Roma (NEV), 6 maggio 2015 – La Chiesa di Scozia ha ribadito la sua opposizione al disegno di legge sul suicidio assistito “sia per quel che riguarda alcuni specifici aspetti della legge sia per i principi generali su cui essa poggia”. Lo ha affermato lo scorso 30 aprile la pastora Sally Foster Fulton, presidente della Commissione Chiesa e società della Chiesa di Scozia, commentando il rapporto del Comitato parlamentare scozzese della sanità, redatto dopo mesi di audizioni sul testo di legge che permetterebbe a malati terminali e a chi ha contratto malattie che abbreviano la vita, di essere aiutati a porre termine alla loro esistenza.
Il Comitato parlamentare ha registrato al proprio interno una maggioranza di pareri negativi, ma ha comunque deciso di far procedere il testo nell’aula di Holyrood affinché il Parlamento scozzese si esprima in un dibattito calendarizzato per fine maggio. “A nostro parere la legge presenta alcuni gravi difetti, tra cui l’assenza sia di un controllo sulla salute mentale dei pazienti sia dell’indicazione di un’età minima di 16 anni. Si tratta di due omissioni che rendono il disegno di legge indifendibile nella sua forma attuale”, ha spiegato Foster Fulton.
La pastora ha quindi ribadito alcuni elementi portanti del rapporto sul fine vita, presentato all’Assemblea generale della Chiesa di Scozia nel 2009, focalizzato sulla proposta di un sistema di assistenza ai malati terminali basato sulle cure palliative. “L’attenzione non deve essere esclusivamente concentrata sul momento e sulle modalità della morte – ha affermato Foster Fulton -, ma sull’intero periodo (giorni, settimane o mesi) che ad essa conduce, con una particolare enfasi nell’assicurare la miglior qualità della vita possibile. Un modello olistico, realizzabile al meglio attraverso le cure palliative, che include la cura fisica, psicologica, spirituale e sociale del malato e conduce ad una morte dignitosa”.