Le ‘chiese santuario’ nell’era di Trump…ma anche di Obama e di Clinton

Una chiacchierata con Luciano Kovacs nominato a febbraio coordinatore per l’area europea e mediorientale della World Mission della Chiesa presbiteriana USA

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Roma (NEV), 16 settembre 2019 – Non è un caso che la Chiesa presbiteriana degli Stati Uniti (PCUSA) abbia scelto un europeo, valdese, con un passato di militanza politica nella Federazione giovanile evangelica in Italia (FGEI) e nel Movimento cristiano studenti (MCS), come coordinatore per l’area europea e mediorientale della World Mission.

La nomina di Luciano Kovacs, lo scorso febbraio, testimonia l’enorme interesse da parte della Chiesa presbiteriana USA su quanto sta accadendo in Italia e sul ruolo delle chiese metodiste e valdesi, in particolare sul tema corridoi umanitari italiani ed europei: “Come PCUSA dobbiamo però sempre fare attenzione a non essere ingerenti, facilitare i processi, sostenere i partner, che hanno sempre la prima parola sulla scelta dei progetti. Dobbiamo raggiungere obiettivi comuni che partono dalla nostra fede comune” ha detto Kovacs intervistato dall’Agenzia NEV, insieme a Riforma, durante il passato Sinodo delle chiese metodiste e valdesi.

Un tema, quello delle migrazioni, particolarmente caro alla Chiesa presbiteriana che si è spesso spesa sia a livello nazionale che locale con le proprie comunità nei paesi sulla frontiera.

Era un presbiteriano, John Fife della Chiesa presbiteriana di Southside a Tucson in Arizona, uno degli ideatori delle “chiese santuario”. Su di lui, e il legame tra presbiteriani e valdesi, lo stesso Kovacs racconta un aneddoto significativo: “la prima lettera di solidarietà ricevuta dal pastore John Fife, messo sotto processo dal governo degli Stati uniti per aver offerto rifugio a persone che fuggivano dall’America centrale, fu della sorella Chiesa valdese. E la Chiesa valdese inviò anche una delegazione per seguire il processo da cui sarebbe poi stato assolto”.

L’interesse della Chiesa valdese per questo movimento emerge anche da alcuni articoli che il settimanale La luce, antesignano di Riforma, dedicò nel 1986 al processo in cui Fife insieme ad altre 10 persone era stato imputato e nel quale viene raccontata la storia del “movimento dei santuari”.

Il movimento delle chiese santuario nacque agli inizi degli anni ’80 negli Stati Uniti per rispondere al dramma di chi fuggiva dalla violenza e dalla guerra dell’America Centrale, nella fase più acuta delle repressioni. Applicando alla lettera il concetto biblico di “santuario” si diede accoglienza a persone in fuga nei templi, luoghi sacri che nessuna autorità di polizia poteva violare.

“L’iniziativa delle ‘chiese santuario’ è tornata di grande attualità in questi ultimi anni – ha detto Kovacs -, in un contesto politico persecutorio nei confronti delle persone migranti. Oltre ad offrire un vero e proprio rifugio a persone a rischio di espulsione si forniscono anche assistenza materiale, spirituale, psicologica, legale…”

A testimonianza di un rifiorire di iniziative in questo senso, nel mese di agosto la Chiesa luterana degli Stati uniti (ELCA) si è proclamata chiesa santuario dando la disponibilità di ogni chiesa locale a sostenere e ospitare le famiglie migranti entrate nel Paese e a rischio di espulsione.

“Ricordiamo – dice ancora Kovacs – che si tratta di gocce nell’oceano, e con questo non voglio sminuire queste iniziative ma solo dare conto dei numeri. I criteri con cui le varie comunità vivono le loro ‘chiese santuario’ variano molto, così come le azioni messe in atto. Si rivolgono alle persone in procinto di essere espulse, spesso sono loro stesse che bussano alle porte delle comunità, e vengono accompagnate in tutto il percorso, anche di fronte alle autorità”.

Un importante aspetto di advocacy politica, come già accadeva negli anni Ottanta con Fife e coloro che si sono esposti fino a essere denunciati, è ancora presente in questo movimento: “si agisce intenzionalmente a livello pubblico – prosegue Kovacs – prendendo posizione e sottolineando che questo è il mandato che dà l’Evangelo, e che come cristiani non ci si può esimere dall’assumersi questa responsabilità. All’azione quindi si affianca anche un discorso teologico”.

L’impegno sulla frontiere è testimoniato da numerose iniziative, anche ecumeniche, di cui Kovacs riferisce: “culti da una parte all’altra del muro, momenti simbolici di scambi della Santa Cena. Molte comunità si attivano per testimoniare la loro fede sul posto e denunciare lo scandalo di questo muro che, dobbiamo sempre ricordare, fu iniziato da Bill Clinton, così come dobbiamo ricordare che l’amministrazione di Barak Obama ha espulso più persone di Donald Trump”, conclude.