Napoli (NEV), 21 novembre 2012 – Si conclude oggi a Napoli il Convegno “La nuova evangelizzazione e l’ecumenismo” promosso dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della Conferenza episcopale italiana (CEI). In occasione della tavola rotonda dal titolo: “Unità, premessa di credibilità della comunicazione del Vangelo” ha preso parte, ieri, – insieme a mons. Mansueto Bianchi, presidente della Commissione episcopale per l’ecumenismo e il dialogo (CEI) e sua eccellenza Andrej, vescovo di Remesiana, Patriarcato di Serbia – il teologo valdese Paolo Ricca.
“L’ecumenismo è congenito al cristianesimo, ma l’evangelizzazione nel mondo deve ancora incominciare, perché l’unità dei cristiani di cui Gesù parla non è l’unità tra noi cristiani, ma l’unità con Lui”, ha rilevato Ricca ponendo alcune domande dirimenti: “Che cosa veramente ci separa da Gesù? E noi siamo convinti davvero di essere uniti a Lui?”. Il compito dei cristiani, ha proseguito Ricca, è quello di trasformare le divisioni in differenze o diversità: “Fino a quando le differenze e le diversità saranno percepite come divisioni il nostro compito sarà venuto meno. La diversità – ha proseguito Ricca – è costitutiva dell’unità e la parola ‘sinfonia’ può aiutarci a ben comprenderne l’idea: tutti gli strumenti musicali, seppur diversi per tipologia e timbro, concorrono insieme a formare la stessa melodia”. Dunque per il teologo i cristiani possono e devono essere gli strumenti musicali per arrivare alla sinfonia finale e unica: “Solo Cristo è unico, non ci sono sosia o imitazioni. Gesù è il vincolo che mette insieme tutte le diversità. Solamente lui crea l’unità, la nostra unità”.
I cristiani dunque non possono dirsi scoraggiati, malgrado il cammino per l’unità sia ancora una vocazione. “Ciò che all’uomo è impossibile, è possibile a Dio”, ha detto Ricca che ha concluso il suo intervento con due indicazioni e due proposte: “Amare l’unità dei cristiani in modo più grande di quella che già stiamo vivendo”. Ed ancora: “Amare la diversità che è il Cristo stesso”. Tra le proposte del teologo valdese quella di utilizzare di più gli strumenti che abbiamo a disposizione come il Segretariato attività ecumeniche (SAE), e infine cercare di creare, partendo dall’intuizione di mons. Clemente Riva, un tavolo permanente nazionale delle religioni. “Basta essere autoreferenziali e ritenere di essere chiese autosufficienti. Non è così, questo è un nostro limite. Su molti temi, come ad esempio il testamento biologico – ha concluso Ricca -, dovremmo dare linee comuni, discuterle insieme”.
Per mons. Gino Battaglia, direttore dell’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo della CEI, “la riflessione sul contesto in cui ha luogo la nuova evangelizzazione – che al contempo la motiva – mentre si interroga sui processi di secolarizzazione e di disaffezione verso la chiesa, non può non soffermarsi su aspetti quali il pluralismo religioso, quindi sul significato e gli esiti di altre presenze”.