Roma (NEV), 13 dicembre 2021- Riproponiamo l’intervento del pastore Luca Maria Negro andato in onda domenica 12 dicembre durante il “Culto evangelico“, trasmissione a cura della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI) nella rubrica “In cammino verso l’unità”.
Nei giorni scorsi è stata data la notizia della morte di don Aldo Giordano. Nato il 20 agosto 1954 a Cuneo e ordinato sacerdote nel 1979, monsignor Giordano era stato eletto il 15 maggio 1995 segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Nel 2008, poi, era divenuto osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa di Strasburgo e nel 2013 era stato nominato nunzio apostolico in Venezuela, nello stesso anno in cui era stato anche consacrato vescovo, con sede titolare di Tamada e dignità di arcivescovo. Lo scorso 8 maggio, infine, papa Francesco lo aveva nominato nunzio apostolico presso l’Unione Europea. La morte lo ha colto il 2 dicembre scorso, a Lovanio, in Belgio. A provocarla, il Covid-19.
In quest’anno 2021 abbiamo celebrato i vent’anni della Charta Oecumenica, il breve documento che fissa le linee guida per la crescita della collaborazione tra le chiese in Europa. Un best-seller ecumenico che è in gran parte ancora attuale, ma che proprio pochi giorni fa ha perso uno dei suoi “padri” – mentre molti di noi che siamo impegnati nel movimento ecumenico abbiamo perso un amico e un fratello. Mi riferisco a monsignor Aldo Giordano, arcivescovo cattolico e rappresentante della Santa Sede presso l’Unione Europea, mancato di Covid-19 il 2 dicembre a Bruxelles.
La morte di don Aldo è una perdita grave per chi ha a cuore le sorti dell’ecumenismo in Europa. Giordano era tornato da poco nel vecchio continente, dopo otto anni come nunzio apostolico in Venezuela. Prima d’allora era stato osservatore della Santa Sede al Consiglio d’Europa, a Strasburgo, ma soprattutto, per tredici anni (1995-2007), segretario generale del Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee), l’organismo cattolico che, insieme alla Conferenza delle chiese europee (Kek, che riunisce protestanti, anglicani e ortodossi), ha promosso le tre grandi Assemblee ecumeniche europee: quella di Basilea (Svizzera) del 1989, di Graz (Austria) del 1997 e di Sibiu (Romania) del 2007.
Giordano si era impegnato direttamente nell’organizzazione delle ultime due, e uno dei frutti di questo lavoro era stato proprio la Charta Oecumenica, sottoscritta a Strasburgo a Pasqua del 2001. Non solo partecipò alla stesura della Charta, ma fu uno dei suoi più strenui sostenitori, presentandola e promuovendola instancabilmente in decine e decine di incontri in ogni paese europeo, Italia compresa. Don Aldo amava dire che la Charta Oecumenica non è soltanto un documento, ma un processo e un sogno. E voglio ricordarlo con queste sue parole, scritte due anni dopo l’incontro ecumenico di Strasburgo: «Un metropolita ortodosso all’uscita dalla chiesa Saint-Thomas di Strasburgo dopo la firma della Charta Oecumenica mi ha detto: “Il cielo nuvoloso di questi giorni si è aperto per uno squarcio di azzurro su di noi: è un segno che Dio benedice ciò che abbiamo realizzato!”. Percorrendo le strade dell’Europa si ha spesso l’impressione che il cielo sia chiuso o manchi aria fresca da respirare. La Charta Oecumenica è un testo, un processo ma anche un sogno: contribuire a riaprire il cielo azzurro sull’Europa e le sue chiese… a far riscoprire ai cristiani dei nostri paesi la vocazione e la responsabilità per la riconciliazione».
Ecco: il Covid-19 ha purtroppo posto fine alla vita terrena di don Aldo, ma non ha potuto spezzare il suo sogno, perché esso è anche il nostro sogno, quello di tutte e tutti coloro che, per riprendere le parole conclusive della Charta, credono fermamente che «Gesù Cristo, Signore della chiesa “una”, è la nostra più grande speranza di riconciliazione e di pace. Nel suo nome vogliamo proseguire il nostro cammino insieme».
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