Roma, le nuove luci del Tempio valdese di piazza Cavour

Venerdì scorso la cerimonia di inaugurazione del progetto, in occasione delle “Giornate del patrimonio culturale metodista e valdese”.

Foto @ Acea Gruppo

Roma (NEV), 13 marzo 2023 – Nuove luci per il tempio valdese della Capitale. Acea Gruppo ha infatti rinnovato l’illuminazione della Chiesa Valdese Piazza Cavour – Roma. Venerdì scorso l’inaugurazione, alla presenza di istituzioni e rappresentanti della comunità protestante.

Il progetto, come si legge sui social del Gruppo, “realizzato con tecnologia a led attraverso l’installazione di 17 nuovi proiettori a basso consumo energetico, esalta la bellezza dell’edificio, parte del patrimonio architettonico di Roma. Un altro intervento che testimonia il nostro impegno nel valorizzare i siti storici del territorio dove operiamo”.
All’inaugurazione hanno partecipato, tra gli altri, Daniele Garrone, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, e la Moderatora della Tavola Valdese, Alessandra Trotta.
Qui di seguito l’intervento di Garrone:

“Che cosa c’è dietro questa chiesa che si affaccia su piazza Cavour, uno dei simboli dell’Italia liberale, e che ora viene messa in evidenza dall’illuminazione monumentale messa a disposizione dall’ACEA? Cercherò di lumeggiare brevemente il “dietro” della storia che ha visto nella costruzione della chiesa un approdo fondamentale e il dintorno” del compound, del complesso protestante in una delle aree di sviluppo di Roma capitale.

Dietro a questa facciata che esprime anche la consapevolezza di far parte di un’epoca nuova e a lungo attesa– che non a caso si richiamava anche ai “Lumi” – l’orgoglio di appartenervi e la volontà di esserne attori, ci sono innanzitutto i secoli di clandestinità e di forzata dissimulazione per i valdesi. La fede vissuta di notte, al buio: questo fu il destino dei “poveri” nel medio evo. Le cose più importanti per la propria identità vissute nell’ombra, gli incontri clandestini organizzati al riparo della notte. La visibilità, che oggi è uno dei criteri della comunicazione e uno degli indici del successo, comportava allora l’incorrere nella repressione. Si poteva essere se stessi soltanto nell’ombra. Lo ricordo non per suscitare compatimento per i nostri avi, o per farci belli con le sofferenze altrui, ma perché questa è ancora la cruda realtà in molte parti del mondo.

Con l’adesione alla Riforma del XVI secolo, la postura dei discendenti ed eredi dei  poveri mutò: la Riforma li convinse che dovevano farsi vedere, dovevano uscire allo scoperto, la Parola che testimoniavano – lux lucet in tenebris – doveva essere portata alla luce del sole. Fu così che i valdesi di Calabria si palesarono. Valse però anche per loro la parola del filosofo dell’Antico Testamento, “niente di nuovo sotto il sole” … Usciti alla luce, si abbatté su di loro una crudele repressione, fatta di uccisioni, carcere e schiavizzazione come rematori sul Mediterraneo. Forse non è un caso che oggi ci interessiamo dei barconi di disperati che attraversano il Mediterraneo. Il loro pastore, Giovan Luigi Pascale, fu processato a Roma. La luce accesa fu quella delle fiamme del suo rogo (1560), dopo lo strangolamento. Questa la fine che condivise con decine e decine di altri, prima e dopo di lui, compreso il cardinale Pietro Carnesecchi (1567), che però prima fu decapitato.

Anche qui, ricordo queste pagine tragiche non per suscitare commiserazione. Ancora oggi il coming out, la libera espressione delle proprie idee, la libera attuazione delle proprie scelte si possono pagare con la vita, è tutto sotto i nostri occhi, Iran Afghanistan ecc. e ancora oggi l’oscurantismo ha anche sostenitori e argomenti religiosi … Non è ancora giunta dappertutto l’illuminazione capace di sconfiggere quell’oscurità e in troppi luoghi le tenebre sembrano inviolabili.

