Parlare di Dio oggi

Una consultazione promossa dalla Comunione di chiese protestanti in Europa. L'articolo di Peter Ciaccio

Roma (NEV/chiesavaldese.org), 6 dicembre 2022 – Parliamo delle chiese, raccontiamo di Lutero e Calvino, celebriamo anniversari, ma quando parliamo di Dio? Questa è stata (più o meno) la domanda che la Comunione di chiese protestanti in Europa (CCPE) si è posta nel cinquecentenario della Riforma, promuovendo l’elaborazione di un documento di studio sul “Parlare cristiano di Dio”.

La bozza di documento è stata oggetto di discussione di una consultazione generale, tenutasi a Bad Vöslau (presso Vienna) l’1-3 dicembre, cui hanno partecipato venticinque rappresentanti delle chiese membro, tra cui chi scrive (per conto delle chiese valdesi e metodiste in Italia). Il documento passerà, poi, al vaglio di un comitato editoriale per arrivare alla prossima Assemblea nel 2024.

Chi legge potrebbe trovare teoriche e leziose, sicuramente insufficienti, le riflessioni qui riportate, e non avrebbe tutti i torti! Infatti, come cristiani e cristiane viviamo un dilemma: diceva Pascal: “Solo Dio parla bene di Dio” e siamo condannati a balbettare parole inadeguate; ma tale consapevolezza non è giustificazione sufficiente per non parlare di Dio.

Dio parla a noi e di noi. Dio ci trasforma e ci riconcilia a sé e al nostro prossimo. In una relazione fondata sull’amore di Dio per noi, è opportuno rischiare di dire qualcosa, pur ripetendo solo (?) le parole della Bibbia.

Allora, cosa rischia di dire il documento? È articolato in otto capitoli, ma per motivi di spazio accenno solo al primo e all’ultimo. Il primo ha il ruolo di introduzione e chiarisce che per “parlare cristiano” il titolo intende il discorso protestante, dichiarando da subito che il parlare di Dio può essere solo un discorso parziale e pertanto aperto. Tra l’altro, la presenza rilevante in Europa di cristiani e cristiane di altri continenti, non sempre integrati nei processi decisionali delle chiese europee, rende impraticabile la pretesa di esprimere un discorso chiuso e finito.

Un passaggio importante dell’introduzione sottolinea che nella tradizione teologica protestante non si può parlare di Dio in maniera teorica e astratta, ma solo partendo da sé o, meglio, dalla rivelazione di Dio all’essere umano e alla conseguente relazione.

Dopo un percorso di riflessione che va dal rapporto tra la potenza, l’amore e la libertà di Dio al discorso sul Dio Trino e la rivelazione in Cristo, passando per il culto, la spiritualità e la preghiera, si arriva al capitolo 8, che forse è il vero obiettivo della trattazione, ovvero una disamina dei quattro contesti in cui parlare di Dio, contesti invero intrecciati tra loro.

In prima istanza, la sfera pubblica e politica. L’azione della chiesa si sviluppa attraverso la testimonianza, la liturgia, la diaconia e la koinonia. Pertanto non può essere relegata a una sfera meramente privata. Il documento esorta in particolare a non mettere in conflitto la libertà di parola e la libertà religiosa, come purtroppo spesso accade. Una certa attenzione è dedicata alla condizione di diaspora di molte chiese membro e alla necessità di trovare il modo di parlare di Dio in un contesto vario e plurale. Un punto importante (non scontato) è che il dialogo con le istanze della società debba essere pensato come un momento di reciproco apprendimento, formazione e crescita.

Poi la sfera privata e professionale, riferita dunque ai membri delle chiese. In particolare il documento suggerisce di evitare una testimonianza fondata esclusivamente sulla ripetizione della parola “Dio”, ma di preparare il discorso su Dio attraverso un’etica del sostegno dei colleghi di lavoro.

Ancora poi la cultura contemporanea. Tema vastissimo, che spazia dall’arte figurativa al cinema, dalla letteratura di consumo alla musica pop: cultura da secoli emancipata ormai dal controllo delle chiese. L’atteggiamento deve essere di ascolto, conoscenza e interazione con le istanze culturali, non dimenticando il legame etimologico tra “cultura” e “culto”.

Infine il dialogo ecumenico e interreligioso. Questo ambito rivela l’intreccio complicato del parlare di Dio oggi, in un’epoca in cui non siamo gli unici a parlare di Dio. I cristiani e le cristiane sono invitati caldamente a non sottrarsi a questo dialogo, luogo privilegiato per testimoniare l’amore, la fede e la speranza in Dio.

Articolo di Peter Ciaccio.

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La CCPE è nata attorno alla Concordia sottoscritta nel 1973 a Leuenberg. Essa promuove un modello teso all’allargamento dell’ecumene sulla base del motto “unità nella diversità riconciliata”. Conta oltre 100 chiese membro in tutta Europa (con i rispettivi bracci sudamericani) in rappresentanza di più di 50 milioni di persone: chiese luterane, riformate, unite, metodiste, che grazie alla Concordia di Leuenberg riconoscono i rispettivi ministeri e sacramenti. Con la dichiarazione del 1973 si pose di fatto fine alla divisione tra chiese luterane e riformate durata più di 450 anni. Della CCPE fa parte anche la Chiesa valdese. Per ulteriori informazioni www.leuenberg.eu.