Roma (NEV), 27 novembre 2024 – Articolo di Irene Abra sulla Conferenza delle parti sul clima recentemente chiusasi in Azerbaigian.
La COP29 si è conclusa qualche giorno fa a Baku. Questa COP si concentrata molto sulla finanza climatica, una questione vitale per il clima ma una delle più spinose a livello politico.
In queste conferenze si è assistito a un crescente riconoscimento dei contributi delle popolazioni indigene e delle comunità locali alla tutela della biodiversità e del clima, e degli alti livelli di debito come principale ostacolo all’azione dei Paesi fortemente indebitati.
La finanza climatica è stato uno dei temi salienti di questa COP, il vecchio obiettivo globale di finanza per il clima, che prevedeva di mobilitare 100 miliardi di dollari all’anno verso i Paesi in via di sviluppo entro il 2025, viene sostituito con un doppio obiettivo che porta ad almeno 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035 la mobilitazione di risorse finanziarie, con i Paesi industrializzati nel ruolo di leader, nell’ambito di un più ampio incremento globale e multi-attore della finanza per il clima che punterà a mobilitare almeno 1300 miliardi all’anno entro il 2035.
La mitigazione è stato uno dei temi centrali della COP sul clima. Ma questo, dopo due settimane di silenzio in Aula, si è rivelato uno dei più grandi errori negoziali dell’anno. Il rapporto sul divario delle emissioni del 2024 dell’UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente), pubblicato poco prima della COP29, mostra chiaramente che ci si può aspettare che gli attuali impegni negli NDC (i contributi determinati a livello nazionale) causino un riscaldamento globale catastrofico fino a 2,6°C in questo secolo, inviando un segnale allarmante.
COP29 rientrava anche nell’ambito dell’articolo 6 della COP. Dopo quasi un decennio di lavoro, i Paesi hanno concordato gli elementi finali che definiscono il funzionamento dei mercati del carbonio nell’ambito dell’Accordo di Parigi. I mercati del carbonio sono stati afflitti da scandali e inefficienze: le regole appena concordate risolveranno alcuni di questi problemi, ma lasciano la porta spalancata a scappatoie e a gravi problemi di trasparenza. Un meccanismo che avrebbe potuto contribuire a convogliare fondi necessari ai Paesi e alle comunità , potrebbe ora finire per minare i nostri sforzi per ridurre le emissioni.
Collins Bakolo, membro di Climate YES, ha espresso queste parole sul Padiglione delle Fedi: “Il Padiglione della Fede, presente per la seconda volta, ha svolto un ruolo fondamentale nel promuovere discussioni su vari argomenti che hanno mostrato il potere della fede e dell’unità della comunità religiosa. Il padiglione è stato organizzato dal Muslim Council of Elders e da altri partner che hanno collaborato, tra cui Climate Yes. I diversi padiglioni hanno creato una forte voce di speranza e di azione nella COP. Girando per i stand, ho sperimentato il lavoro che molti stanno facendo e i meravigliosi piani che organizzazioni e Paesi hanno per combattere il cambiamento climatico”.
Oltre alle rappresentanze religiose, nelle COP sempre più presenti, è importante sottolineare l’importanza della presenza delle chiese e dei giovani alle COP.
Collins ha condiviso la sua esperienza rappresentando CLimate YES e concludendo la sua esperienza con queste parole: “Le voci delle Organisation of Southern Cooperation (OSC), delle organizzaioni non governative (ONG) e di quelle basate sulla fede (FBO) continuano a infondere speranza e azione. I finanziamenti devono raggiungere questi gruppi che lavorano nella base, in modo che le persone più colpite dal clima ricevano una risposta di prima mano e si preparino agli effetti del cambiamento climatico. Abbiamo visto un maggiore richiamo da parte delle Organizzazioni della società civile (CSO) attraverso proteste/azioni che quest’anno sono state messe a tacere e le persone non sono scese in piazza, ma nonostante queste restrizioni, le azioni hanno sollevato grandi voci. Quest’anno abbiamo avuto una grande rappresentanza di lobbisti dei combustibili fossili e questo è stato triste da notare. I commenti della Presidenza della COP, come “Il petrolio è un dono di Dio”, rendono più difficile la lotta per l’eliminazione dei combustibili fossili.
C’è grande speranza per una COP più inclusiva e libera in Amazzonia l’anno prossimo.