Roma (NEV/Riforma.it), 31 agosto 2023 – Lo scoprimento della targa dedicata ad Altiero Spinelli è stato un momento estremamente veloce nella mattinata del Presidente a Torre Pellice, ma altamente significativo. Il corteo è arrivato percorrendo via Repubblica, da piazza della Libertà, nel cuore di Torre Pellice, in mezzo a due ali di persone che hanno omaggiato il Presidente.
“Scortato” dal Sindaco di Torre Pellice, Marco Cogno, e dal Presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio (e da altre innumerevoli cariche politiche) Sergio Mattarella è arrivato sotto la targa che è stata scoperta da Cogno, con un breve discorso che così può essere riassunto: «Passa dai piccoli luoghi la grande storia e la speranza di pace che nutre l’Unione Europea».
Prima di entrare nel Teatro del Forte dove si è tenuto il convegno Mattarella si è ancora fermato alcuni istanti con il figlio di Mario Alberto Rollier, che ospitò Spinelli a Torre Pellice nell’agosto del 1943, luogo in cui, ricorda la targa, Spinelli stesso tenne il suo primo pubblico discorso federalista. Fuori dal Teatro ancora un momento di saluti ai sindaci presenti (non tutti sono potuti entrare) e ai giovani studenti e studentesse delle Scuole Mauriziane .
Accolto in un Teatro del Forte gremito, tra sindaci, giornalisti e rappresentanti delle realtà civili locali, il Presidente Mattarella ha tenuto il primo dei suoi due discorsi, inattesi quanto apprezzati. Preceduto dal sindaco di Torre Pellice, Marco Cogno, che ha voluto cominciare con un minuto di silenzio per i cinque operai che questa notte sono stati travolti da un treno a Brandizzo, sulla linea Torino-Milano. Un gesto molto apprezzato anche dal Presidente, che nel prendere la parola ha definito queste morti «un oltraggio ai valori della convivenza».
Gli interventi della mattinata aprivano il convegno «Il sogno europeista è nato qui. Una sfida da completare», organizzato dal Comune di Torre Pellice e dalla Fondazione Centro culturale valdese, che si terrà questo pomeriggio nello stesso luogo, con il ritorno di due oratori già intervenuti in mattinata: il prof. Filippo Maria Giordano e l’on. Valdo Spini, che hanno ripercorso il contesto storico che ha portato alla nascita del Movimento federalista europeo, il “sogno”, o piuttosto, come ha ricordato lo stesso Mattarella richiamando le parole di Altiero Spinelli, «l’invito a operare», di «uomini proiettati verso il futuro» (Giordano) in un momento storico in cui sembrava impossibile pensare a un futuro e in cui, tuttavia, molti (ha ricordato Spini) già parlavano di “Stati Uniti d’Europa”.
Le parole pronunciate da Altiero Spinelli nel discorso che oggi abbiamo commemorato, e l’azione politica e civile del «cenacolo di amici» che si riunì a Torre Pellice in quei giorni convulsi, ha ricordato lo storico Giordano, ripreso poi dal Presidente, «gettò qui il seme di una coscienza europea».
«Torre Pellice non è un luogo remoto della Repubblica», ha esordito Mattarella, perché le valli valdesi sono «una delle piccole patrie che arricchiscono l’identità del nostro Paese»: da qui, ha ricordato, provengono le origini dello stemma della Repubblica, disegnato da Paolo Paschetto, con il compito non facile di riunire i simboli dei valori della Repubblica: l’ulivo, la quercia, la ruota, la stella. Luoghi, anche simbolici, quelli delle valli valdesi, ma la stessa Ventotene dove nacque il Manifesto per un’Europa libera e unita, «dove si è fatta la storia dell’Italia». Rievocando l’estate del 1943, la caduta del fascismo, il Sinodo valdese che proprio l’8 settembre era riunito, l’armistizio, «momento di rottura nella storia e nell’unità del Paese», ma anche presa di coscienza di un nuovo inizio, della necessità di costruire il futuro, anche prendendo le armi. Ricordando i giovani che diventarono partigiani, il presidente Mattarella, come chi lo aveva preceduto sul palco, ha rivolto un saluto affettuoso a uno di quei “giovani”, il novantasettenne Giulio Giordano, presente in sala.
E ancora: guardando al lungo percorso che ha portato all’Europa di oggi (noi viviamo quello che quegli uomini e quelle donne coraggiosi e lungimiranti hanno immaginato), fino al tentativo (per il momento fallito) di creare una “Costituzione europea”, gli oratori hanno menzionato i momenti di crisi più recenti, la pandemia di Covid-19, l’aggressione russa contro l’Ucraina, ricordando che non avremmo potuto affrontarli senza essere un’Europa unita. Un’Europa che è, e deve essere sempre più, «non una mera cornice di collaborazione economica»: il sogno europeo dei primi federalisti, ha concluso Mattarella, «è diventato per noi un dovere».
