Nucleare “verde”? Scegliamo un’altra strada

Teresa Isenburg, della Commissione Globalizzazione e Ambiente (Glam) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, interviene in merito al dibattito sull'energia

Guillaume de Germain, unsplash

Roma (NEV), 19 gennaio 2022 – di Teresa Isenburg * – Questo ritorno di ipotesi di energia nucleare mi suscita allo stesso tempo sconcerto e stupore. Pensavo (mi illudevo?) che fosse documentato in modo assai ampio che il ricorso al nucleare civile per fornire energia creava più problemi di quanti ne risolvesse, fatto in qualche modo confermato dalla decisione della Germania di uscire da esso. Tanto più che si possono scegliere anche strade diverse per rispondere in modo meno brutale alla domanda energetica.

Vorrei richiamare l’attenzione su due punti che, a mio modo di vedere, motivano la necessità di spendersi, sia come singoli che come gruppi e comunità, per bloccare quanto prima l’ipotesi in discussione. Tralascio la sfrontata proposta di inserire il nucleare fra le fonti verdi, non mi soffermo sull’ingannevole riferimento alle centrali di nuova generazione (che sono in fase di studio e ricerca), non discuto della debolezza metodologica e concettuale di volere soddisfare una domanda in espansione senza analizzare in profondità come tale domanda si forma.

Invece in primo luogo considero quella che mi sembra una parola d’ordine inesatta, il fatto cioè che la scelta nucleare risolverebbe la esauribilità di materia prima. Molti studi consolidati hanno documentato che –sulla base di quanto oggi noto- le riserve di uranio da cui ottenere U235 hanno una durata presumibile di qualche decennio. Aggiungo che l’accesso ai giacimenti crea instabilità geopolitica e sociale simile a quella del petrolio. È bastato parlare di nuovo  di energia nucleare che, a settembre 2021, il prezzo dell’uranio è cresciuto del 24%. A gennaio 2022, in parallelo alla crisi in Kazakistan, fornitore del 40% dell’uranio commercializzato sui mercati, ulteriore aumento. La presenza di truppe francesi in Niger (e dal 2021 anche italiane con una base) è legata alla preoccupazione per le miniere di uranio esposte agli attacchi jihadisti (o come altro li si voglia definire). Altrove, come in Ceará (Brasile) lo sfruttamento previsto di giacimenti di uranio rischia di disarticolare le comunità rurali: la scarsa acqua in ambiente semiarido si progetta di deviarla verso i grandi consumi  minerari. E questi sono solo alcuni esempi.

In secondo luogo sottolineo il problema per il quale non si ha né si vede in lontananza una qualche via di uscita: quello delle scorie radioattive. Nessun paese ha trovato una soluzione tecnicamente praticabile e sicura dal punto di vista sanitario.

Questo vale anche per il lascito dei disastri sia di Chernobyl che di Fukushima avvenuti in paesi dalle caratteristiche economiche e tecnologiche molto diverse. Le scorie irradiano radioattività per secoli e oltre, mettendo in pericolo generazioni e generazioni di nostri figli. Gli studi al riguardo sono molti e tutti concludono che non esistono luoghi cosiddetti sicuri in cui stoccare montagne di veleni, né contenitori in grado di schermare  per tempi lunghissimi quantità massicce di radiazioni  né sistemi di comunicazione (concettuali e materiali) in grado di informare chi verrà fra epoche lontane dell’immane pericolo lasciato in eredità.  In Italia, in assenza di autocandidature dopo la pubblicazione della carta dei possibili siti per il deposito unico delle scorie a inizio 2021, i ministeri preposti probabilmente decideranno di imporsi sulle popolazioni locali: consultando il sito della Sogin – la società la cui ragione sociale è appunto la gestione delle scorie – si può seguire l’iter e la documentazione sulle procedure in corso.

In questo contesto sarebbe buona cosa se le chiese tutte, di qual si voglia spiritualità, con forza e voce alta esprimessero e facessero sentire senza possibilità di fraintendimento  il loro ripudio a questa scelta di distruzione. Nessuna promessa di potenza (e potere) assoluto e illimitato appartiene all’umano (Matteo 4,8-9). Mentre ad esso è affidato il tempo del giubileo, del limite, della remissione dei debiti sia fra gli uomini e le donne sia di questi verso il creato (Levitico 25); il tempo del settimo giorno, quello del riposo, della sospensione, al quale fa seguito il soffio della vita e l’impianto del giardino (Genesi 2, 7-9).  Non annuncia nulla di ciò il nucleare civile.


*membro della Commissione Globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in italiane