Roma (NEV), 12 febbraio 2025 – Riportiamo il testo della rubrica “Il cammino verso l’unità”, a cura del pastore Luca M. Negro, andata in onda domenica 9 febbraio su RAI Radio1 in conclusione del programma “Culto evangelico“.
“Ma i protestanti non partecipano all’Anno santo della speranza?”, mi chiede un amico cattolico. È una domanda che ci mette in imbarazzo, per due motivi.
Da un lato, perché, per riprendere le parole del teologo valdese Fulvio Ferrario, “fin dalle origini (con Bonifacio VIII, nel 1300) il giubileo cattolico-romano costituisce un concentrato di ciò che, due secoli dopo, la Riforma riterrà, a motivo della fede nel Dio di Gesù Cristo, di dover respingere“. Il riferimento è alle indulgenze, al purgatorio, e alla convinzione che la chiesa abbia il potere di intervenire in materia.

D’altro lato, è innegabile che in questo come nel precedente anno santo (quello straordinario del 2015-2016), papa Francesco abbia cercato di introdurre nella celebrazione giubilare degli elementi di contenuto che sono assolutamente condivisibili dal punto di vista ecumenico: nel primo caso il tema della misericordia di Dio, e quest’anno quello della speranza, con particolare enfasi sulla pace, l’apertura alla vita, la situazione dei detenuti e dei migranti, la remissione del debito dei paesi più poveri e così via.
Espliciti, poi, nella bolla di indizione del giubileo, i richiami ecumenici al 1700° anniversario del primo grande Concilio cristiano, quello di Nicea (325) con la sua confessione di fede condivisa da tutte le chiese, e a quello che Francesco chiama “ecumenismo del sangue”, riferendosi ai martiri cristiani appartenenti alle diverse tradizioni cristiane (cfr. Francesco, Spes non confundit, n. 17 e 20).
Che fare, dunque? È chiaro che il Giubileo resta comunque un evento fondamentalmente interno alla Chiesa cattolica; e che, pur apprezzando in buona parte i temi proposti alla riflessione dei fedeli, non possiamo semplicemente “chiudere un occhio” su aspetti che per noi restano problematici.

Qui potremmo citare il teologo valdese e grande ecumenista Paolo Ricca, scomparso pochi mesi fa, che a proposito dell’anno santo del 2015, in un’intervista al mensile Confronti, affermava che, nell’economia della bolla di indizione del giubileo sulla misericordia, “la menzione e la riproposizione delle indulgenze pare una stonatura, un’aggiunta assolutamente superflua… una riproposizione voluta più per omaggio alla tradizione che per reale convinzione».
Questa posizione critica, tuttavia, non ha impedito a Paolo Ricca di sognare un autentico “giubileo ecumenico”, in linea con i contenuti del giubileo biblico descritto dal libro del Levitico (cap. 25): remissione di tutti i debiti, liberazione degli schiavi, riposo anche per la terra.
Nella stessa intervista, Ricca esprimeva questo sogno: “Certo, sarebbe stato bello se il Papa avesse fatto un discorso come questo: avevo in animo di indire un giubileo straordinario sulla misericordia di Dio dal dicembre 2015 al novembre 2016. Ma siccome so che le chiese protestanti celebreranno nel 2017 i 500 anni della Riforma, che nacque anch’essa da una meditazione della misericordia di Dio manifestata nella croce di Cristo, ho pensato di proporre alle chiese della Riforma di organizzare e vivere insieme con noi un giubileo ecumenico, il primo della storia cristiana“, (Confronti, 29 aprile 2015).
Naturalmente, questo sogno di Paolo Ricca non si è realizzato: ma nulla vieta, in questo anno della speranza, di continuare a sognarlo.