I bambini con la loro lettera e con la loro festosa irruzione nel corso dei lavori del recente Sinodo, avevano dato una settimana fa un’impronta meno “paludata” all’austera Aula sinodale. E ora una rappresentanza degli studenti e delle studenti del Collegio valdese ha rinnovato la consapevolezza che la Chiesa valdese, le sue istituzioni, i suoi strumenti di formazione sono il futuro; quella costante che, unitamente ai legami con l’ecumene e le Chiese sorelle, ha permesso nei secoli e permette oggi la vita di una piccola minoranza. La parte privata della visita del Presidente Mattarella, nell’Aula sinodale, si è dunque incastonata fra il Sinodo, conclusosi venerdì scorso, e la prossima apertura del nuovo anno scolastico, momenti “istituzionali”, che ogni anno contrassegnano la vita della chiesa.
Questo segmento della visita presidenziale si è svolta non per caso nell’Aula sede dell’Assemblea più importante della Chiesa valdese, dove si prendono le decisioni, dove 180 persone, equamente divise fra pastori e pastore, da un lato, deputati e deputate dall’altro, discutono e decidono dell’amministrazione della parte visibile, terrena, della chiesa stessa, sotto la guida dello Spirito santo. Qui si ricorderà, l’anno prossimo, l’850° anniversario dell’avvio della predicazione da parte del mercante Valdo di Lione; qui si rinnoverà il senso della presenza di una piccola minoranza che sa parlare all’Italia quando riesce a farsi ispirare e ragionare su se stessa. Questo dunque era il luogo dove accogliere il Capo dello Stato, garante del nostro vivere civile e delle nostre Istituzioni.
Erano presenti pastori e pastore, presidenti dei Concistori delle chiese delle valli valdesi e del Torinese, a ribadire la caratteristica non-clericale dell’ordinamento valdese. C’erano pure i rappresentanti delle più importanti Commissioni amministrative, delle chiese metodiste e della diaconia. La strutturazione della Chiesa valdese è complessa, vista dall’esterno, in proporzione alla sua consistenza numerica, ma è garanzia di una gestione controllata, il più possibile trasparente, condivisa e collegiale.
La diacona Alessandra Trotta, moderatora della Tavola valdese, rinnovando il richiamo al raccoglimento per le vittime dell’incidente ferroviario di Brandizzo, riferimento già fatto dal sindaco di Torre Pellice nella prima parte dell’incontro, ha richiamato una serie di caratteristiche della vita della chiesa: l’affresco della quercia che si deve a Paolo Paschetto, autore anche del simbolo della Repubblica, rimanda alla base di tutto il nostro agire, che non sono solo le umane convinzioni, pur rispettabili, ma il legame con la Parola di Dio; un legame che nel Sinodo del 1943 portò diverse persone (pastori, ma non solo) – a dare svolte drammatiche alle proprie vite, vedendo nella ricerca della libertà una delle conseguenze della lettura della Bibbia. «Una generazione – ha detto la moderatora – che crebbe anche in questa Aula». L’idea e la costruzione di Agape fecero vedere al mondo che l’utopia poteva dare dei segnali: un’opera di riconciliazione, che ebbe i benefici effetti di una sprovincializzazione. Una piccola chiesa, numericamente insignificante nell’Italia del dopoguerra, si apriva al protestantesimo internazionale e allargava i propri orizzonti.
Le caratteristiche di questa piccola chiesa ben sono state colte dal Presidente Mattarella, che ha parlato della capacità di reggersi da sé, fondandosi sui principi contenuti nell’Evangelo. «Non possono esserci libertà civile e libertà politica se non sussiste la libertà di religione», a cui un posto importante aveva dato il presidente Franklin D. Roosevelt nel “Discorso delle quattro libertà” del 1941. La questione arrivò alla Costituente, e la sua eco si ritrova nella Costituzione, là dove viene superata la precedente normativa sui “culti ammessi”. Sapete che cosa significano – ha detto il Capo dello Stato – parole come esilio e ritorno.
Sì, queste sono parole che rimandano alla Bibbia, alla Scrittura ebraica, al rapporto con le altre minoranze. È significativo che chi viene in visita, portando su di sé la rappresentanza dell’intera nazione, abbia focalizzato su questa caratteristica il proprio intervento: è un richiamo all’origine di questa chiesa e alla sua missione oggi e domani.
Varie foto della giornata sono disponibili sulla pagina Facebook del nostro giornale Riforma-Eco delle valli valdesi: https://www.facebook.com/RiformaEcoDelleValliValdesi