Roma (NEV), 3 febbraio 2023 – Due funzionari delle Nazioni Unite a colloquio con i talebani. Si tratta del sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, Martin Griffiths, recentemente tornato dall’Afghanistan. E, prima di lui, della Vice segretaria generale ONU Amina Mohammed. Donna, musulmana, britannico-nigeriana, la sua presenza ha sottolineato il crescente allarme delle Nazioni Unite per una serie di editti talebani che minacciano di “cancellare le donne dalla vita pubblica”.
Nella conferenza stampa dello scorso 25 gennaio, Amina Mohammed ha parlato, fra l’altro, della proposta che le Nazioni Unite, insieme all’Organizzazione per la cooperazione islamica (OIC) con i suoi 57 Stati membro, convochino insieme ad altri paesi “una conferenza internazionale, entro marzo, sulle donne nel mondo musulmano, certo in Afghanistan, ma anche nell’intera regione”.
L’analisi di Lyse Doucet sulla bbc parla tuttavia di “risposte incoraggianti” da parte di ministri talebani, durante i colloqui a Kabul. Anche se l’editto del mese scorso che vieta alle donne afghane di lavorare per le ONG non è stato annullato. Le donne afghane svolgono un ruolo cruciale nella fornitura di aiuti. Il divieto è particolarmente grave nel settore educativo e sanitario.
L’Afghanistan sta peraltro affrontando la siccità, l’ondata di freddo (con 166 morti e temperature che hanno toccato i -33 gradi), il declino economico e gli impatti di quattro decenni di conflitto, con 28 milioni di persone che hanno bisogno di aiuto e 6 milioni sull’orlo della carestia (Reuters).
Griffiths ha parlato di “un potenziale colpo mortale” per molti importanti programmi umanitari, con conseguenze disastrose, a causa del divieto dei talebani alle donne che lavorano nel settore umanitario.
In #Afghanistan, humanitarians are committed to delivering aid with women staff across all sectors. Effective programming requires women.
28 million people need humanitarian assistance, so it is imperative that exceptions permitting women to work continue to be expanded. pic.twitter.com/YIxd64b0pK
— Martin Griffiths (@UNReliefChief) February 1, 2023
A metà gennaio, in una lettera aperta ai rappresentanti delle Nazioni Unite e dell’Organizzazione della cooperazione islamica (inviata proprio in vista delle riunioni dei funzionari con le autorità de facto dell’Afghanistan), 150 persone e organizzazioni hanno sollevato diverse domande sulla risposta internazionale ai recenti editti che vietano alle donne di frequentare l’istruzione superiore e al personale femminile di lavorare con ONG umanitarie nazionali e internazionali. L’iniziativa è partita da Religions for Peace e The Interfaith Center di New York. Tra i firmatari, anche l’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (WACC). Tali editti, scrivono i promotori dell’iniziativa, colpiscono i diritti umani di tutta la popolazione afghana. E ricordano come queste azioni abbiano gravi implicazioni per il resto del mondo.
Il Segretario generale WACC Philip Lee ha sottolineato gli effetti del divieto per le donne di studiare all’università sui loro diritti di comunicazione: “L’istruzione superiore per tutti è uno dei pilastri della democrazia. Comprende la formazione professionale in campi come il giornalismo, i cui professionisti in molti paesi rischiano la vita quando affrontano questioni come la corruzione e l’oppressione”.
Già ad agosto 2021, la WACC aveva sottolineato che negare alle donne afghane il loro diritto alla libertà di espressione attraverso i media avrebbe avuto conseguenze disastrose per la società democratica nel suo complesso, e per le donne e le ragazze in particolare, lanciando una campagna di raccolta fondi per sostenere le giornaliste afghane.
Nel settembre 2021, la WACC ha inoltre riportato i dati del Global Media Monitoring Project (GMMP) mostrando che “non solo le giornaliste [afghane] erano responsabili della creazione di spazi di ascolto per le donne e le ragazze, ma hanno anche aumentato la qualità dei contenuti delle notizie afghane dal punto di vista del genere”.
La lettera aperta fa appello alla responsabilità della leadership delle Nazioni Unite e dell’OIC “per affrontare il disprezzo dei talebani per i diritti umani, compresi i diritti di comunicazione, con conseguenze devastanti per le donne e le ragazze afghane”, scrive la WACC. Conclude Lee: “In Afghanistan sotto l’attuale regime le donne sono doppiamente a rischio. La WACC sostiene qualsiasi sforzo per garantire una comprensione più ampia e giusta del ruolo delle donne nella società e del contributo inestimabile che danno alla società”.