CEC. Gioia per la sentenza che risolve il caso di Asia Bibi

Foto di Henrik Hansson/CEC

Roma (NEV), 2 novembre 2018 – Olav Fykse Tveit, segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC) ha “ricevuto con gioia” la notizia della sentenza che ha risolto il lungo caso di Asia Bibi, una donna cristiana pakistana condannata a morte in base alle leggi sulla blasfemia in Pakistan.

“Celebriamo la sua assoluzione e il suo rilascio insieme a lei, alla sua famiglia e alla comunità”, ha detto Tveit.

Il segretario generale del CEC ha inoltre osservato che, mentre questa sentenza corregge finalmente l’errore della sua condanna, non può annullare l’ingiustizia della sua detenzione durata 8 anni nel braccio della morte, spesso in isolamento, una prova che ha sopportato con fede e coraggio.

Allo stesso modo Tveit ha osservato che la soluzione di questo singolo caso non “elimina le molte intimidazioni poste dalle leggi sulla blasfemia in Pakistan per le minoranze religiose emarginate. Pertanto, il CEC si appella nuovamente al governo pakistano per rivedere le sue leggi sulla blasfemia, per frenare gli abusi e per eliminare pregiudizi discriminatori nei confronti delle minoranze religiose”.

Asia Bibi era stata arrestata nel 2009 dalla polizia nel suo villaggio di Ittanwali, nella provincia del Punjab, in seguito alla denuncia di blasfemia da parte di altre donne di fede musulmana, e condannata a morte nel 2010.

La donna è stata dichiarata innocente il 31 ottobre 2018 alle 9,20 del mattino (le 5,20 in Italia) dalla Corte Suprema del Pakistan che ne ha ordinato il rilascio immediato. Dopo il verdetto si sono scatenati disordini nel paese.