E’ solo dopo la breccia di Porta Pia che i valdesi, gli ebrei usciti finalmente dal ghetto, gli altri evangelici che immediatamente raggiungono quella che è ormai la capitale del Regno unito per il quale non pochi di loro hanno militato, possono finalmente contare su una visibilità incolume. Non solo incolume, ma orgogliosa e intraprendente. Il primo tempio valdese si apre a via IV Novembre nel 1883; nel 1895 un enorme complesso metodista episcopale viene inaugurato a via XX Settembre. Di fronte all’isola tiberina, abbattuto il vecchio ghetto, sorge nel 1904 una enorme sinagoga che a ben guardare ha la stessa postura urbana di questa nostra chiesa: ci siamo, possiamo essere visti e ci dovete vedere … è l’inizio di un cammino che porterà Roma a diventare il crocevia di religioni che è oggi.

Torniamo a noi. Siamo su una piazza, con due torri che non possono sfuggire allo sguardo. Non è soltanto una felice collocazione urbanistica; ancora nel 1883 la chiesa di via IV Novembre doveva essere dissimulata nelle fattezze di una palazzo borghese. E’ una metafora; è la collocazione di chi vuole essere una componente del discorso che si svolge sulla agorà. Pochi, ma presenti e vocal, come direbbero in America, estroversi. La volontà di essere una voce nel dibattito pubblico si è rafforzata con la Repubblica, da quando cioè l’agorà  è il teatro di una democrazia parlamentare costituzionale, dove cresce una democrazia discorsiva. Qui vogliamo portare avanti un discorso che non è solo fatto di idee, ma anche di impegno sociale.

Costruito l’edificio, si cominciò subito con attività sociali, ad esempio a favore dei militari delle numerose caserme circonvicine, con servizi medici e offrendo spazi per utilizzare le libere uscite anche per la lettura e la formazione … Oggi mutano le forme di quella azione, ma non viene meno la vocazione a fare, insieme ad altri, la nostra parte.

Intorno alla chiesa, gli altri elementi del complesso. Nell’autunno 1922 – la coincidenza con la marcia su Roma è puramente casuale e ce ne scusiamo con gli uditori – viene inaugurata la sede della Facoltà di teologia (fondata a Torre Pellice nel 1855, trasferita a Firenze capitale nel 1861e poi da qui a Roma dove è tuttora), che oggi forma i pastori e le pastore in particolare delle chiese metodiste, valdesi e battiste, ma non solo, e che svolge una attività ecumenica di formazione teologica culturale con la didattica a distanza. Essa ospita una biblioteca in continua crescita, oggi oltre 110.000 volumi, che è un centro di eccellenza per la ricerca sul protestantesimo a livello accademico. La libreria, che è stata per decenni non soltanto un tramite di accesso alla cultura protestante, ma – intorno al Prof. Subilia, un cenacolo di interlocuzione intellettuale. I cittadini romani conoscono soprattutto le due grandi sale – Aula Magna della Facoltà e sala dia via Marianna Dionigi 59 – come sedi di concerti, di dibattiti – anche su questioni controverse, come divorzio, aborto, “fine vita” ecc. – di convegni e conferenze. Ma anche di funerali laici …Tutto non solo alla luce del sole, ma ora illuminato anche quando è buio. Grazie a chi ha provvisto l’illuminazione monumentale. Mentre concludo queste brevi riflessioni legate alla luce, non posso non condividere un’immagine, anzi una realtà, del tutto opposta. Ho di recente visitato l’ostello sociale per braccianti che la nostra Federazione delle chiese evangeliche in Italia ha aperto a San Ferdinando, nella piana di Gioia Tauro. Dopo il tramonto, abbiamo costeggiato i cosiddetti campi – baraccopoli e tendopoli – costruiti con danaro pubblico, dove vivono in condizioni orripilanti quelli che raccolgono con lavoro nero le arance che vanno alla grande distribuzione e che noi compriamo nei supermercati. Le strade che vi adducono sono piene di moderni lampioni, che però sono sempre spenti, perché l’illuminazione ostacola i traffici della criminalità organizzata. Quelle strade sempre al buio percorrono in bicicletta i lavoratori, neri. Anche in questo, sono gli “invisibili” di oggi. Ogni tanto qualcuno viene investito. Siamo lì anche per fornire loro giubbotti catarifrangenti e catarifrangenti per evidenziare i loro bicicli. Questo non elimina però la carenza più grave, quella dell’illuminazione pubblica che, a bene guardare, è la luce della Repubblica. Noi ne godiamo, qui. E voi l’avete intensificata. Ma la Repubblica non finisce a Piazza Cavour, continua fin a Marsala e a Lampedusa. Anche questo sentiamo di dover dire a piazza Cavour, cioè nell’agorà della Repubblica”.