Intervista a Giovanni Bernardini. Ministero pastorale: un lavoro, una scelta, una gioia

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Torre Pellice (NEV), 23 agosto 2023 – Intervista a Giovanni Bernardini, pastore consacrato dal Sinodo valdese 2023. Nato a Torino, Bernardini ha 31 anni e sta svolgendo il suo periodo di prova a Riesi, in Sicilia.

Qual è stato il momento per lei più critico, nel corso del periodo trascorso in Facoltà valdese di teologia, e qual è stato, invece, quello più bello, più creativo?

Il momento più difficile è stato un momento di tensione tra il corpo docente e il corpo studente. Non è qui rilevante riflettere su quali siano state le cause scatenanti, ma nonostante la difficoltà devo ammettere che c’è stata da ambedue le parti la volontà di incontrarsi, di confrontarsi, di cercare di capire il problema e risolverlo. Quindi, la difficoltà si è rivelata poi una opportunità di far ripartire il dialogo.

Per chi non la conoscesse, la Facoltà si sviluppa in un edificio multipiano. Nella stessa struttura ci sono le aule e gli alloggi degli studenti, poi gli alloggi dei docenti. La vita universitaria è quindi inevitabilmente intrecciata, quasi fusa insieme con quella privata. Si stende il bucato nello stesso cortile dei docenti, e dai muri storici possono filtrare discorsi e telefonate. Il vivere comune ha i suoi aspetti positivi e negativi, ma devo dire che uno dei momenti più belli è stato quando siamo riusciti a realizzare la nuova cucina. Per molto tempo la mensa ha rappresentato un elemento fortemente problematico. Con questo spazio a uso dello studentato abbiamo realizzato una nuova dimensione dello stare insieme. Studenti, studentesse e convittori si possono organizzare per pranzare o fare la spesa in comune; si è venuti incontro alle diverse esigenze di orari e di menù. Al tempo stesso, la socializzazione e la cura degli spazi comuni, quindi delle relazioni, ha trovato una nuova via. Questo è sicuramente un aspetto molto positivo.

Ci può parlare del suo periodo di prova a Riesi? Di cosa si occupa? C’è una giornata “tipo”?

Il bello di questo lavoro, che poi non è un lavoro, ma una scelta di vita, è che non esiste una giornata “tipo”. A parte alcuni impegni fissi, come possono essere il culto domenicale o lo studio biblico, la giornata va snodandosi in un equilibrio tra quello che pensavi di fare e quello che di fatto farai. Da una visita pastorale che si protrae più a lungo perché ce ne sono le esigenze, fino alla “bassa manovalanza”. Questo è il bello della realtà pastorale in un’area che non vive la nevrosi da calendario che molte realtà urbane ormai hanno. Qui c’è ancora l’idea di suonare al citofono per prendere un caffè. E a volte, con quel caffè, un invito conviviale si trasforma in un incontro anche di cura, di relazione pastorale con quella persona che ha scelto una formula discreta per entrare in dialogo con te.

A Riesi mi occupo della chiesa valdese. Inoltre svolgo il ministero pastorale presso il Servizio cristiano. In questi mesi ho imparato molto. Da aiuto-elettricista, alle pulizie, al lavoro agricolo, mi sono misurato in diverse attività e mi ha fatto molto piacere perché mi ha riportato indietro nel tempo, quando facevo il campo lavoro presso il centro ecumenico di Agape, in provincia di Torino. È stato anche un modo per legare con i dipendenti e le dipendenti. A volte si potrebbe pensare che i pastori stiano fermi dietro una scrivania. Non è così. Impariamo insieme, nel quotidiano, a gestire problemi e soluzioni, a costruire relazioni. Curo inoltre la comunità di Agrigento. Infine, purtroppo, sono arrivato in Sicilia nel momento in cui si stava chiudendo la chiesa valdese di Caltanissetta per carenza numerica. I locali ci sono ancora; con l’aiuto di Pino Testa – che ha fatto da ponte di collegamento sia umano sia emotivo tra me arrivato da pochissimo e alcuni membri storici della comunità – abbiamo avuto l’ingrato compito di raccogliere e impacchettare l’archivio. Un grande valore storico e documentale che ora è al sicuro presso l’Ufficio Beni culturali “Patrimonio culturale metodista e valdese” di Torre Pellice.

Chiese che si svuotano, crisi di vocazioni. Qual è il suo punto di vista su questi temi, come giovane pastore?

Io sono restio ad utilizzare il termine “crisi delle vocazioni”, perché vorrebbe dire negare l’impegno di vocazione di moltissime persone all’interno delle nostre chiese e comunità. Parlerei, invece, di crisi delle persone. Chi sceglie di dedicare l’intera vita all’attività pastorale o diaconale lo fa come scelta di vita che ha un certo spessore. Ci si deve trasferire di città in città, affrontare un percorso di studi che prevede un periodo all’estero di un anno. Confrontarsi con realtà diverse. Per i più giovani significa uscire dal nucleo familiare per la prima volta, al contrario per i più adulti significa, dopo anni di vita autonoma vissuta da soli, ritrovarsi improvvisamente a condividere la stanza, gli spazi pubblici, le docce, con altre persone. È una scelta di vita che rifarei ogni giorno con estrema convinzione, ma secondo me dobbiamo trovare il coraggio di dire le cose come stanno, aldilà di un’idea “romantica” di vita pastorale. In concreto, può essere penalizzante. Bisogna tenere conto degli aspetti emotivi, psicologici, economici. La chiesa è davvero in decrescita? Ci lanciamo in questa avventura, in una realtà lavorativa come quella nazionale che fa paura. Fa paura per chi ha una laurea altamente spendibile, figuriamoci per una laurea come quella in teologia, dove se non lavori nel contesto religioso, o hai un lavoro laico o sei fuori. C’è poi l’aspetto relazionale: un pastore può sposarsi, o scegliere la solitudine, o avere una compagna o un compagno, però devi fare valutazioni serie anche con la persona con cui decidi di avere una relazione, perché fare il pastore o la pastora significa spostamenti e sfide. Bisogna avere l’onestà intellettuale di dire questo. Al tempo stesso, vorrei dire che per me non c’è niente di più bello di vivere la realtà comunitaria e dedicare la mia vita integralmente all’annuncio della Parola. Io vengo pagato per fare un lavoro che adoro e che mi diverte, e questo è un lusso che non tutti possono avere.  È una scelta che ha delle sue difficoltà, ma regala molte più gioie.