“No” alle nuove schiavitù. L’appello di Justin Welby e Bartolomeo I

In un appello rivolto alle chiese, alle altre comunità di fede e ai governanti i due leader religiosi chiedono l’incondizionato rispetto della dignità umana

Roma (NEV), 10 febbraio 2017 – Dallo sfruttamento sul lavoro alla prostituzione, dal traffico di esseri umani e di organi, fino alla servitù domestica: lo scorso 7 febbraio a Istanbul Justin Welby, arcivescovo di Canterbury, e Bartolomeo I, Patriarca ecumenico di Costantinopoli, hanno detto “no” alle nuove schiavitù “in tutte le loro forme”.

Alla vigilia della Giornata internazionale contro il traffico di esseri umani, con una dichiarazione congiunta hanno riaffermato la necessità di proteggere sempre la dignità umana, di vitale importanza non solo per le chiese, ma in generale per le comunità religiose e per quelle a difesa dei diritti umani in tutto il mondo. Lo rende noto il Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) in una nota del 9 febbraio.

L’Arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il Patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo I (foto:  ©Fulata Lusungu Moyo/WCC)

Alludendo all’ampio spettro di attività illecite di cui sono vittime soprattutto le categorie più vulnerabili – giovani, migranti, donne e bambini – i due leader di chiese invitano a pregare in segno di pentimento per non avere fatto abbastanza per frenare il fenomeno. Ai governi invece hanno lanciato un appello, affinché vengano varate e applicate leggi più severe contro le nuove schiavitù, ma anche stanziati i fondi sufficienti per combattere il fenomeno e proteggere adeguatamente chi ne è rimasto vittima.

Secondo le ultime stime fornite dall’Indice globale sulle schiavitù sono 45,8 milioni le persone soggette a qualche forma di schiavitù in 167 paesi del mondo.