Negata università dai talebani, le voci delle donne afghane

Le voci di alcune giovani afghane, esponenti della società civile, donne rimaste nel loro Paese, all'indomani della notizia secondo cui i talebani avrebbero formalmente vietato alle donne l'accesso all'università, raccolte da due attivisti afghani arrivati con l'ultimo corridoio umanitario, via Pakistan. Insieme al commento di una studentessa che è riuscita a fuggire e si trova a Roma, proprio per completare il suo percorso universitario...

Donne afghane appena arrivate a Roma, con un corridoio umanitario (24/11/2022). Foto di Benedetta Fragomeni.

Roma (NEV), 22 dicembre 2022 – “Bandire le ragazze dall’istruzione è come bruciarle vive. È ovvio che i talebani vogliono cancellare metà della società in Afghanistan. Fino a pochi mesi fa le ragazze lottavano per i loro diritti, ora devono lottare per la loro stessa esistenza. Sembra che piano piano toglieranno loro anche l’ossigeno per respirare… Sfortunatamente, il mondo è indifferente e non fa nulla contro questo gruppo terroristico”. Sono queste le parole che usa Samaneh Nasir per commentare la notizia del divieto di andare all’università per le donne del suo Paese. Nasir è una giovane studentessa afghana arrivata in Italia pochi mesi fa con un corridoio umanitario realizzato da Federazione delle chiese evangeliche in Italia, Tavola valdese e Sant’Egidio, a Roma proprio per continuare i suoi studi in business administration (qui la sua intervista per Protestantesimo).

E le voci di chi è rimasto in Afghanistan nob fanno che confermare i timori e lo sguardo di chi è riuscito a scappare. Dal ritorno dei talebani, ovvero dopo l’agosto 2021, “hanno imposto giorno dopo giorno una serie di restrizioni alle donne afghane. Alle donne è vietato andare a scuola, andare al parco, è vietato andare in bagno, è vietato andare a lavorare, è andare a lavorare, è vietato andare in città”, spiega infatti A.N., una giovane afghana.

Il regime “ha sempre cercato di togliere tutti i diritti e le libertà alle donne. I talebani stanno cercando di ridurre le donne al livello di persone senza diritti e di confinarle nelle quattro mura delle loro case. Se non verranno fermati, la chiusura delle università non sarà l’ultimo dei loro provvedimenti contro il genere femminile”, ha aggiunto M., 24 anni, una ragazza che vive attualmente nella regione di Bamyan.

Shafiqa Noori è la direttrice esecutiva di Hawca, una ong attiva dal 2001 per i diritti delle donne in Afghanistan. ”Se dicessi che il bando delle ragazze dall’università è stata una notizia inaspettata e shoccante, sarebbe un errore – ha dichiarato -, perché la natura e l’ideologia dei talebani è ciò che vediamo ora e lo sarà per sempre. Non ci si può aspettare dai talebani nient’altro che provvedimenti anti-donne e anti-umanità anche se non pensavo che sarebbero arrivati a chiudere università e centri educativi per ragazze così presto. Ritenevamo che, dopo aver consolidato le basi del loro governo ed essere riconosciuti dal mondo internazionale, i talebani avrebbero rivelato la loro vera identità originaria e compiuto qualunque orrore, gli stessi che hanno inflitto alla nostra gente nel periodo tra il 1996 e il 2001. Probabilmente faranno anche peggio di quanto fatto in passato, dal momento che oggi sono più potenti”. Il popolo afghano, però, prova a resistere: “soprattutto giovani uomini e donne hanno preso coscienza dei loro diritti e non accettano più la loro oppressione e si oppongono ai talebani, ed è proprio per questo che ricorrono alla violenza e al terrore per sopprimere chiunque difenda il fondamentale diritto all’istruzione”.

