Trieste, appello a Mattarella: ripristinare l’umanità

Oggi una conferenza stampa della società civile, alla quale ha partecipato anche il pastore Peter Ciaccio, per denunciare le "inumane condizioni di vita alle quali sono costretti tanti migranti, arrivati prevalentemente dalla rotta balcanica, ammassati, al freddo, nel fango, tra i ratti, nel silos all’inizio del Porto Vecchio". E di quanto si sta muovendo dentro ed attorno al silos - e a quello che rappresenta - ci racconta Giulio Zeriali, operatore della Diaconia valdese.

Foto di Francesco Cibati

Roma (NEV), 6 marzo 2024 – Un appello rivolto al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, perché risolva o aiuti a risolvere la “scandalosa situazione in cui sono costretti a vivere i richiedenti asilo al Silos di Trieste”.

L’iniziativa è stata presentata questa mattina al Circolo della Stampa di Trieste e ha il sostegno, tra le altre realtà della società civile, delle chiese protestanti. “L’appello al Presidente della Repubblica non è un atto contro la politica – ha dichiarato nella conferenza stampa di questa mattina Peter Ciaccio, pastore della chiesa valdese di Trieste e membro del Consiglio della Federazione delle chiese evangeliche in Italia – ma a sostegno della politica, il cui compito è affrontare la realtà e governarla. La situazione del Silos di Trieste è indegna della civiltà dei diritti e delle responsabilità che abbiamo ereditato e di cui godiamo in quanto cittadini di Trieste e d’Italia. Affrontare la realtà e governarla: poi i nostri rappresentanti discuteranno e litigheranno su come governarla, ma non è accettabile la negazione della realtà di sofferenza e abbandono in cui vivono queste persone. Occorre ripristinare l’umanità”.

L’appello – al quale è possibile aderire firmando qui la petizione – è stato annunciato, come detto, questa mattina in una conferenza stampa dai promotori, Franco Belci, Gianfranco Carbone e Mauro Gialuz, con la partecipazione di associazioni laiche e religiose, professionisti, privati cittadini ed esponenti politici. Mattarella sarà a Trieste in aprile, quando riceverà la laurea honoris causa dell’Università di Trieste insieme con l’ex presidente sloveno Borut Pahor.

C’è vita dentro al silos

Foto di Andrea Vivoda

Intanto, nel silos, continuano a vivere decine di persone, ma non manca la solidarietà dei e delle cittadine. A Trieste è presente anche la Diaconia valdese con il suo progetto di accoglienza e sostegno ai migranti lungo le frontiere “Open Europe”, attivo anche a Oulx e Ventimiglia, finanziato in larga parte dall’Otto per mille valdese. Giulio Zeriali è l’operatore della Diaconia che lavora a Trieste e conosce il silos da anni.

“Almeno dal 2014 – racconta – a fasi alterne, fino all’estate scorsa, quando è stato raggiunto un picco con oltre cinquecento persone presenti. In questi giorni sono circa un centinaio, attualmente tante persone arrivano dal Bangladesh, molte sono famiglie in transito, di origine afghana, curda, siriana…”. Vivono in mezzo ai rifiuti, ai topi, in condizioni non dignitose. “Una vera crisi umanitaria della quale chiediamo alle istituzioni locali di farsi carico”.

Il sindaco di Trieste Roberto Dipiazza anche stamattina ha liquidato la questione:  “bisogna realizzare un hotspot in Friuli, lo dico da 20 anni, la Venezia Giulia non ha territorio per farlo mentre in Friuli ci sono 160 caserme vuote” ha detto all’Ansa a margine di un evento. “Stiamo facendo l’impossibile, a Trieste ci occupiamo di 300 minori stranieri e 200 persone senza fissa dimora. Dopo c’è anche il silos. Potrei parlare di Bologna, di Milano, di Torino, non avete idea di che cosa c’è là ma si parla solo di silos”.

Foto di Andrea Vivoda

Ma se le istituzioni ancora non hanno trovato mezzi o risposte, è la società civile a sopperire, come può, e si è creata una vasta rete di associazioni, chiese, volontariato. Tra queste anche Linea d’ombra, che si occupa di fornire assistenza a uomini e donne che percorrono la rotta balcanica.

Le persone che abitano, per qualche ora o per qualche giorno, quel luogo fatiscente vicino alla stazione della città della bora non sono mai sole. Tanto che sabato scorso, 2 marzo, al silos, c’è stata addirittura una grande festa, come raccontano le foto di Melting Pot Europa. “Partecipata, bellissima”, aggiunge Zeriali.

Cosa si dovrebbe fare? “La Prefettura dovrebbe organizzare dei trasferimenti serrati verso altre regioni – conclude Zeriali – e basterebbe allestire un dormitorio di cento posti. La parola chiave è dignità”.


Il testo della lettera a Mattarella:

[… ] “Siamo tra coloro che ricordano ancora con emozione la vostra stretta di mano davanti al monumento della foiba di Basovizza e al cippo, poco lontano, con cui si ricordano quattro giovani antifascisti di lingua slovena uccisi dal regime. Un segno di pacificazione fondamentale per la storia della città.

Nel plaudire all’iniziativa dell’Università, ci permettiamo di attirare la Sua attenzione su una situazione da tempo evidenziata dalla stampa e dai media locali e nazionali, e, in  città, da moltissime associazioni laiche e religiose, dal vescovo di Trieste.

Ci riferiamo alle inumane condizioni di vita alle quali sono costretti tanti migranti, arrivati prevalentemente dalla rotta balcanica, ammassati, al freddo, nel fango, tra i ratti, nel cosiddetto “Silos”, all’inizio del Porto Vecchio. In molti, associazioni e singoli, si sono adoperati e si adoperano per alleviare le sofferenze di chi è costretto a vivere nell’edificio fatiscente. Ma, ovviamente, ciò non è sufficiente.

Riteniamo perciò che vada superato l’immobilismo delle istituzioni cittadine, regionali e statali e che vada trovata una soluzione volta ad evitare, che chi ha avuto la sfortuna di nascere in Regioni afflitte da fame, guerre persecuzioni, sconti una doppia condanna”.


Per approfondire: La Repubblica, longform “Ultima fermata Trieste”, a cura di Carlo Bonini, articolo di Alessia Candito

 

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