Ricominciamo da te. Per liberare dalla violenza uomini e donne

Oggi a Gravina, nuova tappa del progetto della Federazione delle donne evangeliche in Italia contro la violenza. Gabriela Lio: “Bisogna coinvolgere le associazioni sui territori. Creare percorsi per gli attori della violenza. Solo così possiamo intervenire, ascoltare, restituire un cammino di consapevolezza. A volte il grido è troppo forte e non sai cosa dire. Conoscere ci permette di capire in che fase della spirale di violenza si trova la donna”.

Foto Sammie Vasquez - Unsplash

Roma (NEV), 13 maggio 2022 – “Ricominciamo da te” è un progetto della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI). Si tratta di una serie di incontri di riflessione e formazione contro la violenza.  “Negli ultimi anni – scriveva la presidente FDEI, pastora Gabriela Lio, nella lettera di presentazione del progetto, prima della pandemia – si sono sviluppate numerose iniziative con l’obiettivo di coinvolgere uomini, ragazzi/e e donne nella lotta contro la violenza di genere, sia a livello nazionale che internazionale, ma in Italia il coinvolgimento del genere maschile contro la violenza sulle donne muove ancora piccoli passi”.

Oggi a Gravina inizia una nuova tappa di questo percorso. “Ricominciamo da te” è un progetto articolato e radicato sui diversi territori, dove vengono chiamati al confronto esperti e operatori sul campo. In programma, anche spettacoli teatrali, incontri e testimonianze.

Il concetto di fondo è che serva una nuova alleanza fra i generi. Per questa alleanza, occorre che ogni persona si senta direttamente interpellata: da un lato, occorre aiutare le donne a essere presenti e attive su questi temi. Dall’altro, ogni uomo deve essere sensibilizzato. La violenza maschile sulle donne è, anche, un problema dei maschi. Non solo di chi esercita la violenza, ma anche di chi la tollera, di chi la nasconde, di chi la ignora o, in qualche modo, tacitamente la approva.

Parla Gabriela Lio, presidente FDEI

“La violenza contro le donne è trasversale – dichiara la pastora Gabriela Lio –. In ogni luogo abbiamo trovato delle peculiarità, eppure la violenza attraversa tutte le classi sociali, le religioni, le provenienze. Ci sono, tuttavia, delle caratteristiche specifiche. La situazione delle donne, per certi versi, cambia da regione a regione”.

A Napoli, ad esempio, Lio riferisce di giovani che intendono il rapporto di “fidanzamento” in modo disfunzionale. “I centri anti-violenza ci hanno raccontato di ragazze che manifestano dispiacere se i loro ragazzi non le picchiano o non le trattano male. Alcune arriverebbero a desiderare di essere tenute chiuse dentro casa. Secondo qualcuna di queste ragazze, l’idea è che se il maschio non si comporta così, ‘allora lui non mi vuole bene’”.

I centri anti-violenza lavorano per la prevenzione, anche con ragazze di 12, 13 anni, affinché questo tipo di “modello”, che si basa sull’approvazione di comportamenti che possono sfociare in reati penali, non diventi un destino obbligato. Né per i ragazzi né per le ragazze. Il rischio è quello di intrappolare entrambi i sessi in una spirale di violenza e di dipendenza tossica.

Un dato non apparso altrove, spiega ancora la presidente Lio, è quello dei femminicidi intrecciati ad atti camorristici. Ne è un esempio la morte innocente della quattordicenne Annalisa Durante, avvenuta a Forcella il 27 marzo 2004 durante uno scontro armato tra esponenti di clan rivali. La FDEI ha coinvolto l’Associazione che ne porta il nome.

“Abbiamo visitato il luogo dove Annalisa Durante è stata uccisa. Avremmo potuto andare in molti altri luoghi, perché i casi sono tristemente numerosi” dice ancora la pastora.

L’Ospedale evangelico di Genova, che è all’avanguardia sotto moltissimi punti di vista, è stato coinvolto nella relativa tappa. Gli ospedali si presentano come luoghi privilegiati di formazione, anche in futuro. “È importante sapere cosa può accadere, preparare il personale di Pronto Soccorso. Bisogna coinvolgere le associazioni collegate sui territori. E creare percorsi per gli attori della violenza. Solo così possiamo intervenire, ascoltare, restituire un cammino di consapevolezza. A volte il grido è troppo forte e non sai cosa dire. Conoscere ci permette di capire in che fase della spirale di violenza si trova la donna” propone ancora Gabriela Lio.

