Roma (NEV), 8 dicembre 2024 – Dal 25 novembre (Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne) al 10 dicembre 2024 (Giornata mondiale dei diritti umani), l’Agenzia NEV pubblica a puntate, una pagina al giorno, i contributi del Quaderno della Federazione delle donne evangeliche in Italia (FDEI) “16 giorni per vincere la violenza”.
Tutte le puntate: 16 giorni contro la violenza sulle donne 2024 Archivi – Nev
Qui di seguito, la riflessione e il commento biblico a cura di Elena Ribet.
Sessismo nel linguaggio, sessismo nella società
Sono passati quasi 40 anni dalle “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua italiana” scritte da Alma Sabatini per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Commissione Nazionale per la Parità. Era il 1987.
Oggi, ancora si fa fatica a dire “sindaca”, “avvocata” o “ministra”, mentre si può dire senza essere accusati di vetero-femminismo “maestra”, “infermiera” e “operaia”. È ancora lunga la strada per il superamento del sessismo nel linguaggio, nel corpo, nel lavoro retribuito, in quello non retribuito, nel lavoro domestico, nella quotidianità, insomma in tutti gli ambiti della vita e del pensiero. Per questo serve aggiornarsi e aggiornare gli strumenti. La lingua cambia continuamente, di pari passo con la vita, noi cambiamo con lei e lei cambia con noi.
L’Agenda 2030 dell’ONU invoca nel suo obiettivo 5 la parità di genere. A che punto siamo? Il Rapporto ASviS dice che i progressi italiani sono insufficienti, con disuguaglianze di genere significative rispetto alla media europea. Persistono stereotipi linguistici, arretratezza, asimmetria, ostacoli alla piena partecipazione e rappresentanza femminile. Avere un Gender Equality Plan (GEP) è un primo passo, ma per realizzare una vera parità di genere è necessario che le istituzioni, l’istruzione e i media adottino pratiche linguistiche inclusive e rispettose.
VERSETTO
C’è un tempo per strappare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare (Ecclesiaste 3,7)
COMMENTO
C’è un tempo per ogni cosa, ci ricorda la Bibbia. C’è anche il tempo di strappare ciò che è rotto, ciò che è diventato inutile, per cucire insieme una veste nuova, una lingua nuova, un atteggiamento rinnovato, aperto alla luce. C’è un tempo per tacere: significa rimanere in ascolto, con rispetto, con attenzione, con curiosità. È il tempo del dialogo, in cui si tace a turno e si lascia spazio e tempo all’altro, all’altra. Infine, dice l’Ecclesiaste, c’è un tempo per parlare. Cerchiamo di parlare bene, di scegliere con cura le nostre parole, di fare attenzione ai dettagli, ai segnali deboli che si fanno forti: riconoscere la nostra sorella, il nostro fratello. Riconoscere che il linguaggio inclusivo vuole effettivamente includere, ricordare che siamo uno, una, molti, molte. È il valore aggiunto, il più che parla di ciascuna persona nella sua peculiarità e unicità. Anche la parola negata può essere violenta.
PREGHIERA
Dio, tu che sei l’artista dell’Universo, aiutaci a comprendere il momento giusto per tacere e il momento giusto per parlare. Aiutaci a ricordare che “in principio era la hokmah”: la sapienza, la saggezza. Dacci la saggezza di usare bene le nostre parole, il coraggio di nominare i problemi e la creatività per costruire delle soluzioni. Amen
DOMANDA per discutere
Le parole sono importanti?