Lo sguardo di Scicli: per una ragnatela dell’accoglienza

Staff: Osvaldo Costantini, Giovanna Scifo, Piero Tasca, Concetta Morana, Redouane el Khaddiri, Erica Asta, Mauro Covato

Scicli, Ragusa (NEV), 24 giugno 2015 – La Casa delle Culture di Mediterranean Hope celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato. La celebra al suo modo, invitando tutte le associazioni presenti sul territorio, tutti gli attori in campo del vasto macchinario dell’accoglienza. Lo scopo della giornata è quello di confrontarsi sulle reciproche esperienze, di fare rete, anzitutto attraverso una riflessione comune sui percorsi, le opportunità e le difficoltà di ogni singolo e gruppo. L’adesione è piuttosto cospicua e gli ospiti occupano tutte le sedie preparate per il momento di confronto previsto nel pomeriggio: l’equipe locale di Terre des Hommes, quella di Medici Senza Frontiere, Libera, ANPPIA, Borderline, operatori di altre comunità, SPRAR del territorio, e, soprattutto, tanti singoli cittadini, di Scicli e non, ad ascoltare, discutere, testimoniare.

Con il pretesto di una serie di fili di lana colorata che dovrebbero costruire una ragnatela, una rete, ognuno racconta la sua esperienza e lo fa a partire dal proprio punto di vista, restituendo i vari aspetti di un tema complesso. Si va dal racconto personale e toccante del presidente della
locale chiesa metodista, alle riflessioni di psicologi ed antropologi, passando per poesie e testimonianze di chi l’esperienza della migrazione, quella italiana, l’ha vissuta sulla propria pelle o in famiglia. Nonostante la non omogeneità dei punti di partenza, il tema sotteso è quello dell’accoglienza. “È possibile accogliere?” sembra domandarsi implicitamente ogni singolo partecipante. Rispetto alle improvvisazioni non professionali ed ai ripetuti episodi di lucro, da Mafia capitale a Mineo, “un’altra accoglienza è possibile?” ci si sarebbe chiesti con una formula di moda un decennio fa. La discussione sembra affermare la necessità innanzitutto di ripensare l’accoglienza e, con essa, ripensare interamente le modalità con le quali ci avviciniamo al fenomeno (non al problema) immigrazione. Si palesa la necessità di un diverso approccio all’altro che necessita, in prima istanza, di una decostruzione dell’immaginario sull’immigrato: né nemico né vittima da aiutare, ma persona, soggetto portatore di una propria storia, di una propria vicenda personale, e, soprattutto, detentore di diritti.

Il punto condiviso è, infatti, il bisogno di creare una rete di condivisione delle proprie esperienze e delle diverse professionalità, per evitare il rischio di una eccessiva improvvisazione nel lavoro dell’accoglienza. Così come è necessario essere legati sul territorio affinchè si possa quantomeno contrastare la logica dell’emergenza alla quale il sistema dell’accoglienza italiano sembra perennemente condannato. Con la consapevolezza, ovviamente, che qualunque rete può fornire “buone pratiche”, può costruire un insieme integrato di servizi, ma non può ovviare alla mancanza di politiche sociali e riforme strutturali delle modalità con le quali è gestito e regolato il fenomeno in Italia.

La serata termina con una cena comune e un concerto di percussioni. La riflessione diventa passione ed ognuno si scatena nella danza e nella festa. Da questa giornata, lo staff di MHScicli vuole condurre questa riflessione, pubblicando periodicamente in questa sede degli esempi di ciò che intendiamo con i termini, eccessivamente polisemici per essere oramai presi troppo sul serio, di “accoglienza” ed “integrazione”. Intendiamo farlo con delle storie e delle riflessioni che partono dal nostro lavoro, dalle nostre esperienze, dai nostri sbagli e dalle nostre incertezze.