Un punto importante, sottolineato da relatrici dei centri anti-violenza, sia a Napoli, sia a Firenze, è questo: “Molte persone sono state positivamente colpite dal fatto che abbiamo invitato loro a parlare. Perché non accade mai. Di solito le Associazioni sono invitate ad ascoltare (in prefettura, nei corsi con la polizia). Noi abbiamo scelto una politica ‘da donna a donna’. Per dialogare con chi lavora sul campo”.

La violenza di genere, continua Lio, “viene svelata. C’è nella migrazione, c’è quando parli di profughi, c’è nel settore dell’accoglienza, c’è sulla frontiera… La violenza si esprime nella tratta delle persone, ma anche nel lavoro. E anche quella è violenza”.

Dove sono gli uomini? Una grande partecipazione di uomini c’è soprattutto a teatro. Anche questo è un modo di creare nuovi legami, nuovi rapporti. E nuove visioni.

“A Firenze siamo stati nel giardino dedicato a Michela Noli – conclude Gabriela Lio –. Abbiamo incontrato la madre e il padre di Michela, Massimo Noli e Paola Alberti, e abbiamo condiviso un momento di poesia e preghiera. È stata una testimonianza molto toccante. Abbiamo preso un impegno nei confronti di questi genitori e di tutte le donne vittime di violenza. Intendiamo dare il nostro contributo alla loro campagna per chiedere una legge contro l’omissione di conoscenza. L’intento è di stabilire una sorta di obbligo alla segnalazione come quello che, ad esempio, vige in ambito scolastico nei casi di sospetti maltrattamenti e abusi su minori. Ci sono persone che sapevano del rischio, e non lo hanno detto. Serve una legge anti-omertà”. Si tiene proprio domenica 15 maggio il 5° Trofeo ‘Corri per Michela’, alla sua memoria, e per tenere alta l’attenzione contro la violenza sulle donne.

“Ricominciamo da te” vede impegnate molte reti e molte donne, fra cui Barbara Caviglia e Lucia Tubito presidente del Movimento femminile evangelico battista (MFEB).

A Gravina.

Il progetto coinvolge le chiese di Puglia e Basilicata. È previsto uno spettacolo, “L’amore… non sopporta tutto”, con il patrocinio del Teatro Vida. Ci sarà un momento commemorativo di una donna battista, migrante argentina, deceduta durante il lockdown per un tumore. Causa covid, non era stato possibile darle un saluto funebre. Si lavorerà, inoltre, sull’importanza del linguaggio inclusivo, con una tavola rotonda insieme alle Associazioni del territorio, fra cui Maschile plurale. Domenica, il culto.

Ricominciamo da te

 

“Lavorare sulle cause sociali e culturali della violenza di genere, per essere portatori e portatrici di cambiamento e quindi con la possibilità di sensibilizzare per intervenire, influenzare e trasformare situazioni di violenza di genere. Per costruire relazioni e pratiche diverse da quelle del dominio nel contesto nel quale ci troviamo. Per testimoniare la nostra fede”.

Le tappe passate e future

Il progetto ha già coinvolto Napoli, insieme alle donne e alle pastore avventiste e luterane (1-3 aprile). Genova, con l’Ospedale evangelico internazionale (8-9 aprile) e con le donne anglicane. Firenze con la collaborazione di teologhe protestanti (5-6 maggio), presso l’Istituto di teologia dell’Unione italiana delle chiese cristiane avventiste del 7° Giorno (UICCA). Qui hanno partecipato gli studenti di teologia, con la presenza anche di professori.

Sarà poi la volta di Milano (27-28 maggio) e, infine, Roma (giugno) con il coinvolgimento dell’Esercito della Salvezza (EdS).


Per approfondire:

Il video-servizio su HopeMedia.

Parlano le pastore e teologhe Elisabeth Green e Lidia Maggi, della Chiesa battista; Letizia Tomassone della Chiesa valdese; e Corinne Lanoir, docente di Antico Testamento alla Facoltà protestante di teologia di Parigi.