USA. Silenziare Trump, tutelando la libertà di parola?

Oggi si insedia il neo eletto presidente americano, Joe Biden. Il clima è ancora teso, a seguito dell’attacco al Campidoglio, mentre in rete dilagano discorsi d’odio e fake news. L’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana ha pubblicato una riflessione che riguarda l’equilibrio fra libertà di parola, responsabilità e partecipazione democratica.

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Roma (NEV), 20 gennaio 2021 – Dopo l’attacco al Campidoglio americano dello scorso ​​6 gennaio, Facebook e Twitter, seguite da altre piattaforme social, hanno sospeso e poi bandito gli account del presidente uscente Donald Trump. Per Twitter, la sospensione è stata giustificata dal “rischio di ulteriori incitamenti alla violenza”. I discorsi d’odio e le fake news continuano a dilagare in rete, dove si autoalimenta un sistema in cui chiunque è ormai, al tempo stesso, autore e fruitore, mittente e destinatario.

Alla vigilia dell’insediamento del neo eletto presidente Joe Biden, l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC) ha pubblicato una riflessione che riguarda l’equilibrio fra libertà di parola, responsabilità e partecipazione democratica.

“Molti hanno accolto con favore l’azione di oscuramento degli account di Trump – si legge nell’articolo –. Alcuni la attendevano da tempo. Altri hanno affermato che l’oscuramento costituisse una censura che si sarebbe ritorta contro. E molti altri si sono chiesti quali fossero le implicazioni a più ampio livello”.

Cosa bisognerebbe fare con altri leader mondiali che diffondono intenzionalmente una disinformazione dilagante? Che ne è della libertà di espressione? Queste sono le domande che la WACC si pone.

“Organizzazioni internazionali di fact checking – scrive ancora l’Associazione – hanno avuto reazioni contrastanti, ma Natália Leal, direttrice per i contenuti di Agência Lupa in Brasile, ha identificato il problema principale nella definizione di spazio pubblico e privato: ‘Facebook non dovrebbe essere visto come uno spazio pubblico, in quanto sviluppa e mantiene algoritmi che rispondono a suoi interessi commerciali e politici’”. La loro responsabilità, quindi, starebbe nello sviluppo di termini di servizio chiari e applicati in modo completo.

Twitter stesso, tuttavia, si vede come servizio di interesse pubblico, che “esiste per consentire al pubblico di ascoltare direttamente i funzionari eletti e i leader mondiali. Si basa sul principio che le persone hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero”.

Già in Europa,

i legislatori stanno chiedendo, scrive la WACC, “una risposta normativa più forte alla disinformazione, piuttosto che fare affidamento sulle piattaforme stesse per autoregolamentarsi. Cercano una regolamentazione coerente per tutti”. Ma la legislazione e l’applicazione delle norme possono richiedere mesi, se non anni.

Per altri, il problema è più grande, in quanto “radicato nello straordinario controllo sull’infrastruttura della comunicazione” da parte di Facebook e Google. Come afferma un articolo sul Guardian: “è il loro modello di dominio e di business a promuovere contenuti cospiratori, falsi e violenti fra milioni di persone”.

In altri paesi

si è dovuto fare i conti con la polarizzazione e la censura. Il 12 gennaio, denuncia la WACC, Facebook ha rimosso gli account collegati al governo ugandese, che ha bloccato Internet in vista delle elezioni presidenziali del 15 gennaio (che hanno visto la vittoria di Yoweri Museveni, alla guida del Paese dal 1986, contro il rapper Bobi Wine, ndr). “Mentre le piattaforme social possono tentare di censurare la disinformazione, potenzialmente volatile, da parte dei governi, i governi possono utilizzare la stessa strategia per reprimere il dissenso”.

Nel bel mezzo di questo dibattito, “la realtà è che coloro che fomentano attivamente la disinformazione e l’instabilità hanno strumenti per cambiare tattiche che consentono loro di adattarsi a qualsiasi piattaforma o cambiamento tecnologico, come documentato da Brookings – conclude la WACC –. È chiaro che il predominio delle piattaforme online nel plasmare il discorso pubblico deve essere affrontato a più livelli, al fine di attuare un vero cambiamento che protegga la partecipazione democratica e la responsabilità. Dobbiamo essere tutti attivi, come individui e organizzazioni, per preservare la libertà di espressione e l’intera gamma di diritti di comunicazione. Occorre assicurare la verità, garantire la responsabilità e la partecipazione democratica per tutti”.