Hiroshima e Nagasaki. “Altre strade avrebbero potuto essere percorse”

Teresa Isenburg, della Commissione globalizzazione e ambiente della Federazione chiese evangeliche in Italia, interviene nella ricorrenza dell’orrore atomico del 1945, descrivendo il 6 e il 9 agosto come “date assolute”. Bisogna “incalzare chi detiene il potere politico nel nostro paese a sottoscrivere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari”. Entrato in vigore il 22 gennaio 2021, il Trattato non è ancora stato firmato dall’Italia

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Roma (NEV), 4 agosto 2021 – Riceviamo a pubblichiamo il testo scritto da Teresa Isenburg per la Commissione globalizzazione e ambiente (GLAM) della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI).

Isenburg interviene nella ricorrenza dell’orrore atomico del 1945. Dopo una ricognizione storica sui fatti, il testo invita a “incalzare chi detiene il potere politico nel nostro paese a sottoscrivere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari”. Entrato in vigore il 22 gennaio 2021, il Trattato non è ancora stato firmato dall’Italia.

6 agosto e 9 agosto

Queste due effemeridi si riferiscono all’anno 1945, ma in realtà sono date assolute.
In quel 1945 alle h. 8.15 un ordigno dell’aeronautica militare statunitense denominato Little Boy esplodeva a 580 metri dal suolo e annientava in un tempo immediato fra 100.000 e 200.000 uomini e donne, insieme all’intera città di Hiroshima in Giappone. Era la prima bomba in cui l’energia nucleare veniva utilizzata fuori dai confini di un laboratorio. Dopo il lampo della deflagrazione e il fungo di fuoco dell’esplosione il paesaggio era un monte di macerie attorcigliate e annerite o calcinate, i morti in gran parte non si poterono più ritrovare, annullati dal calore. Iniziava l’inferno dei sopravvissuti martoriati dagli effetti a breve e lunga scadenza delle radiazioni. La bomba era stata applicata in vivo senza avere una cognizione di quali conseguenze essa produceva. Uno sgomento, ancora una volta una punizione sulla popolazione civile colpevole solo di essere cittadino e cittadina di un paese in cui il potere era stato accapparrato da forze guerrafondaie, autoritarie, antisociali. Tutta la Seconda Guerra Mondiale vede i civili puniti in massa senza colpa per motivi di razza, di idea politica e ideale, di orientamento sessuale, di imperfezione fisica. Ma lo scenario al di là dell’immaginabile non impedì che il 9 agosto una seconda bomba, a cui venne dato il nome di Fat Man, venisse sganciata su un’altra città giapponese, Nagasaki, con effetti simili.

Perché questa barbarie contro un nemico, il Giappone, ormai militarmente indebolito? Risposte non facili, ma certamente qualche cosa si può indicare. Un desiderio di vendetta da parte degli Usa per l’attacco di Pearl Harbour di domenica 7 dicembre 1941, in cui la flotta del Pacifico statunitense venne affondata dal Giappone senza dichiarazione di guerra. Certamente un desiderio di mostrare la propria potenza agli alleati, in particolare all’URSS, che in base agli accordi di Yalta era impegnata ad aprire un fronte orientale tre mesi dopo la chiusura del fronte occidentale avvenuta con la resa tedesca l’8 e il 9 maggio 1945. L’attacco atomico avvenne in modo unilaterale, senza previamente informare gli alleati ed in particolare l’URSS che l’8 agosto dichiarò guerra al Giappone e iniziò le operazioni nel Manchukuo. L’impero giapponese firmerà la resa il 2 settembre 1945.

Perché ritornare a questi lontani fatti storici? Guardando indietro con gli occhi di oggi, sembra che quella disumana devastazione contro esseri inermi sia avvenuta in base a motivi non proporzionali, altre strade avrebbero potuto essere percorse per porre fine al conflitto mondiale anche nel suo teatro orientale.

Ed è per questo che 6 e 9 agosto sono date assolute che ci impongono di avere piena consapevolezza che il mondo è pieno di bombe atomiche e che chi detiene il potere in diverse realtà può essere tentato per motivi futili, non proporzionali alle conseguenze, per ambizione e per prepotenza, di usare di nuovo quegli ordigni non degni degli esseri umani. E l’Italia è piena di bombe atomiche (che peraltro neanche controlla), stoccate a Ghedi e altrove.

In questi 6 e 9 agosto 2021 cittadini e cittadine desiderosi di vivere nella pace, di coltivare la cultura e l’educazione, rispettando e ricostruendo i quadri ambientali, assicurando cure sanitarie adeguate a tutti hanno il compito di incalzare chi detiene il potere politico nel nostro paese a sottoscrivere il Trattato per la proibizione delle armi nucleari (TPAN, in inglese TPNW – Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons) che è entrato in vigore il 22 gennaio 2021, ma che l’Italia continua a non avere firmato. Un Trattato nato dallo sforzo di molti che con fermezza hanno imposto questo strumento di civiltà nelle sedi internazionali per avviare un cammino di civiltà e di ripudio dell’orrore nucleare.