Roma (NEV), 15 gennaio 2025 – Riportiamo la trascrizione della rubrica “Il cammino verso l’unità“, a cura del pastore Luca Maria Negro, andata in onda domenica 12 gennaio in chiusura del programma Culto evangelico su RAI Radio1.
Nel Vangelo di Giovanni, prima di risuscitare il suo amico Lazzaro, Gesù dice a Marta, una delle due sorelle del morto: “Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; anzi chi vive e crede in me non morirà mai. Credi tu questo?“.
Credi tu questo? Questa domanda è il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani che si svolgerà in tutto il mondo dal 18 al 25 gennaio, per iniziativa della Commissione “Fede e Costituzione” del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) e del Dicastero vaticano per la promozione dell’unità dei cristiani.
Da alcuni anni a questa parte, la redazione dei materiali della Settimana è affidata, oltre che a gruppi ecumenici dei vari Paesi, anche a comunità monastiche di orientamento ecumenico: nel 2021 era la Comunità delle suore riformate di Grandchamp in Svizzera, l’anno scorso la Comunità Chemin Neuf insieme a un gruppo ecumenico del Burkina Faso, e quest’anno i fratelli e le sorelle della Comunità monastica di Bose, in Piemonte.
Il tema del 2025 si collega a un importante anniversario, cioè i 1700 anni del primo Concilio ecumenico dei cristiani che si svolse a Nicea, vicino a Costantinopoli, nell’anno 325: “questa commemorazione – si legge nell’introduzione – offre un’opportunità unica per riflettere e celebrare la nostra comune fede di cristiani, quale fu espressa nel Credo formulato durante quel Concilio». Un “credo”, quello di Nicea, che viene tuttora utilizzato nel culto di quasi tutte le chiese cristiane.

“La Chiesa, che stava emergendo proprio allora dalla clandestinità e dalla persecuzione, cominciava a sperimentare quanto fosse difficile condividere la medesima fede nei diversi contesti culturali e politici dell’epoca. Accordarsi sul testo del Credo significò definire i fondamenti essenziali comuni su cui costruire comunità locali che si riconoscessero come chiese sorelle, ciascuna nel rispetto delle diversità delle altre“.
Un’occasione, dunque, per affermare l’unità nella diversità, per celebrare la nostra fede comune nel rispetto e nella valorizzazione della ricchezza delle varie tradizioni cristiane. E anche, ci auguriamo, un’occasione che non si limiti a celebrare un insigne testo del passato, ma che ci consenta di trovare le parole giuste per esprimere la nostra fede non limitandoci a ripetere collaudate formule solenni ma trovando parole attuali, capaci di rispondere alle sfide che il nostro tempo, pieno di cambiamenti e contraddizioni, ci pone davanti.
Proprio come, nel testo di Giovanni 11, Marta è sfidata a passare da una generica confessione di fede nella resurrezione “nell’ultimo giorno” (v. 24) al credere in Gesù come “il Cristo, il Figlio di Dio che doveva venire nel mondo“» (v. 27). O come i Padri del Concilio di Nicea “si sforzarono di trovare le parole giuste per esprimere il mistero dell’incarnazione e della passione, morte e risurrezione del loro Signore nella sua interezza“.