Chiesa metodista USA. Winkler: divisioni sono anche frutto dell’individualismo

Intervista a Jim Winkler, già presidente del Consiglio nazionale delle chiese cristiane negli Stati Uniti (NCCCUSA), per capire meglio cosa sta accadendo con le ultime disaffiliazioni dalla Chiesa metodista unita

Foto Kathleen Barry, United Methodist Communications

Roma (NEV), 8 maggio 2023 – Abbiamo interpellato Jim Winkler, già presidente del Consiglio nazionale delle chiese cristiane negli USA (NCCCUSA), per capire meglio i risvolti delle disaffiliazioni dalla Chiesa metodista unita (United Methodist Church – UMC). Con i suoi 12 milioni di membri, la denominazione rappresenta una delle principali voci del protestantesimo storico americano.

Con le ultime disaffiliazioni in Tennessee, 2.095 congregazioni statunitensi si sono separate dalla Chiesa metodista unita negli ultimi 5 anni. Stiamo parlando di circa il 7% delle chiese UMC. Cosa sta succedendo e cosa accadrà?

È stato creato un processo di disaffiliazione per consentire alle congregazioni metodiste unite di lasciare la denominazione. Attualmente, più di 2.000 delle circa 30.000 chiese locali hanno votato per andarsene. Sono previste ulteriori uscite prima della scadenza del 31 dicembre 2023. Per uscire dalla denominazione devono votare i due terzi dei membri di una chiesa locale; le chiese locali che approvano la disaffiliazione devono pagare per intero gli obblighi finanziari in sospeso alla United Methodist Church.

Pertanto, una chiesa locale deve prendere l’iniziativa di andarsene. A mio avviso, hanno scelto di andarsene le congregazioni più arrabbiate.

Nel complesso, la United Methodist Church sarà teologicamente e politicamente più moderata e rimarrà la più grande delle denominazioni “storiche”.

Quali implicazioni ci saranno sulle proprietà e sulle finanze ecclesiastiche?

Le implicazioni finanziarie per la United Methodist Church sono piuttosto significative. Detto semplicemente, ci saranno meno soldi per finanziare la denominazione. Le finanze della denominazione erano già in declino, a seguito di una significativa perdita di membri nel corso degli anni. Queste uscite esacerbano quelle difficoltà. Non credo, invece, che le implicazioni sulle proprietà siano gravi. Molte delle congregazioni in uscita sono piccole comunità, con chiese abbastanza ordinarie.

Come vede il futuro delle missioni metodiste nel mondo?

Il futuro delle missioni UMC in tutto il mondo è impegnativo. Ci saranno meno fondi disponibili per il lavoro missionario, per i seminari, per le università, per gli aiuti e i soccorsi in caso di calamità, per l’assistenza ai rifugiati, per lo sviluppo, per le relazioni ecumeniche e per tutte le altre cause che stanno a cuore per la fede cristiana.

Già da anni, probabilmente, si viveva come chiese parallele. Adesso, alcune congregazioni lasciano l’UMC, riunendosi fra loro. Altre escono, ma sembrano voler restare indipendenti, in una “zona grigia”. Poi, ci sono le chiese che restano nell’UMC. In che modo pensa che questa “tripla scissione” possa indebolire le chiese del cosiddetto “protestantesimo storico”?

Negli ultimi decenni, l’unità di intenti delle denominazioni si è sgretolata per una serie di motivi, uno dei quali è la cultura dell’individualismo negli Stati Uniti. Le persone hanno meno impegno e fiducia in molte istituzioni tra cui chiese, governo, istruzione e media. In un contesto di questo tipo, è sempre più difficile ottenere un impegno. Inoltre, sono sempre meno le persone che restano in una particolare chiesa o denominazione locale per tutta la vita. Non conoscono, né si preoccupano della storia o delle tradizioni della denominazione di cui fanno parte. Sono sempre più attratti da una chiesa locale per le attività o i programmi che vi si svolgono, o per il particolare pastore che li guida. E desiderano che la loro chiesa locale soddisfi i loro bisogni e quelli della loro famiglia, più che i bisogni della comunità o della denominazione. Pertanto, la disintegrazione delle denominazioni è, forse, inevitabile.

La questione dell’omosessualità è un alibi o è reale?

La questione dell’omosessualità è reale, ma ci sono anche altri aspetti in gioco. Le chiese storiche sono state per lungo tempo pilastri dell’establishment americano, ma hanno iniziato a mettere in discussione la direzione stessa in cui la nazione era rivolta. Si sono schierati con King e il movimento per i diritti civili, si sono opposti alla guerra del Vietnam, hanno sostenuto i diritti delle donne e la leadership delle donne nelle loro chiese, si sono opposti alla corsa agli armamenti nucleari. Tutte queste e altre cause di giustizia sociale costano caro alle chiese storiche.

Come ex Presidente del Consiglio nazionale delle chiese cristiane americane, pensa che sia possibile cogliere delle opportunità in questa crisi?

Ci sono opportunità in questa crisi. La Chiesa metodista unita deve liberarsi dal culto della crescita della chiesa e diventare veramente fedele agli insegnamenti di Cristo. Ciò significa esigere di più dai suoi membri in termini di pieno impegno verso gli insegnamenti di Cristo. Ciò significa, in molti casi, liberare la chiesa da costruzioni costose e ingombranti. Questo significa impegnarsi in un culto autentico. Ciò significa reinventarsi come una comunità di credenti che vivono vite devote come ha fatto Gesù: amando Dio e il prossimo e opponendosi all’impero e all’accumulazione di ricchezza e potere.