Per l’attivista afghana, “è molto difficile esprimere i miei sentimenti, e quelli delle tante persone che conosco, in poche frasi. Dal primo momento in cui abbiamo sentito questa notizia, siamo stati pieni di tristezza e abbiamo perso ogni speranza…Ho incontrato ragazze diverse ragazze e sono tutte preoccupate, preoccupate per il loro destino, preoccupate per il proseguimento della loro istruzione”. Le restrizioni imposte dai talebani nell’ultimo anno erano molteplici, all’interno dell’ambiente accademico: “dovevamo indossare l’hijab talebano completo, studiare separatamente dai nostri compagni di classe maschi, non usare i telefoni cellulari e non potevamo passeggiare nei viali e nei giardini dell’università”.

Secondo Saman, un’altra donna afghana, “Fin dai primi giorni del dominio talebano contro le donne ci siamo trovati di fronte a questa situazione disastrosa. Perché i talebani hanno dichiarato chiaramente che la loro ideologia non è mai cambiata e agiranno sempre secondo la Sharia. Nei primi giorni di governo di questo gruppo sanguinario e un certo numero di loro lobbisti dicevano ogni giorno che i talebani erano cambiati e avrebbero riconosciuto i diritti delle donne. Ma imparando dal terribile e sanguinoso passato del dominio talebano, sapevamo che non era vero e nelle prime settimane del loro ritorno al potere hanno mostrato chiaramente il loro volto anti-donna. Hanno chiuso le porte delle scuole alle ragazze, hanno chiuso i luoghi ricreativi alle donne, hanno reso obbligatorio l’hijab. Hanno tolto alle donne il diritto al lavoro. Tutto ciò ha dimostrato che non hanno mai cambiato la loro visione della dignità delle donne e considerano l’educazione e il progresso delle donne equivalenti alla miscredenza e all’ateismo. Le restrizioni – continua – hanno un effetto molto negativo sulla vita delle donne afghane. Da quando scuole, palestre e luoghi ricreativi sono chiusi per noi, ho incontrato molte ragazze e donne, e la maggior parte di loro soffre di stress, depressione e altri problemi mentali. E sono anche costrette a matrimoni forzati. Con la chiusura delle porte dell’istruzione, le famiglie non potranno dare dignità alle figlie, che sono il futuro del nostro Afghanistan. Poiché le donne restano a casa e lo spirito anti-femminile aumenta nella società, un numero crescente di donne è soggetto a violenze familiari. Per dirla in breve, una vita sempre più oscura attende le nostre ragazze”.

Per l’attivista Hakim Bawar (che ha raccolto le due precedenti testimonianze), arrivato a fine novembre in Italia con un corridoio umanitario dal Pakistan, “gli effetti distruttivi della chiusura dell’università saranno visibili a breve termine sulla vita delle donne afgane. Per tanto sono più preoccupate che mai per il loro destino. Ricordo che le donne costituiscono la maggioranza della popolazione del Paese: i matrimoni forzati e minorili nonostante la diffusa povertà saranno uno degli effetti diretti della chiusura dell’università sulla vita delle donne afghane. La chiusura delle università aumenterà seriamente la violenza contro le donne e le condurrà in una pessima situazione, anche a livello culturale e sociale”.

Secondo il Wall Street Journal i talebani avrebbero in pratica anche vietato la scuola elementare alle bambine, all’indomani del divieto delle università per le donne e che di fatto esclude praticamente tutto il mondo femminile dall’istruzione.

Intanto oggi il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato, in diretta su Sky Tg24: “Purtroppo l’Afghanistan è un Paese martoriato, forse siamo andati via troppo in fretta, l’Occidente ha lasciato molto rapidamente il Paese, forse dovevamo preparare meglio” l’uscita delle forze occidentali. “E’ un Paese lacerato dallo scontro tra l’Isis e i Talebani” e “abbiamo interesse che ci sia stabilità in tutta l’area”.


NdR Questo articolo è stato realizzato grazie alla preziosa collaborazione di Hakim Bawar, che ringraziamo, e di un altro beneficiario dei corridoi umanitari già arrivato in Italia, attivo nel suo Paese in ambito fotogiornalistico.

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