Argentina. Amarezza e disperazione non fermano le chiese

Un’intervista a Nestor Miguez, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Argentina, sulla situazione del paese

Roma (NEV) 17 aprile 2019 – Presso la sede della Federazione delle chiese evangeliche in Argentina (FAIE), la Pastorale sociale evangelica (PSE) ha ricevuto numerosi referenti delle aree imprenditoriali, sindacali, cooperative, sociali e rurali riuniti nel gruppo di lavoro della Mesa de Diálogo por el Trabajo y la Vida Digna, per riflettere sul documento Una Patria fundada en la Solidaridad y el Trabajo nato dal dialogo e dall’accordo di questi settori preoccupati per la realtà sociale in Argentina, in particolare nei settori più vulnerabili.

L’Agenzia Nev ha intervistato Nestor Miguez, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Argentina, sulla situazione del paese e sul contenuto del documento.

Qual è attualmente la situazione in Argentina?

 Negli ultimi anni, sotto il governo neoliberale di Macri, la situazione economica e sociale in Argentina si è molto deteriorata; bisogna sottolineare però che negli ultimi mesi c’è stato un vero e proprio crollo di tutti gli indicatori economici e sociali. La povertà è cresciuta di 4 o 5 punti e così l’indigenza. Il 50% della popolazione infantile vive al di sotto della soglia di povertà. Il sistema di salute è al collasso: non si stanno più somministrando vaccini, le mense scolastiche e popolari non ricevono alimenti, non vengono distribuite medicine per gli anziani e il potere d’acquisto delle pensioni è crollato. Tutto questo è stato ancora più evidente da maggio dell’anno passato, a partire dal grave colpo rappresentato dalla svalutazione della nostra moneta. Si aggiunge una crisi molto grave nel potere giudiziario con accuse reciproche, con evidente costruzione di denunce con testimoni falsi, con la scoperta di una vasta rete di spionaggio politico e addirittura con estorsioni. Tutto ciò ha creato un clima sociale di amarezza e disperazione che si manifesta in alcuni settori con una sorta di rassegnazione, e in altri con la violenza.

Come nasce questo gruppo di lavoro e il documento Una Patria fundada en la Solidaridad y el Trabajo?

La situazione attuale ha generato una grande preoccupazione da parte delle organizzazioni della società civile. Un settore importante delle chiesa cattolica, orientato dalla pastorale sociale, ha preso contatti con differenti attori della società e ha proposto una serie di incontri con vari segmenti sociali colpiti dalla crisi. Il gruppo che presenta il documento si è formato nella cornice, e anche con l’influenza, della pastorale cattolica. Questo movimento ha poi cercato di coinvolgere parte delle chiese evangeliche. Come è noto le chiese evangeliche in Argentina sono attraversate da grandi differenze interne e ci sarà quindi una parte che accompagnerà questa preoccupazione e un’altra che continuerà ad appoggiare il governo perché ha legami con la destra economica locale o con i suoi padroni nordamericani. C’è anche da dire che il premio Nobel per la pace Adolfo Perez Esquivel ha elaborato un’agenda di temi che sono molti simili a quello che stiamo elaborando noi. Io, come presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Argentina, ho ricevuto entrambi i documenti con la richiesta di poter realizzare delle riunioni congiunte per discutere questi punti, cosa che faremo nelle prossime settimane.

Quali sono i punti centrali di questo documento?

Oltre a una serie di questioni legate all’economia e ai nodi sociali, il documento ha al suo interno un riferimento a una prassi congiunta attraverso una preghiera interreligiosa. L’asse centrale si focalizza sul recupero del lavoro e della solidarietà come articolatori sociali di fronte alla speculazione finanziaria e all’individualismo che propone il sistema. Nel dettaglio i punti qualificanti rivendicano il recupero dell’industria nazionale per fermare la valanga di importazioni che ha distrutto l’impresa tessile, farmaceutica e le produzioni che hanno una storia antica in Argentina, incluso il settore agricolo. Nell’ultimo mese è diventato difficilissimo trovare il latte dato che è stato dato il via a esportazioni di materie prime. È diventato un prodotto di lusso e i bambini che appartengono a famiglie meno abbienti hanno smesso di consumarlo: un litro di latte è diventato più caro di un litro di benzina.

Un altro dei punti che affrontiamo è quello dei programmi sociali diretti all’infanzia e alla terza età che sono stati abbandonati e che è necessario, invece, alimentare. Bisogna che l’economia sia al servizio delle persone e non il contrario. La società va aiutata e l’unico modo è fomentare un dibattito con tutti i settori sociali, sostituire il clima di avversità e sfiducia che si è generato con una ricerca di più ampi spazi di dialogo e incontro. Segnaliamo anche la situazione del settore educativo e di quello tecnologico. Sono stati abbandonati progetti di ricerca e ciò sta provocando una fuga di cervelli; negli ultimi decenni l’Argentina aveva fatto grandi passi in campo tecnologico, ad esempio con la costruzione di satelliti di comunicazione. L’attuale governo ha abbandonato questo settore arrivando ad affittare satelliti stranieri e smantellando programmi di ricerca.

Come vede il futuro?

Sono molto preoccupato. L’Argentina è attraversata da una grave crisi istituzionale: il potere giudiziario ha perso prestigio e il Parlamento è paralizzato: dall’inizio dell’anno non abbiamo avuto neanche una sessione di lavoro valida dato che la maggioranza fa sì che non ci sia il quorum necessario per lavorare. Tutto è focalizzato sulle elezioni di ottobre e il panorama è desolante. Ripeto, siamo preoccupati e non riusciamo a trovare strumenti per uscire da questa situazione.