Roma (NEV), 30 gennaio 2017 – L’Irlanda del Nord è senza governo: ad abbattere l’esecutivo presieduto dalla protestante Arlene Foster sono state le dimissioni rassegnate il 9 gennaio scorso dal viceministro cattolico Martin McGuinness, storico presidente del partito indipendentista Sinn Féin e promotore degli “Accordi del Venerdì Santo” che nel 1998 posero fine ad una guerra di religione protrattasi per trent’anni. Da quel giorno l’Irlanda del Nord si è retta su governi di coalizione partecipati da unionisti protestanti e repubblicani cattolici: una convivenza oggi messa in crisi non soltanto dalle dimissioni di un “padre della pace”, ma dal difficile scenario imposto dalla Brexit – gli irlandesi del nord hanno infatti votato in maggioranza stay, ma l’appartenenza al Regno Unito li condurrà fuori dall’Unione europea, lontani da un’Irlanda europea. “Un atto ostile, che risuscita un confine che era stato abolito dagli accordi di pace”, ha dichiarato McGuinness, rimarcando come in questo contesto torni possibile ipotizzare la riunificazione dell’Irlanda.
Nei giorni in cui una vecchia ferita religiosa torna ad infiammarsi, le chiese irlandesi – metodiste, presbiteriane, anglicane e cattoliche – hanno alzato all’unisono la loro voce in favore della pace, allarmate per il clima d’intolleranza che potrebbe diffondersi da qui al 2 marzo prossimo, data delle nuove elezioni.
Attraverso il suo presidente, pastore Bill Mullally, la chiesa metodista irlandese ha pubblicato cinque principi che il buon politico dovrebbe tenere a mente per disinnescare un’escalation distruttiva (fiducia, generosità, responsabilità, affidabilità, senso e ricerca del bene comune); mentre il moderatore della Chiesa presbiteriana in Irlanda, pastore Frank Sellar, ha dichiarato che “è in momenti come questi che bisogna essere chiari riguardo ai valori su cui vogliamo fondare le nostre società e le nostre istituzioni”. Per Sellar “non esistono istituzioni perfette, siamo esseri imperfetti in un mondo imperfetto, e a turno tutti siamo manchevoli”; tuttavia, ha insistito il pastore, bisogna riconoscere che “le istituzioni del Nord Irlanda sono il frutto di un difficile e impegnato processo di negoziazione, una saggezza di cui ringraziamo coloro che hanno lavorato negli ultimi diciotto anni; grazie a loro abbiamo percorso una lunga strada, ma siamo lungi dall’essere arrivati”.
Da parte anglicana, l’arcivescovo di Armagh Richard Clarke si è rivolto a tutti i membri della Chiesa d’Irlanda affinché preghino per il bene comune, mentre ai leader di tutti i partiti nordirlandesi ha scritto una lettera. Un’iniziativa ricalcata dall’omologo cattolico, l’arcivescovo di Armagh Eamon Martin, che in una lettera aperta ha ammonito i politici del Nord Irlanda circa la disillusione dilagante nei confronti della politica e delle istituzioni: “Tutti noi abbiamo bisogno di avere fiducia in voi, soprattutto le persone più vulnerabili. Altre travagliate parti del mondo ci guardano, vedono in noi un segno di speranza, la prova che la pace può essere raggiunta”.
A fare esplicito riferimento alla situazione politica anche il pastore John McDowell, presidente del Consiglio delle chiese irlandesi (l’organizzazione che dal 1923 raggruppa protestanti, ortodossi, riformati, e chiese indipendenti di tutta l’isola). Nel sermone pronunciato nella S. Patrick’s Cathedral di Armagh in occasione della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, McDowell ha ricordato l’esistenza di un’identità che trascende le divisioni tra persone, società, istituzioni, etnie e religioni: “un’identità creata dalla morte e dalla resurrezione di Gesù Cristo. Lo scopo principale di ogni sforzo ecumenico – ha spiegato il pastore – è di evidenziare la realtà di questa nuova identità. Noi non siamo politici se non nella misura in cui, in democrazia, ogni cittadino è politico; tuttavia nell’anno in cui si commemora la vita e l’opera di Lutero possiamo prestare attenzione alla sua insistenza sul fatto che anche la sfera pubblica è un luogo in cui Dio è attivo attraverso i suoi strumenti scelti, ovvero gli uomini che hanno la vocazione di rappresentanti. Il nostro compito è allora quello di aiutare chi detiene questa vocazione a ricordarsi del Regno di Dio, dobbiamo fare capire ai nostri rappresentanti che un accordo o una costituzione sarà durevole nella misura in cui si avvicini ai valori di quel Regno; dobbiamo convincerli che anche la politica e la società civile conservano un posto per la grazia”.
All’inizio dell’anno, questi leader religiosi avevano sottoscritto una comune “Dichiarazione di speranza”; una preghiera corale che già allora, prima della crisi di governo in Nord Irlanda, faceva esplicito riferimento ad una saggia gestione della Brexit: “Come capi di chiesa lo scorso anno abbiamo ricordato insieme gli eventi del 1916, fatti che hanno plasmato le relazioni e il futuro di queste isole. Un secolo più tardi, il Regno Unito si prepara a lasciare l’Unione europea e nuovi eventi di diverso tipo dimostrano di avere il potenziale per alterare le nostre relazioni politiche ed economiche. Preghiamo uniti affinché i nostri governanti a Belfast, Dublino e Londra abbiano la saggezza, la grazia e la pazienza per condurre questo processo, che avrà ripercussioni sull’intera Irlanda”.