8 marzo, le protestanti. La parola di Christiane: “Consapevolezza”

In occasione e verso la "Festa della donna" pubblichiamo una serie di brevi interviste ad alcune donne protestanti. A loro abbiamo posto le stesse (8) domande, molto poco teologiche né particolarmente femministe, per raccontare chi sono e cosa pensano. Di genere, di diritti, e non solo.

foto di Priscilla Du Preez, da unsplash.com

Christiane Groeben, vice presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, luterana, storica della scienza, già archivista alla stazione zoologica di Napoli.

8 marzo: cosa rappresenta per te? Lo festeggi? Se sì come? Se no perché?

L’8 marzo non ha un significato particolare per me e perciò non lo “festeggio”. Riconosco le battaglie fatte, i diritti acquisiti e la persistenza di una mentalità maschilista; sono cose che so, ma che non ho mai vissute.

La donna che più ammiri. 

Maria, madre di Gesù, e Liliana Segre.

La suffragetta statunitense Elizabeth Cady Stanton, alla fine del secolo XIX, con altre attiviste scrisse The Woman’s Bible (La Bibbia della donna). Qual è il ruolo della donna, nella tua religione e comunità, dal tuo punto di vista, non solo teologico quanto soprattutto per quella che è la tua esperienza personale?

Per me la Bibbia è un documento storico, che va inteso nel suo contesto e parla di me e a me. Nella mia chiesa (luterana) e nella mia comunità non esiste o non vivo differenze di genere.

Ti sei mai sentita discriminata o sminuita in quanto donna?

Una sola volta, circa venti anni fa, quando con altre due donne appena elette/assunte nei loro incarichi siamo entrati in sala riunioni dove ci aspettavano colleghi che da anni avevano il monopolio di questi incarichi. Si avvertiva un muro di sfiducia.

Donne che stanno “un passo indietro”, aborto come frutto di “stili di vita incivili”: sono solo due degli ultimi episodi di sessismo che, al di là delle responsabilità di chi lo esplicita, esiste e permane nel racconto collettivo della società, sui media, nella narrazione dell’attualità. Che cosa ne pensi?

Il linguaggio esprime sempre concetti. Non dobbiamo smettere di puntare il dito su parole e opinioni basati su concetti discriminatori, dobbiamo creare consapevolezza del significato umiliante delle cose dette.

Un provvedimento, politico, legislativo, o culturale, che assumeresti per migliorare la condizione femminile in Italia o nel mondo, o a livello locale.

Più asili per dare alle mamme la possibilità di “realizzarsi”; una campagna rivolta agli uomini che la carriera non è tutto e neanche il potere, ma piuttosto lo è la responsabilità condivisa in famiglia, a casa. Secondo me si deve migliorare la condizione maschile.

Nel 2018 il movimento del #MeToo è stato nominato “persona dell’anno” dal Time. Nello stesso anno, si stima che 379 milioni di donne abbiano subito violenze fisiche e/o sessuali. È in atto un cambiamento?

Sì, un cambiamento è in atto, ma secondo me c’è troppo protagonismo e generalizzazione, che non servono a cambiare la mentalità umana.

Un messaggio per gli uomini. E uno per le donne. 

Agli uomini e alle donne: Dio ha creato due tipi di esseri umani: un uomo e una donna. L’uomo ha invece creato anche due tipi di diritti e doveri, uno maschile e uno femminile – e questo non va bene. Dobbiamo rimediare.