Roma (NEV), 4 aprile 2017 – Domani, 5 aprile, la Corte Suprema della Federazione Russa si esprimerà sulla liceità delle attività religiose dei Testimoni di Geova. La diffusione della notizia, ripresa nei giorni scorsi anche dalle principali testate italiane, si deve anzitutto al sito ufficiale dei Testimoni di Geova nel mondo (www.jw.org), che dal 21 marzo scorso porta avanti una campagna di sensibilizzazione internazionale al fine di scongiurare una “proscrizione religiosa” che sembrerebbe riportare indietro le lancette della storia: al tempo in cui, sotto al regime sovietico, i Testimoni di Geova vivevano la propria fede nell’illegalità.
Secondo diverse fonti e testimonianze internazionali, in Russia azioni governative di contrasto alla predicazione locale dei Testimoni di Geova si registrano da più di un decennio. Nel 2006, tra le attività “estremiste” da vietare per legge, il Cremlino incluse “l’incitamento alla discordia religiosa”: in un momento in cui l’allarme terrorismo è ai massimi storici è proprio “l’estremismo” il reato che dal 15 marzo scorso il Ministero della giustizia russo contesta anche formalmente agli appartenenti della minoranza religiosa.
Stando a quanto dichiarato alla stampa italiana da Yaroslav Sivulskij, portavoce della congregazione a Mosca, in Russia i Testimoni di Geova sono accostati all’“estremismo religioso”, al “settarismo” all'”isolamento sociale”: “In questo difficile contesto politico il timore delle autorità è che la predicazione mini l’armonia della società, divida le famiglie e indottrini i più giovani”. Accuse contro le quali si è alzata la voce di David Semonian, portavoce dei Testimoni di Geova presso la sede mondiale di New York: “Perseguire cittadini pacifici e rispettosi della legge come se fossero terroristi è chiaramente un’applicazione impropria della legge contro l’estremismo. È evidente che leggere la Bibbia, cantare e pregare con i propri compagni di fede non sono atti criminali. Speriamo che questa campagna mondiale spinga i funzionari della Russia a porre fine a questo trattamento ingiustificato”.