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“Il mondo è troppo forte per una chiesa divisa”. 100 anni di Vita e lavoro

Di
Elena Ribet
-
26 Maggio 2025
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    Foto Ivars Kupcis/CEC

    Roma (NEV), 26 maggio 2025 – Si è tenuta ad Atene, dal 18 al 20 maggio 2025, la conferenza internazionale promossa dalla Commissione delle chiese per gli affari internazionali del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), in occasione del centenario della storica Conferenza “Life and Work” (Vita e lavoro, anche se tradizionalmente è tradotto con “Vita e azione”) di Stoccolma del 1925. L’incontro, ospitato dalla Chiesa di Grecia, ha riunito rappresentanti religiosi, teologhe e teologi, esperte ed esperti di affari internazionali da tutto il mondo, per rilanciare l’impegno comune a favore dell’unità, della giustizia e della pace. Tra i temi affrontati: le sfide del presente, le tensioni internazionali, il ruolo delle religioni nel promuovere diritti umani, democrazia e riconciliazione. Ne parliamo con Antonella Visintin, che ha partecipato ai lavori. Visintin è attiva da 35 anni a livello ecumenico internazionale, in diverse reti e commissioni inerenti la giustizia sociale, economica e climatica.

    Quali sono stati i motivi che l’hanno spinta a partecipare alla conferenza di Atene? Che ruolo ha questa Commissione?

    Ho partecipato in qualità di auditrice da remoto. Il movimento su vita e lavoro [noto anche come ‘vita e azione’, ndr] è stato basilare per la nascita della Commissione affari internazionale nel 1946, del CEC (in cui sono stati incorporati “Vita e lavoro” e “Fede e costituzione”) nel 1948, così come – fra gli altri – del progetto ecumenico “Giustizia, pace, integrità della creazione” (JPIC) fra il 1989 e il 2007, della rete CALL (Church action on labour and life) dal 2010. Inoltre, a questo movimento si è ispirata anche la Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Sono tutte realtà incrociate o frequentate nel mio impegno ecumenico.

    Che importanza attribuisce alla celebrazione del centenario della Conferenza di Stoccolma del 1925, e cosa rappresenta oggi per il movimento ecumenico?

    La Conferenza fu la prima in assoluto ad affrontare l’etica sociale cristiana. Con le parole del Messaggio conclusivo di Atene, che ci ricorda che la Conferenza di Stoccolma non si concentrò sulla dottrina o sull’ecclesiologia, ma sulla vocazione cristiana a lavorare per la giustizia e la pace nel mondo. Riunì rappresentanti di chiese e di paesi che erano stati recentemente coinvolti nell’aspro e sanguinoso conflitto della Grande Guerra. La guerra “aveva trasformato gli amici in nemici e i pulpiti in piattaforme per la propaganda sciovinista”.

    La conferenza affermò “la responsabilità delle chiese per l’intera vita delle persone e della società” e “spostò l’etica cristiana da una questione di interesse individuale a una di responsabilità comunitaria. Così facendo, sfidò sia il capitalismo sfrenato che il disprezzo socialista per i diritti individuali”.

    Con il loro incontro e le loro discussioni, i partecipanti alla Conferenza di Stoccolma hanno offerto un esempio e un messaggio di incontro, dialogo e cooperazione come via verso la pace, la giustizia e la riconciliazione. Nelle parole del messaggio del 1925, ritroviamo che per 5 anni uomini e donne hanno pianificato e pregato perché la Conferenza avesse luogo. Lungo il percorso altri sforzi per relazioni più strette tra le chiese sono stati compiuti.

    Questo si è rivelato come il più significativo esempio di fratellanza e cooperazione tra i confini di nazioni e confessioni che il mondo abbia mai visto. I peccati e i dolori, le battaglie e le perdite della Grande Guerra hanno costretto le chiese cristiane a riconoscere, umilmente e con vergogna, che “il mondo è troppo forte per una chiesa divisa”.

    Lasciando per il momento le nostre differenze, l’obiettivo è stato di assicurare l’unità delle azioni pratiche nella vita cristiana e nel lavoro. La Conferenza in sé è un fatto considerevole e rappresenta una eredità per chi è impegnato, oggi come allora – sempre citando il messaggio del 1925 -, nonostante le differenze, sincere e profonde, a discutere problemi così difficili con una franchezza (candour), amore (charity) e pazienza (self restraint) che solo lo Spirito di Dio possono ispirare.

