo smettere di vedere la chiesa come luogo di arrivo (‘ending place’), anziché luogo di invio (‘sending place’). E spostare la nostra attenzione dal contare le persone che entrano in chiesa a contare quelle che mandiamo fuori, in servizio"

Un dettaglio della copertina della pubblicazione sui luoghi di incontro e di preghiera a Roma e Provincia curata da Caritas-Migrantes

Roma (NEV), 30 marzo 2021 – L’agenzia di sondaggi statunitense Gallup registra, per la prima volta in 80 anni, il crollo della percentuale di persone che si dichiarano membri di chiesa. Il sondaggio è stato diramato ieri.

Negli Stati Uniti d’America, dunque, si dichiara parte di una congregazione il 47% degli interpellati. Nel 1999 la percentuale era del 70%.

Ne parla su baptistpress.com Diana Chandler, redattrice senior del portale di informazione battista della Southern Baptist Convention.

I dati Gallup

Tra i gruppi religiosi, il calo più netto è tra i cattolici (dal 76% al 58%); seguono i protestanti (dal 73% al 64%). Gallup non dispone di dati sufficienti per analizzare le tendenze delle altre fedi. Il calo dei membri di chiesa è minore tra i conservatori, i repubblicani, le persone adulte sposate e i laureati. Questi gruppi tendono ad avere tassi più alti, in riferimento all’appartenenza a una chiesa, insieme ai residenti nel sud e agli adulti neri non ispanici. Negli ultimi 20 anni, il calo dei membri è stato maggiore tra i residenti nell’est e i democratici. Gli “indipendenti politici” hanno tassi di appartenenza ancora inferiori.

Crescono, quindi, i numeri delle persone senza preferenze religiose. Fra le persone che hanno una religione, crescono anche quelle che preferiscono non dichiararsene “membri effettivi”.

Le generazioni più giovani detengono i tassi più alti di coloro che non hanno preferenze religiose (il 31% dei millennial e il 33% della cosiddetta generazione Z (nati tra la metà degli anni ’90 e inizio del 2010). Tra chi si affilia a una religione, la quota di millennial è scesa dal 63% nel 2000 al 50% nel 2020.

Chandler ha raccolto alcune reazioni in merito alle diverse implicazioni che tali dati possono avere per le chiese e sui mezzi usati per comunicare il Vangelo. Il pastore battista Larry Anderson, presidente degli State Directors of Evangelism ha detto: “La lealtà a una chiesa non è così comune come una volta. I millennial e la Generazione Z sono portati a visitare tante chiese quante si sentono. In secondo luogo, il bisogno di unirsi a una chiesa e diventarne un membro, sotto l’autorità di un pastore, sottomessi ai meccanismi della cultura della chiesa, non sembra essere un’opzione allettante per coloro che possono andare e venire a loro piacimento, senza nessuna pressione”.

Le nuove generazioni sembrano essere più interessate a far parte delle comunità al di là di un’adesione formale. Inoltre, sono cambiate le modalità di servizio e di evangelizzazione. Ad esempio, le precedenti generazioni di battisti davano molta importanza all’invito al pulpito, per le testimonianze di fede e di grazia. Anderson sostiene che “Le chiese dovranno imparare come servire i membri ibridi, quelli che partecipano a volte di persona a volte online. Dobbiamo smettere di vedere la chiesa come luogo di arrivo (‘ending place’), anziché luogo di invio (‘sending place’). E spostare la nostra attenzione dal contare le persone che entrano in chiesa a contare quelle che mandiamo fuori, in servizio”.