Bolivia: “Inaccettabile l’attacco alla democrazia in nome di Dio”

Un gruppo di organizzazioni ha diramato una dichiarazione con cui condanna la strumentalizzazione dei simboli religiosi cristiani in tutta l’America latina

Roma (NEV), 13 novembre 2019 – L’Agenzia Ecumenica di Comunicazione (ALC), il Consiglio Nazionale delle Chiese cristiane del Brasile (CONIC), il Coordinamento del Servizio ecumenico (CESE), ACT Forum ecumenico del Brasile (FE-BRASILE), la Diaconia Luterana (FLD) e Koinonia (Presenza e servizio ecumenico) hanno diramato una dichiarazione in cui esprimono preoccupazione per la situazione in Bolivia e per la strumentalizzazione dei simboli religiosi cristiani in tutta l’America latina.

“In America Latina, stiamo assistendo alla strumentalizzazione del cristianesimo come mezzo attraverso il quale gruppi di ex oligarchie tornino negli spazi politici e attuino programmi autoritari e neoliberisti a danno del popolo. L’ingresso con la Bibbia nel Palazzo del Governo del gruppo che ha costretto Evo Morales a dimettersi stigmatizza il pericoloso legame tra la politica autoritaria e la strumentalizzazione della religione”.

In Bolivia dopo le forzate dimissioni dell’ex presidente Evo Morales, che adesso si trova in Messico dove ha ricevuto l’asilo, l’opposizione ha nominato la senatrice Jeanine Áñez presidente ad interim nonostante nella Camera e nel Senato non sia stata raggiunto il quorum necessario per procedere ad un’elezione per l’assenza dei parlamentari del Movimento al socialismo (MAS), maggioranza nei due rami del Parlamento.

“La Bolivia è un paese plurinazionale, formato da una popolazione indigena che mantiene la sua cultura e le sue tradizioni in modo vibrante – prosegue il testo -. La bandiera Whipala è uno dei simboli della plurinazionalità boliviana. Portare la Bibbia in Parlamento e usare violenza contro i poveri e la popolazione indigena, in nome del Dio cristiano, significa recuperare le pratiche colonialiste del passato. La differenza è che questa volta il colonialismo è neoliberista e il dio dietro al quale questa pratica si nasconde è quello del mercato, non il Dio amorevole e misericordioso che conosciamo nel Vangelo”.

Durante i disordini che stanno attraversando il paese la Whipala – la bandiera delle nazionalità indigene della Bolivia – è stata data alle fiamme e tolta dal Palazzo di governo e dalle uniformi degli agenti di polizia.

La femminista María Galindo, del collettivo Mujeres Creando, ha descritto, in un articolo pubblicato sul giornale argentino La Vaca ciò che ha vissuto nella notte del 10 novembre, in cui Evo Morales e Álvaro García Linera hanno presentato le loro dimissioni: “Entrare nel Palazzo del Governo con una Bibbia e una lettera in mano per inginocchiarsi davanti alle telecamere senza essere stati legittimati da un mandato popolare è un atto fascista e golpista. Dare alle fiamme le case dei membri del governo di Evo Morales è fascismo – continua-. Il revanchismo è sceso in piazza in cerca di sangue, in cerca di nemici”.

“Il Dio del Vangelo non attacca o viola le molteplici forme di spiritualità di un popolo – proseguono i firmatari della dichiarazione -. È un Dio che riconosce solo il linguaggio dell’amore. Come persone che desiderano mantenere una coerenza minima con la fede in Gesù Cristo, non possiamo accettare l’attacco alla democrazia e alla violenza in nome di Dio in Bolivia, in Brasile e in qualsiasi parte del mondo”.

“Chiediamo che l’ordine democratico, saldamente basato sulla laicità, sul plurinazionalismo che rispetta la diversità culturale e religiosa, ritorni in Bolivia. Al popolo boliviano, la nostra solidarietà. Possa la Whipala sventolare di nuovo” concludono le organizzazioni.