Coronavirus. Chiese americane chiedono revoca sanzioni in Iran, Siria e Gaza

Nella missiva inviata al presidente degli stati uniti si chiede di “revocare le sanzioni che hanno un impatto negativo sulle popolazioni civili" e altre restrizioni che "compromettono la capacità dei governi di rispondere alla crisi sanitaria" 

Foto lutheranworld.org

Roma (30 marzo 2020  – Alla luce della crescente crisi dovuta alla pandemia del Coronavirus (COVID-19), una coalizione ecumenica di chiese e agenzie cristiane con sede negli Stati Uniti, e  che operano in Medio Oriente, ha scritto al presidente degli Stati Uniti Donald Trump per sollecitare il suo governo a revocare le sanzioni contro l’Iran e la Siria, nonché a porre fine al suo sostegno al blocco di Gaza da parte di Israele.

La Chiesa evangelica luterana in America (ELCA), una chiesa membro della Federazione luterana mondiale, è uno dei 14 firmatari della lettera, inviata il 25 marzo, che invita il governo degli Stati Uniti a “estendere la compassione e l’aiuto a coloro che sono nel bisogno” in questo momento di pandemia globale.

La lettera, inviata anche al segretario di Stato Mike Pompeo e al segretario del Tesoro Steven Mnuchin, esorta il governo “a revocare le sanzioni che hanno un impatto negativo sulle popolazioni civili” e altre restrizioni che “compromettono la capacità dei governi di rispondere alla crisi sanitaria”. Ciò include sanzioni finanziarie che hanno un impatto sulla capacità dei paesi di importare forniture e attrezzature mediche urgenti, dicono i firmatari.

La lettera prosegue dettagliando “l’impatto devastante” dell’epidemia di COVID-19 in Iran, dove la carenza di medicinali, forniture mediche e attrezzature ha preceduto l’attuale crisi. Pur riconoscendo che “alcuni passi sono già stati fatti”, le chiese esortano il governo degli Stati Uniti a revocare le sue sanzioni “radicali” e a permettere al Fondo Monetario Internazionale di concedere la richiesta di prestito all’Iran.

In Siria, la lettera nota che l’impatto potenziale del virus è “sbalorditivo”, con circa 11 milioni di persone già bisognose di assistenza umanitaria. Piuttosto che andare avanti con l’implementazione di ulteriori sanzioni, le chiese dicono che “gli Stati Uniti dovrebbero revocare le sanzioni che proibiscono l’importazione e l’acquisto di medicinali e forniture mediche di cui c’è un disperato bisogno e assicurare alle banche che tali transazioni non inneschino una rappresaglia”.

Sotto il rigido blocco israeliano di Gaza, imposto con il sostegno degli Stati Uniti, la lettera dice che le condizioni sono già “invivibili” per i residenti, con la densità della popolazione, la rottura dei sistemi idrici e igienico-sanitari e la carenza di forniture mediche che rendono la gente “vulnerabile a un’epidemia incontrollata di COVID-19 che potrebbe anche avere un impatto negativo su Israele”.

La lettera esorta gli Stati Uniti a porre fine al loro sostegno al blocco di Gaza e a fare immediatamente pressione su Israele per garantire che vengano fornite attrezzature mediche e tecnologia, oltre a “garantire che i pazienti che necessitano di cure al di fuori di Gaza ricevano i permessi necessari per lunghi periodi di trattamento e che anche i familiari, specialmente i genitori che accompagnano i bambini, ricevano i permessi di viaggio”.

Le preoccupazioni contenute nella lettera fanno eco a un appello a Israele, all’Autorità palestinese e ad Hamas da parte del Relatore speciale dell’ONU per i diritti umani nei Territori palestinesi occupati, esortandoli a garantire il diritto alla salute per tutte le persone durante l’attuale crisi.

Esprimendo particolare preoccupazione per la situazione a Gaza, il relatore speciale Michael Lynk ha affermato che le significative restrizioni alla circolazione dei pazienti e degli operatori sanitari compromettono già gravemente l’accesso dei palestinesi ai servizi sanitari. Nel contesto di COVID-19, dove le condizioni dei pazienti possono deteriorarsi rapidamente, qualsiasi ritardo nell’arrivare in ospedale può essere fatale, ha detto.