Comunicatori cristiani. Giochi di potere fra privacy e capitalismo della sorveglianza

L’Associazione Mondiale per la Comunicazione cristiana (WACC) riflette sul ruolo di aziende hi-tech, governi e utenti

Foto Metamorworks/iStock

Roma (NEV), 7 maggio 2021 – Sul sito dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC), un articolo approfondisce alcuni temi riguardanti la privacy dei dati e il ruolo di istituzioni, aziende hi-tech e utenti. L’articolo si intitola “Nella battaglia fra i giganti, per chi tifare?“.

La crescente battaglia sulla privacy dei dati tra Apple e Facebook è un segnale. “L’ultimo aggiornamento per iPad e iPhone include una funzione di trasparenza del tracciamento. Questa costringerà gli sviluppatori di app a chiedere agli utenti il ​​permesso di raccogliere i propri dati – scrive la WACC –. Sarà un duro colpo per l’attuale modello di entrate di Facebook. Facebook e Google hanno perfezionato la raccolta e la vendita dei nostri dati personali. Non solo sul loro software, ma monitorando l’utilizzo di Internet in generale. Sebbene lo scorso anno Google abbia imposto limiti ai ‘cookie di terze parti’, circa il 90% del reddito di Facebook dipende ancora dalla raccolta di dati personali venduti agli inserzionisti”.

La privacy, fra norme e modelli di business

È una questione, dice la WACC, che porta a crescenti preoccupazioni sulla privacy dei dati e sul “capitalismo della sorveglianza”, per usare il termine coniato da Shoshana Zuboff. Nel 2017, l’Unione Europea ha approvato il Regolamento generale per la protezione dei dati personali (GDPR). Esso richiede ad aziende e organizzazioni di chiarire agli utenti come e perché raccolgono dati e come fare per modificarli o eliminarli. Diversi Paesi stanno valutando di adottare norme simili.

“Ciò significa che ogni volta che un utente accede a un sito Web, deve determinare se ‘accettare tutti i cookie’ (per accedere al sito più velocemente). Oppure prendersi il tempo necessario per esaminare e selezionare il livello di raccolta dei dati che preferisce. Alcuni siti lo rendono più faticoso di altri”.

La WACC spiega anche come Apple, ad esempio, faccia un ulteriore passo avanti bloccando il tracciamento come impostazione predefinita. Dice il New York Times: “Apple può permettersi di pubblicizzare queste funzionalità, come ha spiegato lo sviluppatore di software Joel Potischman, perché è un’azienda di hardware. Il suo modello di business dipende dal fatto che diamo loro i nostri soldi. Google e Facebook guadagnano denaro vendendo le nostre informazioni ad altre persone”.

Questioni di potere (e di dollari)

Un recente articolo del New York Times documenta “gli sforzi senza precedenti di governi di tutto il mondo per regolamentare e frenare le aziende tecnologiche. La motivazione dei governi varia notevolmente – continuano i Comunicatori cristiani –. Alcuni sono preoccupati per i monopoli, la privacy e la disinformazione. Mentre altri vogliono aumentare il controllo politico. Quello che hanno tutti in comune, però, è il potere”.

Come sottolinea l’articolo del NYT, “Le 10 maggiori aziende tecnologiche (diventate gatekeeper nel commercio. Nella finanza. Nell’intrattenimento e nelle comunicazioni.), hanno ora una capitalizzazione combinata di mercato di oltre 10 trilioni di dollari. In termini di prodotto interno lordo, ciò li classificherebbe come la terza economia più grande del mondo”.

L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana si interroga su cosa fare. Governi e osservatori “concordano sul fatto che la responsabilità delle aziende tecnologiche debba essere affrontata”.

Di fronte a una rete digitale immensa a livello mondiale, le soluzioni normative nazionali o regionali non sembrano sufficienti. È una sfida fra giganti, sostiene la WACC, che pone diverse questioni. Quella della libertà di espressione e dell’accessibilità. Della democrazia, della trasparenza. E infine di responsabilità, partecipazione e uguaglianza. “A livello individuale – conclude – scegliamo ogni giorno come vogliamo utilizzare Internet. Cosa siamo disposti a pagare, in denaro o in dati. E in che tipo di mondo digitale vogliamo vivere. Come possiamo avere un impatto maggiore in questo gioco di potere? Possiamo rendere ‘campioni dei diritti di comunicazione’ anche uno di quei giganti?”.