Laicità principio supremo. A trent’anni dalla sentenza sull’ora di religione

Nel 1989 la Corte costituzionale introduceva il principio di laicità come principio supremo. Ne parliamo con Ilaria Valenzi responsabile dell’ufficio legale della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato

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Roma (NEV), 12 aprile 2019 – Trent’anni fa la sentenza 203/1989, che indicava la non obbligatorietà alla frequenza di insegnamenti alternativi per gli studenti che intendessero non avvalersi dell’insegnamento di religione cattolica, la Corte costituzionale per la prima volta delineava il contenuto del principio di laicità definendolo come un principio supremo dello stato.

Ne abbiamo parlato con Ilaria Valenzi responsabile dell’ufficio legale della Commissione delle chiese evangeliche per i rapporti con lo Stato (CCERS) promossa dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

In che contesto nasce questa sentenza?

La sentenza si esprime su una norma della legge dell’85 di revisione del Concordato Stato Chiesa. Nasce dalla questione dell’ora di religione e dichiarando il non obbligo alla frequenza di insegnamenti alternativi riconosce l’autodeterminazione del diritto soggettivo delle persone di scegliere se frequentare o no l’ora l’alternativa, diritto che è garantito dall’articolo 2 della Costituzione. L’importanza di questa sentenza però, non è collegata solo a questa contingenza ma al principio che fa emergere. È infatti occasione per la Corte costituzionale di dire che il principio di laicità è un principio supremo che si pone cioè a un livello superiore sia rispetto alle leggi primarie che rispetto alle leggi di rango costituzionale. Questo vuol dire che, anche se il principio di laicità non è espressamente scritto in Costituzione, in virtù dell’essere un principio supremo, permea tutta la Costituzione. Infatti dal momento del pronunciamento della Corte costituzionale è stato necessario che tutte le pronunce giudiziali ma anche l’interpretazione delle leggi fossero in qualche modo dirette a dare attuazione a questo principio.

Che cosa ha introdotto di fatto la Corte costituzionale con questo pronunciamento?

La Corte costituzionale ci ha detto che la laicità in Italia è una situazione di non indifferenza dello Stato rispetto al fenomeno religioso bensì di garanzia da parte dello stesso di salvaguardia della libertà religiosa per tutti. Tale garanzia si manifesta sia nel principio di non discriminazione che nel principio di autodeterminazione nella decisione di credere e non credere. In questo senso il principio di laicità si inserisce all’interno di un discorso che riguarda i concetti di pluralismo religioso e il pluralismo culturale. Questo ha segnato il modello di laicità in Italia.

Ma questo principio è stato realmente attuato?

In parte sì e in parte no. Dovremmo tenere in considerazione che, così come è stato espresso dalla Corte costituzionale, il principio di laicità non si definisce solo nella contrapposizione tra laici e cattolici, come il dibattito pubblico ci ha sempre mostrato. Invece la Corte costituzionale utilizzando le definizioni di pluralismo religioso e culturale ha voluto dare spazio ad un modello più ampio che prospettava l’idea di uno spazio di presenza plurale che di fatto è emerso solo negli ultimi anni. C’è voluto molto tempo perché questo principio si incarnasse nella realtà dei fatti e ci fosse una presa d’atto che iI fenomeno religioso riguarda la vita delle persone in molti modi e forme differenti. Questa è la cosa importante di questa sentenza. E questo potenziale comincia a intravedersi proprio negli ultimi anni.

Che cosa significa il principio di laicità per i protestanti?

Il recupero degli spazi di libertà del singolo, in una dimensione di garanzia della libertà delle persone e delle scelte, e di non indifferenza da parte dello stato rispetto a temi che riguardano la vita del singolo: dai diritti civili alle coppie di fatto, ai corpi delle donne, alla determinazione del fine vita per fare alcuni esempi. Questa caratteristica dell’autoderminazione è sempre stato un elemento centrale molto caro ai protestanti, che spesso si trovano ad agire in un contesto in cui ci sono ‘invasioni di campo’ sulle scelte delle persone, delle comunità, dei singoli individui da parte di una visione politica di tipo confessionale che si muove su una imposizione di principi nelle scelte del singolo.