Roma (NEV), 6 dicembre 2024 – Dal 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne) al 10 dicembre 2024 (Giornata mondiale dei diritti umani), l’Agenzia NEV pubblica a puntate, una pagina al giorno, i contributi del Quaderno della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) “16 giorni per vincere la violenza”.
Tutte le puntate: 16 giorni contro la violenza sulle donne 2024 Archivi – Nev
Qui di seguito, la riflessione di Letizia Tomassone e, a seguire, il commento biblico a cura di Cristina Arcidiacono.
Linguaggio e stereotipi nelle religioni
Troppo a lungo abbiamo pensato a Dio come a un vecchio canuto, allo Spirito santo come a una colomba. Con troppa violenza la maschilità di Gesù ha servito il preteso dominio religioso maschile. Seguendo la più classica delle teologie protestanti contemporanee, quella di K. Barth, possiamo affermare che Dio è Totalmente Altro da queste rappresentazioni stereotipate del maschile dominante. Oltre al cristianesimo anche religioni prive di rappresentazioni iconiche del divino, come ebraismo e Islam, fanno fatica a passare da metafore femminili su Dio a diventare comunità accoglienti di tutte le diversità umane.
Il passaggio sottile sta lì, infatti. Dal parlare di Ruah (Soffio divino che aleggia sulle acque all’inizio della creazione) al riconoscere la libertà femminile; dall’usare attributi divini in cui la misericordia si radica nell’utero materno (radice raḥam: Raḥim – utero, “Dio misericordioso”: formula usata all’inizio di quasi tutte le Sure del Corano) a praticare quella stessa misericordia fuori da schemi sociali obbligati. Sta a noi aprire vie nuove e creative, oltre le etichette che lacerano le vite reali delle persone credenti.
Il linguaggio dell’esclusione e del dominio maschile legittimato dal sacro ha spinto fuori dal tempio donne, omosessuali e lesbiche, trans, e ogni persona resa inferiore per la sua distanza dall’immagine di Dio. Quell’immagine che invece è in ogni creatura umana, ed è nostro compito farla crescere e fiorire nel modo più bello.
VERSETTO
Maria dunque fu isolata fuori dell’accampamento sette giorni; e il popolo non si mise in cammino finché Maria non fu riammessa nell’accampamento. (Numeri 12,15)
COMMENTO
Le parole non sono neutre e segnano i corpi delle donne.
Miriam, sorella, leader, profetessa, ha vissuto sul suo corpo il peso della propria parola. Associamo Miriam a Mosè. Giovinetta, è una delle donne che vegliano sulla sua vita. Per il popolo di Israele, che la riconosce profetessa, canta dopo la liberazione dal Mar Rosso. La ritroviamo come guida, assieme ad Aronne e Mosè, nei Numeri. Miriam è conosciuta non come madre o come moglie, ma come sorella, in rapporto orizzontale con i fratelli Mosè e Aronne. Una figura di discontinuità nel potere patriarcale.
La tensione si incarna quando lei e Aronne muovono critiche a Mosè denunciando il suo matrimonio con una donna cusita, una straniera. “Il Signore ha parlato solo per mezzo di Mosé? Non ha parlato anche per mezzo nostro?” (Num. 12,2). In due hanno contestato, ma solo Miriam è stata punita, con la lebbra, che la fa assomigliare “ad un bambino nato morto, la cui carne è mezzo consumata” (Num. 12,12). Miriam, profetessa danzatrice, custode del diritto di parola delle donne, sarà isolata, perché impura, fuori dal campo; la supremazia di Mosè sarà ristabilita, ma il popolo non partirà finché non sarà reintegrata. Ai confini, dove Miriam si situa, confini di potere, tra riconoscimento ed esclusione, è più facile pensare che il mondo possa essere diverso.
PREGHIERA
Signore, rendici sorelle, leader, profetesse. Amen
DOMANDA per discutere
I monoteismi sono necessariamente patriarcali?