Protestanti negli Usa. Tra lacerazioni e profezia

Intervista a Paolo Naso, coordinatore della Commissione Studi della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, dopo un suo recente viaggio al confine tra Stati Uniti e Messico.

Roma (NEV), 29 maggio 2023 – “Lo chiamano ‘il muro’ ma in realtà è una mostruosa barriera  di ferro alta 10 metri, un serpente metallico che si snoda dalla costa occidentale della California verso l’Est, separando Stati Uniti e Messico. Fortemente voluto da Donald Trump, questo muro doveva sostituire quelli, più modesti e parziali, eretti dai suoi predecessori lungo alcuni tratti del confine: un’opera da 16 miliari di dollari, abbandonata da Joe Biden che però, paralizzato dal Congresso e forse dalla sua stessa incertezza, non ha messo mano ad alcuna riforma dell’immigrazione che preme lungo la frontiera meridionale degli USA”.

Inizia così un articolo di Paolo Naso pubblicato sul numero in distribuzione in questi giorni del settimanale Riforma. Si tratta di un reportage dedicato ai “Samaritani”, un gruppo nato per iniziativa del pastore Randy Mayer, della United Church di Sahuarita, Arizona, che da anni pattuglia il confine per soccorrere migranti in arrivo dal Messico. “Partiamo la mattina presto dal piazzale della nostra chiesa del Good Shepherd – racconta nell’articolo uno dei ‘Samaritani’  – con uno o due  fuoristrada carichi di viveri, acqua, coperte e generi di prima necessità e ci mettiamo a pattugliare il deserto per soccorrere i profughi, indeboliti da giorni di cammino e disorientati”.

A Paolo Naso, che da anni scrive sulla realtà religiosa degli Stati Uniti abbiamo posto qualche domanda.

I Samaritani mostrano una chiesa attiva nell’accoglienza ai migranti. Ma è un impegno largamente condiviso dal protestantesimo americano?

No, tutt’altro. Come non accadeva dai decenni, forse dagli anni della Caccia alle streghe, la società e le chiese americane sono polarizzate, divise in due fronti che faticano a parlarsi e a confrontarsi. Da una parte la componente più liberale, quella che predica e costruisce l’accoglienza ai migranti, che benedice le coppie dello stesso sesso, che denuncia lo strapotere dei colossi economici e finanziari americani a scapito di lavoratori sempre più precari e spesso pagati al di sotto del minimo sindacale. Dall’altra, ampi settori conservatori, che predicano il “Vangelo della prosperità” e associano la fede cristiana al benessere materiale derivato dalle benedizioni di Dio. La propaganda di Trump e il sostegno che continua a ricevere da parte del mondo evangelical più conservatore ha contribuito a questa polarizzazione che si fa sempre più radicale e, ormai, attraversa anche le chiese storiche: non solo quelle battiste ma anche presbiteriani, UCC, riformati, luterani, metodisti.

C’è una strategia di attacco al protestantesimo storico americano?

Da anni le chiese storiche, soprattutto quelle più liberal, vivono un grave declino che si esprime, oltre che nei numeri, anche nella minore autorevolezza di queste comunità nello spazio pubblico. Un tempo erano loro ad esprimere la classe dirigente, in qualche caso riuscivano a esercitare una pressione sul governo e sulla Casa bianca, in genere erano considerate una riserva etica della società americana. Poi sono state le prime a pagare un alto prezzo alla secolarizzazione e, negli ultimi vent’anni, hanno vissuto uno scontro lacerante sul tema dell’omosessualità. Alla fine, la maggior parte di loro ha accettato di accogliere persone LGBT, di consacrare pastori omosessuali e di benedire coppie dello stesso sesso ma il prezzo è stato altissimo: molte defezioni, divisioni e veri e propri scismi come di recente è accaduto alla United Methodist Church. Si calcola che un terzo dei suoi membri abbia lasciato la vecchia denominazione, accusata  di essersi aperta al tema dell’omosessualità, per aderire alla neocostituita Global Methodist Church.

Quali sono gli effetti di queste lacerazioni?

Gravi. Contenziosi sulle proprietà immobiliari, rottura della comunione fraterna, turbolenze a livello degli organismi ecumenici internazionali. Tutte le chiese americane vantano un grande impegno missionario e hanno relazioni con chiese sorelle del Sud globale. E’ quindi prevedibile che le divisioni negli USA si trasferiranno anche all’estero e che le chiese africane o asiatiche finiranno nell’orbita delle denominazioni più conservatrici. Sul  piano interno queste divisioni influiscono anche sull’autorevolezza e l’efficacia del Consiglio nazionale delle Chiese degli USA, un tempo casa comune del protestantesimo storico nordamericano.  Con l’eccezione della Convenzione battista del Sud, da tempo su posizioni conservatrici,  il NCC era la voce unitaria e pubblica del protestantesimo americano. Un dato simbolico: il NCC aveva sede a New York sulla Riverside Drive, a Manhattan, in un grattacielo ironicamente definito “God’s box”, la scatola di Dio. Lì avevano la loro sede anche i quartieri generali delle varie chiese che però, circa vent’anni fa, decisero di ricollocarsi in realtà più periferiche. L’idea era di un ritorno tra la gente comune, lontano dalla burocrazia affaristica, politica ed ecclesiastica di New York. Una scelta motivata anche da ragioni economiche ma che, a conti fatti, non sembra avere invertito molto la tendenza alla diminuzione dei membri di chiesa.

Controtendenze?

Esperienze come quella dei Samaritani, che pattugliano il deserto cercando di salvare vite umane. Così come  quella di un pastore presbiteriano, John Fife, che più di vent’anni fa  diede vita al movimento dei “santuari” accogliendo, anche come atto di disobbedienza civile,  profughi in fuga dalle dittature centroamericane.

E’ un cristianesimo più diasporico, certamente minoritario, che ha scelto di testimoniare la proprie fede lungo il filo spinato della frontiera. Ovviamente questo è solo un esempio: altre chiese vivono la loro fede accogliendo persone LGBT, proteggendo le comunità etniche di minoranza, difendendo l’ambiente o impegnandosi per i senza casa. Di fronte alle megachurches del Vangelo della prosperità e alle sirene della Destra che cavalca con disinvoltura il tema dell’identità cristiana dell’America, sono una voce diversa che merita di essere ascoltata.