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Carcere: fallimento, resilienza, speranza

Il XXXVII Incontro Internazionale per la Pace promosso dalla Comunità di Sant’Egidio. L’intervento del presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei), professor Daniele Garrone.

Di
Agenzia NEV
-
12 Settembre 2023
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    Roma (NEV), 12 settembre 2023 – A Berlino si chiude oggi l’evento “L’audacia della pace”, meeting della comunità di Sant’Egidio nel quale, come si legge nella presentazione, “uomini e donne di diverse religioni e diverse culture si sono riuniti per tre giorni per discutere e lavorare insieme verso un futuro di pace e solidarietà nello spirito di Assisi”.

    Tra i relatori anche il presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (Fcei) e professore di Antico testamento presso la facoltà valdese di teologia di Roma, Daniele Garrone, intervenuto ieri nel panel intitolato “Carcere: fallimento, resilienza, speranza”.

    Qui di seguito il testo del suo speech:

    “Mi è stato chiesto di presentare una prospettiva biblica.

    Si parla sì di prigioni e di carcerati nella Bibbia, ma non si tratta delle nostre prigioni e dei nostri detenuti. Nella sua raffigurazione del giudizio finale (Mt 25), il Vangelo di Matteo indica come criterio una serie di azioni nei confronti dei più deboli ed emarginati che ha dietro di sé una lunga tradizione in ambito ebraico, le azioni che realizzano gemilut hasadim, le opere di misericordia.

    A partire da Isaia 58 (affamati   ), altri testi menzionano anche assetati, orfani, poveri, innocenti, stranieri, senza tetto, nudi, persone in lutto, ammalati.

     La menzione del carcere non è così frequente. Matteo lo menziona perché ha in mente la possibilità che i missionari itineranti cristiani finiscano nelle carceri romane? In ogni caso, le carceri romane non fornivano ristorazione ai prigionieri, per cui il destino dei prigionieri era nelle mani di chi, da fuori, si fosse preso cura di loro. Solo i detenuti abbienti potevano farsi fornire il vitto.

    Ma, appunto, le carceri romane non sono le nostre.

    “Nell’antico Israele, la semplice detenzione non era riconosciuta come una punizione formale … L’idea moderna di una prigione come un penitenziario, dove i criminali devono essere riformati in cittadini rispettabili, era estranea alle concezioni del Vicino Oriente antico.

    Per varie altre ragioni, tuttavia, le prigioni svolgevano un ruolo importante nel sistema penale degli antichi”. (van der Toorn, 468).

    La carcerazione come principale metodo sanzionatorio nei confronti di azioni illegali, come viene praticata in tutti i nostri stati, è in realtà una acquisizione moderna, che ha indubbiamente i suoi aspetti positivi in quanto esclude la pena di morte,  la vendetta privata, le pene corporali e la tortura.

    “Il ruolo chiave svolto dal carcere nell’armamentario autoritario delle punizioni e delle misure disciplinari, sin dal suo sorgere tra la fine del XVI secolo e la prima metà del XIX, fa parte dell’ascesa dello Stato moderno, che ha portato alla predominanza quantitativa delle pene detentive e pecuniarie nel sistema penale. Questo vale soprattutto per lo Stato costituzionale democratico”. (vom Trotha, RGG4 3, 527).

    Vorrei soffermarmi, in questa citazione, in particolare sulla menzione delle nostre “democrazie costituzionali”.  I cittadini sono dunque partecipi del processo che conduce alla legislazione, e possono interrogarsi sulla realtà in questo caso delle carceri – misurandola con i criteri indicati nelle costituzioni. I cittadini non sono più sudditi che subiscono quanto deciso senza di loro. Per questo, come cittadini che sono anche membri di comunità religiose, possiamo e dobbiamo interessarci al sistema carcerario, anche oltre all’esercizio della cura d’anime e dell’assistenza, che deve essere assicurata a tutte le confessioni religiose .

    La nostra Costituzione italiana afferma (art, 27):

    La responsabilità penale è personale. L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.

    Queste sono le direttive a cui la prassi si deve orientare. Antigone, “associazione politico-culturale a cui aderiscono prevalentemente magistrati, operatori penitenziari, studiosi, parlamentari, insegnanti e cittadini che a diverso titolo si interessano di giustizia penale”, ha anche pubblicato nel 2023 (n° XIX) un ampio e documentato rapporto, basato anche sulle visite effettuata in 97 dei 189 istituti penali italiani.

    Premettetemi di citare alcuni risultati.

    Dati: XIX rapporto Antigone

    La capienza ufficiale è di 51.249 posti, ma al 30 aprile i detenuti erano 56.674, di cui il 43,4% donne, gli stranieri il 31,3%.

    Nel 35% degli istituti visitati, c’erano celle in cui non erano garantiti 3 mq calpestabili per ogni persona detenuta. Ogni anno vengono perciò accolti 4.000 ricorsi per condizioni di detenzione inumane e degradanti. Nel 12,4% delle celle il riscaldamento non era funzionante; nel 45,4% c’erano celle senza acqua calda e nel 56,7% celle senza doccia. (25)

    Nel 2022, ci sono stati 85 suicidi, uno ogni quattro giorni. Non si era mai visto un numero così alto, si è parlato di una vera e propria emergenza suicidi. Tra gennaio e maggio 2023 ci sono stati 22 suicidi accertati. La media dei suicidi in carcere è 17/18 volte superiore a quella tra le persone libere.

    Delle 85 persone che si sono tolte la vita, 80 erano uomini e 5 donne (63). Le donne sono però solo il 4% della popolazione carceraria.

    La media dei detenuti che lavorano è pari al 29,2% dei reclusi. I detenuti coinvolti in progetti di formazione professionale sono il 6,8%. (75)

    La spesa media per detenuto è Euro 160,93 € al giorno nel 2023.

    La percentuale di recidiva, cioè delle persone che tornano a commettere un reato dopo aver scontato una pena in carcere è in Italia intorno al 70 %, ma scende al 2% per quelli che in carcere hanno avuto la possibilità di imparare un lavoro.

    Alcune riflessioni e domande a partire da questi dati.

    –  Che ne è del principio della rieducazione e delle risocializzazione che si è venuto affermando nel moderno sistema carcerario?

    –  Che scuola è il carcere nella pratica?

    –  Qui si registra evidentemente un fallimento, tanto più evidente se si considerano i costi: 160 euro al giorno, per non riuscire?

    –  Oggi si è cominciato a parlare di “giustizia riparativa” …

    Credo che meeting come il nostro, che vedono insieme comunità religiose diverse, studiosi, uomini di governo, tutti cittadini di democrazie costituzionali, possano essere occasioni preziose per guardare insieme la realtà, non celare i problemi, non sfuggire agli interrogativi, e cercare correttivi e soluzioni. Avendo in mente l’espressione ebraica del tiqqun ‘olam, cercare di fare la propria parte per aggiustare, riparare qualcosa nel mondo”.

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