Covid. Adolescenti e non solo. L’importanza di guardarsi negli occhi

La seconda parte dell’intervista alla direttrice del Centro diaconale La Noce di Palermo, Anna Ponente

Foto JC Gellidon - Unsplash (dettaglio)

Roma (NEV), 23 febbraio 2021 – Il Centro diaconale La Noce di Palermo non è solo scuola, ma anche servizi sociali e sanitari. La direttrice Anna Ponente ci parla dell’adolescenza e delle prospettive presenti e future della struttura, nel contesto storico e di territorio.

Ieri abbiamo parlato di bambini e bambine, dell’importanza di dare loro uno spazio di parola e di espressione. Un capitolo a sé è da dedicare all’adolescenza. Ragazzi e ragazze meritano attenzione, vicinanza e possibilità di fare, crescere, costruire. Ci può descrivere le attività e l’approccio dell’Istituto La Noce per questa fascia d’età?

In questo momento storico mi sembra importante sottolineare la preoccupazione per gli adolescenti. Presso il Centro diaconale La Noce, non ci occupiamo solo di scuola, ma anche di adolescenti, soprattutto grazie al Servizio educativo domiciliare. Attraverso il lavoro di questi operatori ed educatori, che si recano regolarmente a casa e quindi sono accanto a questi giovani e a questi ragazzi, abbiamo la possibilità di osservare in modo privilegiato ciò che accade all’interno delle famiglie. Possiamo essere di supporto, in particolar modo in quei contesti più poveri e periferici della città.

Dal vostro punto di osservazione, che si trova così vicino alle/ai giovani e alle loro famiglie, cosa potete raccontare?

Senza dubbio, questo è un momento di grande solitudine per gli adolescenti. Da poco è ricominciata l’attività didattica al 50%, metà a casa a distanza e metà in presenza. Per loro sicuramente è stato ed è un momento difficile, perché è venuta meno la dimensione del quotidiano. Stare in classe, scherzare, la vicinanza fisica… sono tutti elementi fondamentali. Così come gli aspetti relativi alla corporeità, alla relazione con l’altro e con l’altra. Sono elementi che richiedono una particolare attenzione. Il ruolo degli educatori in questo momento è cruciale. Anche per il fatto di poter aiutare a casa, per superare le difficoltà legate al collegamento a distanza, e a questa forma di apprendimento così distanziante.

Quali sono i vantaggi della didattica educativa domiciliare?

La presenza degli operatori domiciliari è fondamentale. Con la loro concretezza, con la loro presenza fisica, per almeno tre volte alla settimana accompagnano questi ragazzi nella vita quotidiana. Li aiutano, li sostengono, e probabilmente questo è anche un modo per prevenire la dispersione scolastica.

Sappiamo che la percentuale di dispersione scolastica è aumentata tantissimo. Sono molti i casi di abbandono, dovuti proprio all’attività di didattica a distanza.

Mi sembra che questo servizio di didattica educativa domiciliare, sempre più capillare nella città di Palermo, sia una risposta importante ai bisogni delle persone. È un servizio gestito anche dal Centro diaconale. Ma è una riposta che viene data, in questo caso, dal Comune di Palermo, attraverso i fondi del Programma operativo nazionale PON metro. Questa strategia è di grande supporto per il sistema scolastico e per le giovani generazioni.

Secondo lei è stata data la parola a sufficienza a tutti gli attori del sistema scolastico?

Siamo passati da uno stato di assoluta precarietà e insicurezza, attraverso tanti mesi di rodaggio. Adesso, quasi a marzo, abbiamo direi un’esperienza consolidata.  Abbiamo capito come muoverci. Abbiamo delle modalità e dei protocolli che funzionano. Per quanto ci riguarda, oserei dire che c’è una certa stabilità. È chiaro, però, che sto parlando esclusivamente di scuola d’infanzia e scuola primaria.

Come funziona il coordinamento fra educatori, istituzioni, famiglie? C’è qualcosa che si potrebbe fare meglio?

La pandemia rende impossibile i rapporti diretti, ma all’interno della scuola abbiamo promosso incontri online con i rappresentanti delle classi e di Istituto. Abbiamo aperto dei blog per far conoscere ai genitori le attività che vengono svolte nelle classi dei loro figli.

Ci sono anche i canali social, attraverso i quali cerchiamo di comunicare quanto più possibile. E poi ci sono quei momenti importantissimi, quei rituali all’ingresso e all’uscita scolastica, che sono diventati ancor più significativi. Sono i momenti in cui, sempre con le dovute precauzioni, rispettando la normativa, c’è la possibilità quantomeno di guardarsi negli occhi. La comunicazione con le famiglie è molto importante.

Che riscontri avete avuto riguardo al vostro lavoro?

Le famiglie che scelgono la scuola valdese sono la conferma di una fiducia che va assolutamente ricambiata. Abbiamo ricevuto diversi attestati di stima e riconoscimento per il nostro lavoro. Anche rispetto al modo in cui abbiamo applicato i protocolli necessari, con un certo rigore. Questi riconoscimenti ci hanno rassicurato sulle scelte fatte.

Cosa riserverà il futuro?

Aspettiamo, naturalmente, le vaccinazioni. In alcuni settori, abbiamo già iniziato. Per esempio in quelli sociosanitari. Ogni giorno viene vissuto con la gioia di poter lavorare in presenza. Vale per la scuola, ma vale per tutti. Mentre all’inizio eravamo molto concentrati su mascherine e disinfettanti, sulle nostre ansie e paure, adesso che certi modelli e comportamenti sono diventati più automatici la nostra mente può guardare oltre. Questa nuova fase ci restituisce quella normalità, quella dimensione della vita lavorativa quotidiana, fatta di relazioni e scambi. E modelli si sono consolidati a tal punto da consentirci una maggiore serenità.


La prima parte dell’intervista ad Anna Ponente, con un focus sulla scuola dell’infanzia e della scuola primaria, è disponibile a questo link.