Roma (NEV), 17 giugno 2025 – Si è svolto ieri a Roma, nella sede della Conferenza episcopale italiana, l’incontro dei responsabili delle Chiese cristiane presenti in Italia dal titolo “Ecumenismo tra le chiese cristiane. La via italiana del dialogo”.
Si tratta ormai del 3° incontro di rappresentanti delle Chiese cristiane, nella forma di una “Conversazione spirituale”. Fra i partecipanti, oltre al presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), pastore Daniele Garrone, anche i vertici delle Chiese valdese, battista, metodista, luterana, dell’Esercito della Salvezza, della Chiesa d’Inghilterra, la Federazione delle chiese pentecostali. E ancora, rappresentanti della Sacra ortodossa di Italia, della Chiesa copta, serbo-ortodossa, romena, apostolica armena. L’incontro rappresenta una sorta di tappa verso un vero e proprio simposio delle chiese cristiane in Italia, più volte annunciato. I tempi sembrano maturi per un passo avanti di questo dialogo cristiano, apripista di un nuovo modo di “fare ecumenismo”, attraverso l’ascolto reciproco e la centralità di Gesù.
Testimonianze cristiane della Conversazione spirituale
Qui di seguito, una sintesi delle testimonianze raccolte nel corso della Conversazione spirituale. A tutti e tutte, la stessa domanda, in questa giornata in cui le chiese cristiane si incontrano e riflettono sul futuro dell’ecumenismo. Quali sono oggi le principali sfide del cammino comune?
Pastore Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI):
“Le sfide sono principalmente due. La prima: capire che l’ecumenismo non è un’opzione di nicchia, ma è una dimensione, è un modo di concepire il proprio modo di essere chiesa, sapendo che la chiesa è più grande dell’esperienza che noi ne facciamo, cioè riconoscere che è la chiesa di Gesù Cristo.
L’altra sfida è quella di affrontare insieme le domande, i problemi, gli interrogativi che ogni chiesa cristiana ha nel mondo di oggi. Cosa significa essere chiesa oggi? Qual è il vero centro del nostro discorso? Che cosa abbiamo veramente da dire? Affrontare queste domande non isolatamente, ognuno per proprio conto, ma insieme è al tempo stesso una sfida e una realtà promettente.
Di fronte alle crisi del nostro tempo, l’ecumenismo può offrire una parola forte. Mostrare che, pur con storie conflittuali alle spalle e mantenendo le diversità, si può stare insieme per costruire qualcosa che valga per tutti, non soltanto per noi.
Pastore Luca Anziani, presidente dell’Opera per le chiese metodiste in Italia (OPCEMI):
“Quello dell’ecumenismo è un cammino iniziato già da diversi anni. Oggi esiste un tavolo di dialogo che riunisce molte chiese cristiane in Italia: dalle chiese pentecostali alle chiese ortodosse, passando per la Chiesa armena e quella copta. Già questo, rispetto a un tempo in cui era difficile anche solo parlarsi, è un passo avanti enorme. La sfida, ora, è coinvolgere la base delle chiese. Che non resti soltanto un dialogo tra vertici o un confronto teologico, ma che diventi vita condivisa.
L’ecumenismo, in fondo, è tanto una risposta alle sfide del mondo quanto una sfida in sé: mettere le chiese insieme davanti ai bisogni reali dell’umanità”.
Lidia Bruno, maggiore dell’Esercito della Salvezza a Napoli, delegata dal tenente colonnello Andrew Morgan, capo del Comando dell’Esercito della Salvezza:
“Parlando a livello personale, posso dire che l’ecumenismo è una parola tanto importante quanto complessa. Nel noto versetto del Vangelo di Giovanni, Gesù prega: «che tutti siano uno». Ma uno… con chi? Verso quale realtà? Le realtà sono molteplici, le sfaccettature tantissime. Ecco perché credo sia necessario che tutti noi abbiamo l’umiltà di ridimensionarci, di metterci in discussione, per poter davvero camminare insieme”.
Pastore Carsten Gerdes Decano della Chiesa evangelica luterana in Italia (CELI):
Le sfide, a mio avviso, si giocano su due livelli. Da un lato, a un livello più alto e “tecnico”, c’è il lavoro tra i responsabili delle Chiese: condividere e firmare testi ecumenici è un passo importante. Ma c’è anche una sfida altrettanto fondamentale: coinvolgere le persone, invitare i fedeli a entrare in relazione con membri di altre Chiese o comunità, a sviluppare un interesse che vada oltre i confini della propria realtà ecclesiale.
Pastore Sandro Spanu, presidente dell’Unione cristiana evangelica battista d’Italia (UCEBI):
“Oggi, anche grazie a incontri come questo, l’ecumenismo in Italia si sta orientando verso un modo sinodale di essere Chiesa. Guardo con interesse al cammino che la chiesa cattolica sta facendo in questa direzione, verso una collegialità più concreta. E credo che il metodo adottato oggi, con il confronto, l’ascolto e la sintesi dei pareri, sia un buon esempio. Le sfide principali su cui lavorare? La formazione, intesa anche come attenzione ai metodi. La pace e la trasformazione non violenta dei conflitti. E, certamente, l’accoglienza delle persone provenienti da altri Paesi”.
Diacona Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese:
“Quello dell’ecumenismo è un cammino lungo, che ci ha permesso, nel tempo, di conoscerci e di costruire una fiducia reciproca.
