Razzismo diffuso, non solo negli States

Riproponiamo la riflessione di Paolo Naso, coordinatore di Mediterranean Hope – Programma rifugiati e migranti della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), andata in onda lo scorso 3 settembre al “Culto evangelico” su Radio1Rai, per la rubrica “Essere chiesa insieme”

In questa calda estate, nell’America di Trump sono usciti allo scoperto i gruppi che rivendicano la supremazia dei bianchi sopra la popolazione di colore. Da qui il neologismo “suprematisti”, per dire con una parola nuova qualcosa che invece ha una lunga storia negli Stati uniti: razzismo. Dagli orrori del passato in cui si linciavano gli afroamericani e si incendiavano le loro case, è così riemerso lo spettro di formazioni che pensavamo condannate e sepolte dalla storia, come gli incappucciati bianchi del Ku Klux Klan, gruppi come la “Aryan Nations” e altre sigle di ispirazione dichiaratamente neonazista.

È accaduto a Charlottesville, qualche settimana fa, quando diversi gruppi di suprematisti bianchi si sono radunati in Nord Carolina, con il pretesto di una manifestazione contraria alla rimozione della statua di un generale delle truppe confederate durante la guerra di secessione di oltre 150 anni fa.

Il bilancio di 3 morti e 35 feriti dice chiaramente quali erano le intenzioni dei manifestanti. Più difficile decifrare la reazione della Casa Bianca che prima ha taciuto, poi ha blandamente condannato i suprematisti, e infine ha attribuito la responsabilità delle violenze sia ai gruppi razzisti che a quelli antirazzisti.

Insomma, nella prima estate della presidenza Trump, l’America è tornata a fare i conti con il suo “peccato originale”. Quello consumato nel disprezzo degli indigeni nativi americani, prima, del mercato degli schiavi, dopo, della segregazione ancora negli anni ’60 del secolo scorso: il peccato del razzismo.

L’Italia ha un’altra storia e sulla sua coscienza civile pesano altri peccati contro le minoranze, primariamente quelle religiose come dimostrano le persecuzioni contro dissidenti ed eretici, l’antisemitismo e le leggi razziali contro gli ebrei del 1938. Insomma è senso comune che l’Italia non è razzista.

Ma in questa caldissima estate del 2017, una ragazza veronese di origine ghanese è stata esclusa da una competizione canora perché nera; a una coppia di italiani di origine cubana è stato negato l’appartamento che avevano regolarmente prenotato in Puglia, perché l’affittuario “non affitta ai neri”; Lina, una ragazza di Benevento selezionata per un posto di cameriera, si è vista respinta quando il proprietario del ristorante ha visto che era nera; un prete che ha portato degli immigrati neri in piscina è stato minacciato da gruppi neofascisti che si sono provocatoriamente presentati in chiesa mentre celebrava la messa domenicale. A Torino, sempre quest’estate, un negoziante ha rifiutato di assumere una ragazza italiana e bianca ma fidanzata con un immigrato, con la seguente motivazione: “Per me puoi uscire anche con il mostro di Firenze, ma permettimi di non affidare la cassa di un negozio a chi divide la sua vita con un africano”.

L’Italia non è Charlottesville, non ha vissuto la segregazione e Trump è comunque dall’altra parte dell’Oceano. Ma che cosa sta accadendo anche nel nostro paese? Da quale terreno germogliano

queste male piante di razzismo diffuso sulle quali continuiamo a inciampare? Dov’è finita quella, magari ingenua e superficiale, predisposizione italiana all’accoglienza? Perché non ci si vergogna più di essere razzisti? Domande di fine estate. Domande che bruciano come il caldo delle scorse settimane.

Per riascoltare il “Culto evangelico” dello scorso 3 settembre clicca qui.

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“Culto evangelico” è un programma radiofonico curato dalla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, e figura tra i più longevi d’Italia: nasce alla fine della Seconda guerra mondiale a Trieste, e dal 1951 è una trasmissione della RAI. Propone ogni domenica una predicazione, un notiziario dal mondo evangelico ed ecumenico italiano ed internazionale, rubriche di attualità, ecumenismo, dialogo con gli ascoltatori e interculturalità. Conduttore del programma è il pastore Luca Baratto. Va in onda ogni domenica dalle 7.35 alle 7.55.