Marrobbio

di Francesco Piobbichi, operatore presso l’Osservatorio delle migrazioni a Lampedusa

Roma (NEV), 17 maggio 2017 – La rubrica “Lo sguardo dalle frontiere” è a cura degli operatori e delle operatrici di Mediterranean Hope (MH), il progetto sulle migrazioni della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI). Questa settimana “lo sguardo” proviene dall’Osservatorio di Lampedusa.

L’isola di Lampedusa è complicata da capire perché recita molte parti, a seconda del vento che tira. E’ cosi da sempre, fin dai tempi del “Romito” che, per sopravvivere, cambiava fede a seconda delle navi che arrivavano a Porto Salvo. Ci vuole tempo per capirlo, e cura delle relazioni. E’ comunque sempre il mare la chiave di accesso al percorso per comprendere l’isola, sia quello che il mare porta, sia quello che porta via. Ma nel corso della storia non ci sono state solo le guerre che hanno attraversato questo scoglio. Ciclicamente un mostro marino chiamato Marrobbio visita l’isola, entra nel porto di notte e pretende un prezzo. Il Marrobbio è il prodotto di una serie di alte e basse maree che prima succhiano via l’acqua e poi la risputano facendo un doppio vortice che spesso travolge le barche. I lampedusani lo aspettano con lo scirocco, cercano di coglierne i segni premonitori, nell’aria, nel colore delle nuvole. Quando arriva, di notte, i telefoni dei marinai squillano, uno chiama l’altro, di corsa si scende al porto per assicurare gli ormeggi o per vedere, impotenti, le barche che affondano. Emerge con il Marrobbio una solidarietà marinara di tutta la comunità lampedusana alla quale chi vive qui non può e non deve sottrarsi. Forse è per questo che i lampedusani rispettano così tanto il mare e le sue leggi, perché a differenza di altri che ne conoscono la rabbia quando è in tempesta devono misurarsi anche con il Marrobbio che arriva in silenzio. Il Marrobbio rovina la vita ai marinai, come il terremoto, o la guerra che ti distrugge casa, questo evento segna le comunità sociali nel profondo, la loro identità e storia.

Quello che in molti oggi non comprendono quando si parla di diritto alla protezione internazionale è che il confine tra la sicurezza sociale e la disperazione è molto più sottile di quello che si pensi. L’ho capito vedendo in Libano, dove mi sono recato per il progetto dei corridoi umanitari, come la classe media siriana si sia ritrovata nella miseria nel giro di poco tempo. Un giorno, nel futuro, tutti potremmo trovarci ad essere in una condizione di vulnerabilità, ad essere soli davanti al mondo grande e terribile. Avevamo pensato proprio a queste cose come Forum Lampedusa Solidale (https://www.facebook.com/ForumLampedusaSolidale/) quando abbiamo deciso di organizzare una cena solidale. Volevamo affermare un concetto semplice, la comunità che accoglie è quella che afferma i diritti per tutti, a partire dal diritto di asilo. “Prima chi ha bisogno” ci eravamo detti, decidendo di destinare una parte dell’incasso della cena ad un’associazione di terremotati e ad una ONG che salva vite in mare. Dopo il Marrobbio però abbiamo deciso di destinare anche una parte dei fondi raccolti con l’iniziativa per i marinai di Lampedusa. Abbiamo fatto il giro dei ristoranti e dei bar, ed abbiamo trovato un’isola solidale, pronta a fare la sua parte. Con i doni di tutti abbiamo imbandito una tavola in piazza, ed in centinaia si sono messi in fila per un piatto di prelibatezze siciliane. Era la premessa di una festa popolare durata fino a tardi, una festa per certi aspetti inaspettata, che ha visto ballare persone provenienti da tutto il mondo. Nessuno era straniero, eravamo una grande famiglia che ballava reggae, pizzica e mazurca sotto le stelle.

Di seguito la lettera che il Forum Lampedusa Solidale ha inviato alla Proactiva Open Arms, una delle ONG che in questo momento opera nel Mediterraneo.

Cara Golfo Azzurro, ieri sera, qui a Lampedusa, ci siamo divertiti un sacco. Abbiamo mangiato, bevuto, ballato. Eravamo tantissimi e quelli che non erano in piazza con noi hanno partecipato aiutandoci a organizzare la serata. Come saprai tutto è stato offerto gratuitamente da ristoranti, panifici, bar, salumerie e supermercati e anche da singole persone che hanno voluto contribuire alla cena solidale.

I fondi raccolti erano destinati in parte alle popolazioni colpite dal sisma nel centro Italia, in parte ai pescatori Lampedusani che hanno subito danni a causa del marrobbio e in parte a te, Golfo Azzurro. Abbiamo già provveduto a versare sul conto di Proactiva il ricavato dell’iniziativa “Prima chi ha bisogno” e ti inviamo anche un breve filmato della serata.

Era importante per noi dare un segnale di vicinanza a tutte le persone che porti a bordo, salvatori e salvati, specie in un momento in cui i valori della solidarietà e dell’umanità vengono messi in discussione e sembrano perdere terreno. Lo abbiamo fatto all’insegna della gioia, dell’amicizia e della fraternità.

A fine serata, cara Golfo Azzurro, stanchi, felici e anche increduli per la straordinaria riuscita della serata, ci siamo accorti che sebbene tu fossi in mezzo al Mediterraneo (come noi, d’altronde), lontana da questa piazza centinaia di miglia, un po’ di te aveva ballato e riso con noi: erano quei ragazzi pakistani, gambiani, senegalesi, guineani che tu avevi tratto in salvo e portato a bordo fin qui, a Lampedusa.Tu hai salvato loro la vita e noi abbiamo festeggiato insieme il futuro. Insieme. Grazie Golfo Azzurro.