Forse oggi la sfida è anche reagire all’immagine di un cristianesimo, soprattutto europeo, che alcuni definiscono screditato, marginale, poco gioioso, addirittura inutile. Ma io credo che proprio un ecumenismo capace di accogliere il pluralismo delle chiese, di farle vivere insieme nella pace, nella collaborazione e nella solidarietà, possa rappresentare una forza che riaccende la passione per l’evangelo di Gesù Cristo. Un evangelo che parla, oggi più che mai, della possibilità di convivere da diversi… in pace”.
Padre Gabriel Antonio, della Chiesa cristiana copta ortodossa a Roma:
“Dal 1998 siamo ospiti di una parrocchia cattolica. Viviamo insieme la vita cristiana, celebriamo le feste, ci scambiamo gli auguri. Il rapporto con la comunità cattolica è molto buono. Ma credo che questa esperienza non debba restare solo tra i responsabili delle chiese. Va trasmessa anche ai fedeli. È fondamentale che chi partecipa alla vita della chiesa possa vivere concretamente la comunione con gli altri cristiani”.
Padre Tepirjian Bsag, della Chiesa apostolica armena:
“Svolgo servizio pastorale nelle comunità armene di Roma e Napoli. Sono anche dottorando presso la Pontificia Università Gregoriana. L’ecumenismo, in Italia, è ancora un cammino in costruzione: ne abbiamo parlato stamattina, partendo dall’esempio degli apostoli che, pur diversi, vivevano insieme con un punto di riferimento comune: Gesù Cristo. Anche oggi, se mettiamo Cristo al centro, possiamo riconoscerci già uniti. Una sfida concreta è quella dell’amicizia: costruire relazioni personali tra pastori e fedeli di diverse confessioni è il modo più autentico per vivere un ecumenismo reale, che vada oltre la forma”.
Pastore Antonio Celenta, delle chiese della Valle del Sele e della Valle dell’Irno, membro della Federazione delle Chiese pentecostali in Italia e della sua commissione esecutiva:
“L’ecumenismo deve sapere dove vuole andare: deve darsi delle mete. Oggi più che mai, credo che debba andare verso la pace. Pace interiore, pace tra i popoli, pace a ogni livello. È un’urgenza reale, concreta. Mai come in questo momento ne abbiamo tanto bisogno”.
Padre Gheorghe Militaru, vicario generale della Chiesa ortodossa romena in Italia, in rappresentanza di S.E. Mons. Siluan, vescovo per Italia, Malta e San Marino:
“Le sfide sono molte, ma i passi compiuti finora sono significativi. Il fatto stesso di essere riuniti in Assemblea, rappresentanti di diverse confessioni presenti in Italia, è un segno importante. Le difficoltà restano: secolarizzazione, chiusura delle comunità, debolezza del messaggio cristiano. Dobbiamo uscire dall’isolamento, incontrare l’altro – che è diverso ma non distante – e collaborare. Solo nel dialogo, nel servizio al prossimo, nell’ascolto e nella carità potremo affrontare insieme le sfide, dall’immigrazione alle chiese che si svuotano”.
Mons. Maurizio Malvestiti, vescovo di Lodi e segretario della Commissione CEI per l’ecumenismo e il dialogo da oltre dieci anni, dopo più di vent’anni al Dicastero per le Chiese Orientali:
“La sfida centrale è l’unità: in una società post-cristiana, affaticata nel credere, dobbiamo come cristiani offrire insieme ragioni di speranza, come richiama anche il Giubileo (Rm 5,5). La verità che ci unisce è una persona: Cristo. Prima di “fare”, serve riconoscere di essere stati scelti e amati, come richiama Gv 17,21: “Siano una cosa sola”. Un autentico ecumenismo cerca ciò che unisce e mette da parte ciò che divide, come ricordava Giovanni XXIII, a cui sono legato anche per le mie origini bergamasche. Riconosciamo umilmente che i figli di Abramo – cristiani, ebrei, musulmani – si fanno guerra. Ma crediamo che lo Spirito e noi possiamo cambiare il mondo. La pace tra le Chiese è il primo passo verso la pace nel mondo.
Mons. Derio Olivero, CEI
La vera sfida dell’ecumenismo è che diventi una questione di territorio, di comunità, non solo di vertici o di delegati. È fondamentale coinvolgere la base, i fedeli, perché l’unità tra le chiese non resti un tema di nicchia, ma diventi parte della vita quotidiana delle comunità. Per questo vogliamo promuovere un simposio più allargato, per cambiare l’organizzazione dal basso. L’altra grande sfida è come aiutarci a dire insieme il cristianesimo oggi, nella diversità, in una società dove il messaggio evangelico è in crisi. Parlarsi tra diversi è già una testimonianza importante: da anni impariamo a camminare insieme, anche su temi profondi. È questa la forza del Vangelo, che ci invita all’amore, persino verso il nemico. Per costruire la pace, qualcuno deve fare un passo oltre, verso il perdono. La pace non può ridursi a difesa e sicurezza: è riconciliazione, perdono, amore. Ed è questo il suo potenziale rivoluzionario.
sintesi e riadattamento dei testi a cura di Elena Ribet
Per saperne di più, leggi anche L’incontro dei leader delle Chiese cristiane alla Cei: “Chiamati a essere maestri e testimoni di pace e riconciliazione” – AgenSIR