Roma (NEV), 5 dicembre 2024 – Dal 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne) al 10 dicembre 2024 (Giornata mondiale dei diritti umani), l’Agenzia NEV pubblica a puntate, una pagina al giorno, i contributi del Quaderno della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) “16 giorni per vincere la violenza”.
Tutte le puntate: 16 giorni contro la violenza sulle donne 2024 Archivi – Nev
Qui di seguito, la riflessione di Mauro Berruto e, a seguire, il commento biblico a cura di Ilaria Castaldo.
Sport. Corpi al limite della libertà
Lo sport è stato, per molto tempo, cosa da uomini. Perfino il barone de Coubertin, pedagogo e animo sensibile al punto da volere il suo cuore seppellito ad Olimpia, giudicava lo sport femminile «la cosa più antiestetica che gli occhi umani potessero contemplare» e fece di tutto per impedire che le donne prendessero parte ai Giochi. È stato inevitabile che sport e linguaggio sportivo riflettessero questo pregiudizio di partenza.
Lo sport è stato raccontato con un linguaggio tutto al maschile e stracolmo di metafore belliciste. Assedio, attacco, difesa, cannoniere, capitano: sembrerebbe un reportage dal fronte, mentre è la normale narrazione di una partita di calcio, sport che si diffuse in Europa nei primi anni del ‘900, quando il mondo era alle prese con un conflitto atroce. Inglesi e tedeschi si scannavano senza pietà nelle trincee e contemporaneamente esportavano e diffondevano regole e lessico del football. Lo sport si è così nutrito, di un linguaggio maschile, militaresco, ideologico. Le metafore, però, caratterizzano i nostri pensieri, il nostro agire quotidiano e il linguaggio struttura la realtà. Questa nostra società così assuefatta a un linguaggio violento, militaresco, divisivo non ha, forse, estremo bisogno di un’iniezione di gentilezza, equilibrio, grazia? Perché non iniziare dal modo in cui raccontiamo lo sport? Sarà una goccia nel mare, ma il tentativo di migliorare il mondo in cui viviamo è compito di tutti, nessuno escluso.
VERSETTO
Chiunque fa l’atleta è temperato in ogni cosa; e quelli lo fanno per ricevere una corona corruttibile; ma noi, per una incorruttibile. (1 Corinzi 9,25)
COMMENTO
Abbiamo da poco lasciato le Olimpiadi alle nostre spalle. Una manifestazione mondiale che ha generato, forse più di altre volte, critiche e polemiche infinite che hanno rubato la scena alle gare in sé, all’agonismo “pulito” e al fair play. Gli argomenti sono stati tanti: dalle polemiche sulla nazionalità di alcuni/e atleti/e, al loro genere e conseguente opportunità di competere nelle categorie assegnate loro, agli alloggi scomodi che non permettevano un buon riposo e, conseguentemente, una buona prestazione. Eppure, gli atleti e le atlete si erano allenati, come sempre, per anni, con il solo obiettivo di battere un record, rappresentare la propria nazione e conquistare qualche medaglia. Fra qualche mese non ricorderemo più chi ha vinto cosa, ma loro staranno allenandosi ancora, per eccellere in altre gare, mettendo a dura prova il proprio corpo, cercando di superare i propri limiti, con fatica e disciplina. Anche l’atleta di cui leggiamo in Corinzi è temperato, allenato, determinato, ma con un obiettivo ben più importante di un record terreno.
PREGHIERA
Signore, rendici capaci di dimenticare le cose che non servono alla nostra gara e a protenderci verso il premio. Tu ci ami: non c’è nient’altro che l’eternità insieme a te per cui valga la pena allenarsi in questa vita! Amen
DOMANDA per discutere
Sei consapevole del piano di Dio per la tua vita?