Etica digitale. Salvare il pianeta, salvare noi

Conversazione con Stefano Frache in occasione della discussione promossa dalla rete “Church Action on Labour and Life” (Azione delle chiese per il lavoro e la vita) sulle Linee guida del progetto “Wellbeing of digitalized societies and workplaces”

Foto di José Martín Ramírez Carrasco / Unsplash

Roma (NEV), 30 maggio 2023 – Quale benessere per le società digitalizzate e nel lavoro? Se ne è parlato lo scorso 24 maggio in un incontro promosso dalla rete “Church Action on Labour and Life” (CALL* – Azione delle chiese per il lavoro e la vita).

L’incontro ha riunito alcune delle decine di persone che hanno collaborato alla pubblicazione delle Linee guida nell’ambito del progetto “Wellbeing of digitalized societies and workplaces”. Già da anni la rete CALL lavora su questi temi, coinvolgendo diverse professionalità e competenze da tutta Europa, sia in seno alle chiese sia simpatizzanti.

Armonia, benessere digitale, etica digitale, sostenibilità, valori ecologici, economici e sociali nella progettazione della digitalizzazione sono solo alcuni dei temi sviluppati dalla rete CALL, che vede la digitalizzazione stessa come strettamente legata, e quinti orientabile, a servizio della società. Per l’Italia era presente Stefano Frache, ingegnere, tra i fondatori di una società di sviluppo software e apparecchiature elettroniche, con un dottorato in Elettronica e Telecomunicazioni a Torino e Losanna. “È stato bellissimo partecipare a questa esperienza, in una dimensione di dialogo stimolante e di crescita personale” ha raccontato Frache all’Agenzia NEV.

Le linee guida si sviluppano in tre sezioni: etica, economia e società. “L’incontro del 24 è stato l’occasione di ritornare su alcuni temi, sui punti di forza del documento e su quali aspetti, invece, c’è ancora bisogno di lavorare – ha detto Stefano Frache –. È stato un importante momento di sintesi, frutto di anni di lavoro, di confronti e discussioni. Ci vuole un certo coraggio a rilasciare un documento”. Pubblicare, infatti, espone al giudizio e alle critiche, ma al tempo stesso è un modo per “dare il La” alla discussione.

Nel primo punto sull’etica, ha proseguito l’ingegnere, “sono stati inseriti aspetti che riguardano il rapporto di tutti i viventi con il pianeta e un esplicito riferimento alla climate justice. È bene riflettere sulle evidenze scientifiche per orientare il nostro pensiero. Non è una questione emotiva: abbiamo davvero un problema con il clima”.

Da tanto tempo, secondo Frache, “c’è un larghissimo fraintendimento. Il nostro impegno per il clima serve a salvare il pianeta? No, lo facciamo per salvare noi stessi”. Ere glaciali e interglaciali con trasgressioni marine si sono verificate più volte sulla Terra, ma in periodi estremamente lunghi. “Ora siamo qui e stiamo perturbando gli equilibri del pianeta. Gli effetti non sono gli stessi per tutti, ma il tema della giustizia climatica non può ridursi a un afflato temporaneo. Tempo ancora un po’, per rovinarlo abbastanza, e poi il problema sarà uguale per tutti”. Il problema della disparità va affrontato a monte: “Non è bello essere tutti uguali di fronte alla catastrofe. Anche con la pancia piena, non sono al sicuro. Rischio alimentare, difficoltà di accesso al cibo e all’acqua potabile, che fino ad alcuni anni fa sembravano preoccupazioni lontane da noi, ora iniziano a riguardarci da vicino”. Riflettere su questa dimensione etica implica anche “uscire dalla retorica antropocentrica di essere i salvatori del mondo. È più sobrio pensare che stiamo facendo qualcosa per noi stessi e per i nostri simili in una prospettiva cristiana, oltre che umana”.

Proprio recentemente, nell’ambito del Sinodo luterano, il decano Carsten Gerdes parlava della natura non come un “dono”, ma come un “prestito”. Anche per i nativi d’America, la terra si tramanda di generazione in generazione, “ma ogni generazione la riceve in prestito da quella precedente. Con questo spirito dovremmo farne buon uso e poi restituirla intatta a chi viene dopo di noi. Avidità e ingordigia non portano frutti. In una prospettiva cristiana, ma non solo, questi comportamenti primitivi e irrazionali non sono certo meritevoli e, tante volte, sono causa di disastri”.

La rete CALL ha parlato anche di sostenibilità, evidenziando la sostanziale inseparabilità dei suoi elementi in ambito economico e sociale. “L’impatto delle scelte è trasversale. Tutto è interconnesso” ha detto Frache.

Nel corso dell’incontro si è parlato anche di accessibilità, di inclusività digitale, di costi e benefici di quella che potremmo definire “progettazione etica”. Infine, la sicurezza. “In termini informatici, sicurezza vuol dire privacy e attenzione alla raccolta dati, ma non solo – ha concluso Stefano Frache –.  Sicurezza vuol dire anche proteggersi dalle informazioni false. Per semplice ingenuità si rischia di essere tratti in inganno nella formazione delle proprie opinioni, di essere manipolati. Un uso errato o inconsapevole degli strumenti digitali è molto diverso a seconda che siamo società aperte o chiuse. Se vogliamo mantenerci come società aperte e democratiche abbiamo il dovere di occuparcene, perché le minacce sono serie. A volte lo diamo per scontato, ma in una società chiusa finisce la libertà di pensiero, quindi anche la libertà del pensiero cristiano”.


*CALL è una rete europea che si occupa di riflettere su sostenibilità, lavoro, economia e società da un punto di vista cristiano. Il progetto “Wellbeing of digitalized societies and workplaces” è sostenuto con finanziamenti della Commissione Europea.