    Nel corso dei lavori, quali criticità sono emerse in merito alla collaborazione tra le Chiese e all’impegno comune per la giustizia e la pace nel mondo?

    Senza un’analisi teologica che superi le divisioni politiche e sociali, le chiese tendono a schierarsi in blocchi di potere, alimentando tensioni anche all’interno del movimento ecumenico. La Conferenza di Atene, pur celebrando un evento nato per cercare un annuncio comune del Vangelo nella diversità, riflette questo contesto globale.

    A cent’anni da Stoccolma sembra che restino irrisolti due nodi principali: la complicità delle chiese nello sfruttamento delle risorse e del lavoro, e la giustificazione religiosa delle guerre. In questo scenario, i richiami a pace, giustizia riparativa e conversione — come nell’esperienza di Nicea — appaiono deboli.

    Mi sembra molto più forte il messaggio del 1925: “Invitiamo le Chiese a condividere con noi il nostro senso dell’orrore della guerra e della sua futilità come mezzo per risolvere le controversie internazionali, e a pregare e ad operare per il compimento della promessa che sotto lo scettro del Principe della Pace giustizia e pace si baceranno”.

    Quali proposte concrete sono state avanzate durante la conferenza per rinnovare l’impegno delle Chiese a favore dell’unità e dell’umanità?

    Con le parole del Messaggio finale, che riassumo qui di seguito.

    1. I partecipanti denunciano la crisi delle istituzioni internazionali e la perdita di fiducia nella comunità internazionale. Chiedono una riforma radicale del sistema di pace e sicurezza globale.
    2. Serve un dialogo costante sul ruolo dei cristiani nei contesti militarizzati. Si evidenzia l’impatto negativo della militarizzazione su migranti, difensori dei diritti e attivisti.
    3. La disuguaglianza economica attuale supera quella di cento anni fa e mina democrazia e stabilità. Si propone di riaffermare il concetto di Stato sociale come responsabilità verso tutti i cittadini.
    4. I populismi nazionalisti e l’abuso religioso dei diritti umani rappresentano minacce attuali. Occorre rinnovare il dialogo ecumenico e interreligioso sul rapporto tra religione e Stato.
    5. È urgente rinnovare l’impegno per giustizia economica, solidarietà ed educazione. In un mondo pieno di disinformazione, serve rafforzare dialogo, unità e capacità critica.
    6. Si ribadisce il valore dell’incontro e del dialogo come fondamento ecumenico. Il movimento cristiano deve incarnare multilateralismo, cooperazione e solidarietà globali.
    7. In tempi di crisi della cooperazione internazionale, la riflessione ecumenica su sinodalità e multilateralismo può offrire un contributo prezioso a un mondo frammentato.

    In che modo pensa che il lavoro della Commissione delle chiese per gli affari internazionali possa incidere sulle sfide globali che ci attendono?

    I delegati a Stoccolma affrontarono le realtà del loro tempo e risposero, alcuni in modo davvero profetico. Lo ha ricordato il vescovo Jonas Jonson nel discorso inaugurale della Conferenza di Atene e mi sembra che il Messaggio finale ricerchi questo posizionamento.

    Non ho esperienza diretta del lavoro della Commissione, ma vedo l’impegno nella promozione di un ruolo pacifico e riconciliante della religione nei conflitti, nonché nella promozione del dialogo interreligioso come quadro per la costruzione della comunità, la condivisione della fede e la comprensione, quale è il suo compito istituzionale.

    La Commissione, infatti, lavora su diverse aree specifiche: costruzione della pace, controllo degli armamenti e disarmo, dignità e diritti umani, impegno delle Chiese per porre fine all’apolidia, tutela dell’infanzia, contrasto a razzismo, discriminazione e xenofobia, programma di accompagnamento ecumenico in Palestina e Israele.


    Materiali di approfondimento:

     

    WCC Messaggio della Consultazione del Centenario della Vita e del Lavoro della CCIA ad Atene – traduzione a cura di A. Visintin

    Fonte: Message from Life and Work conference calls for renewed unity | World Council of Churches

    WCC Vita e lavoro Vescovo Jonas Jonson discorso inaugurale – traduzione a cura di A. Visintin

    Fonte: Bishop Jonas Jonson: The Stockholm Conference: context, outcome and relevance | World Council of Churches

    Life and Work : the Universal Christian Conference on Life and Work held in Stockholm, 1925

    https://archive.org/details/wcclifework004/page/20/mode/2up

     

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      Elena Ribet
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      Redattrice dell’Agenzia stampa Nev-notizie evangeliche

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