Semi di Pace. Sulla strada del dialogo

Inaugurazione ufficiale della XXI edizione dello storico progetto della rivista Confronti questo pomeriggio a Roma 

Foto di Michele Lipori

Roma (NEV), 12 marzo 2019 – “E’ un’emozione presentare oggi la XXI edizione di Semi di pace. Un progetto che nasce da un’idea semplice nella quale però crediamo profondamente. Chiamare in Italia persone che in Israele e Palestina parlano, dialogano e agiscono la pace. Con questo progetto riusciamo a far sentire le loro voci nelle scuole e nelle università nella società italiana”. Con queste parole Claudio Paravati, direttore di Confronti, ha aperto questo pomeriggio la XXI edizione del progetto Semi di pace, promosso dalla rivista Confronti grazie ai contributi 8 per mille della Chiesa valdese – Unione delle chiese metodiste e valdesi, per dare voce a israeliani e palestinesi impegnati nell’educazione alla pace e al dialogo interreligioso.

Dall’11 al 16 marzo, una delegazione di quattro donne, due palestinesi e due israeliane, che lavorano quotidianamente per il dialogo nelle diverse realtà in Israele e nei Territori palestinesi, sarà in Italia per raccontare le loro esperienze.

Stefania Ascari, parlamentare del Movimento 5Stelle, ha portato il suo saluto: “è un onore essere vicino a queste donne coraggiose che portano un messaggio di dialogo che dovrebbe essere normale ma ancora non lo è. Progetti come questo, che nascono da situazioni di odio e violenza, dovrebbero essere più diffusi. Il confronto, la conoscenza, la cultura, il dialogo sono fondamentali. Dò la mia disponibilità a fare tutte ciò che serve per sostenere iniziative come questa”.

Giorgio Gomel di JCall Italia, Alliance for Middle East Peace Europe, è intervenuto ricordando l’antichità del conflitto israelo-palestinese, lo stallo nei negoziati degli ultimi anni e ha quindi sottolineato l’importanza del lavoro della società civile nell’attuale situazione: “negli ultimi dieci anni la situazione di separatezza si è ulteriormente acuita. Per questo è fondamentale trovare una mediazione, una conciliazione che è quello che facciamo con l’associazione che rappresento: un’alleanza di ONG, grandi e piccole, che cercano di lavorare insieme sulla pace e la riconciliazione. Abbiamo il progetto di costruire un fondo per la pace israelo-palestinese con quattro componenti: USA, Europa, Paesi arabi e settore privato”. 

Yael Noy, israeliana, di Road to Ricovery un’organizzazione binazionale fondata per offrire supporto medico alla popolazione palestinese, ha raccontato il suo lavoro come volontaria nella Striscia di Gaza: “La cosa principale che facciamo è prendere i pazienti che a Gaza non possono essere curati e portarli in macchina in qualche ospedale israeliano. Prestiamo il nostro aiuto soprattutto a bambini con patologie gravi. Abbiamo 7 punti di raccolta nei pressi dei check point. Alla nostra associazione collaborano molti israeliano che come me credono nella possibilità della pace”. “Abbiamo fondato l’associazione Salametcom, espressione che in arabo suona come un augurio di pronta guarigione, per aiutare tutti i malati nel trasporto fino agli ospedali, per fargli avere i permessi necessari a recarsi in Israele, per aiutarli a comunicare in un contesto in cui tutti parlano ebraico, per stare vicino ai bambini che arrivano in ospedale senza genitori a causa delle restrizioni che Israele mette all’accesso in territorio israeliano a persone al di sotto dei 30 anni” ha detto Rima Abu Katish, palestinese, che fa parte di Road to Ricovery. La sua testimonianza si è focalizzata sulla situazione degli sanità e i molti problemi che affliggono la gestione della salute nei Territori palestinesi. “Da due anni collaboriamo con Road to Recovery e questa è stata una grande fortuna. Ci capiamo perfettamente e siamo sempre disponibili a darci una mano” ha concluso Abu Katish.  

Foto di Michele Lipori

Layla Al Sheikh, palestinese, fa parte dell’associazione Parents’ Circle, composta da famiglie israeliane e palestinesi che hanno avuto in comune la sorte di vedere i propri familiari morire a causa del conflitto.

“Sono di Betlemme. Ho perso mio figlio di 6 mesi nel 2002 a causa dell’occupazione – ha detto Al Sheikh -. Era malato e volevo portarlo in ospedale ma i soldati non l’hanno permesso. Abbiamo cercato di portarlo ad Hebron ma non c’è stato nulla da fare. Per molti anni mi sono rifiutata di rivolgere la parola ad un israeliano. Un anno e mezzo fa ho conosciuto Parents’ Circle che credo sia una buona strada per la riconciliazione”. Al Sheikh è diventata un membro attivo di Parents’ Circle portando la sua testimonianza ovunque venga richiesta per “spezzare il circolo della violenza”. “Il nostro progetto più importante è il progetto della narrazione che induce palestinesi ed israeliani a sedersi uno di fronte all’altro e a raccontarsi”, ha concluso.

”Il mio nome è Ora che significa Luce e io voglio vivere il mio nome e mi sforzo di dare luce a chi ne ha bisogno, in particolare a chi ha subito il lutto della perdita di un figlio. Anche io ho perso un figlio ma lo sento sento sempre accanto a me” ha detto Ora Lafer Mintz, israeliana, di Parents’ Circle. Lafer Mintz ha sottolineato l’importanza di poter sempre scegliere malgrado la durezza di ciò che può accadere nella vita: “Il mio terzo figlio, Raz che significa Segreto, a 18 anni è andato sotto le armi proprio nel momento della seconda Intifada. Dopo la sua morte i suoi assassini sono stati liberati in uno scambio di prigionieri. Mi sono chiesta cosa possono dire le madri sulla tomba dei propri figli? Poi il mio figlio minore mi ha parlato Parent’s Circe e ho deciso di lavorare perché non ci siano altre madri che debbano seppellire i propri figli e ho capito che ciò poteva avvenire se riuscivamo a parlare e capirci, condividere quello che abbiamo in comune”.

Emanuela Del Re, vice Ministra per gli Affari Esteri e la Cooperazione, ha concluso i lavori del pomeriggio ricordando che “chi conosce il conflitto israelo-palestinese sa che riuscire a mettere insieme il sentimento delle persone e le ragioni della pace non è facile. Il progetto Semi di Pace di Confronti è un esercizio che ha il grande merito di mettere insieme mente e cuore”. 

Rivolta alle rappresentati delle due organizzazioni ha detto: “Mi sento di ringraziarvi come donna, come madre, come cittadina del mondo e come rappresentante di un governo europeo. E’ da voi che impariamo”, ha concluso.