Il crocifisso di Stato

Roma (NEV), 23 marzo 2011 – Il 18 marzo la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha pubblicato la sentenza definitiva in merito alla liceità dell’affissione del crocifisso nelle scuole. Ribaltando la sentenza resa il 3 novembre 2009 in prima istanza, la Grande Camera non ha riscontrato alcuna violazione del art. 2 del Protocollo aggiuntivo alla “Convenzione europea per la salvaguardia delle libertà e dei diritti dell’uomo” nei confronti della Signora Lautsi, ricorrente contro lo Stato italiano. L’articolo in questione attribuisce allo Stato l’obbligo di rispettare, nell’esercizio delle proprie funzioni in materia di educazione e d’insegnamento, il diritto dei genitori di garantire ai propri figli un’educazione e un insegnamento conformi alle loro convinzioni religiose e filosofiche.

L’Agenzia stampa NEV ha chiesto a Nicola Pantaleo, presidente dell’Associazione “31 Ottobre, per una scuola laica e pluralista, promossa dagli evangelici italiani”, di commentare la sentenza.

Come ha accolto la sentenza sul caso Lautsi emessa dalla Grande Camera della CEDU?

La sentenza purtroppo definitiva della Corte Europea dei diritti dell’uomo sulla legittimità dell’affissione del crocifisso nelle aule scolastiche italiane si traduce in profonda delusione per quanti, come noi della “31 Ottobre”, avevano sperato in una decisione ponderata ed equilibrata su quello che appare un’intollerabile pretesa della confessione di maggioranza di imporre i propri simboli religiosi in tutti i luoghi pubblici. La sentenza resa in prima istanza dal tribunale europeo e presa all’unanimità dei suoi componenti andava in una direzione diametralmente opposta e ciò lasciava presagire una conclusione positiva. Il ribaltamento operato dalla Grande Camera può apparire incomprensibile se si ignora l’enorme mobilitazione della chiesa cattolica a tutti i livelli assieme al governo italiano, che ancora una volta non smentisce la sua subalternità alla Curia, agli oltranzisti di tutti i colori e a vari governi europei succubi delle rispettive conferenze episcopali o prigionieri di una concezione maggioritaria dell’esercizio del potere in materia di religione.

Dopo questa sentenza ma anche di fronte a quella recentissima dalla Corte di Cassazione sul caso riguardante i crocefissi nei tribunali, secondo Lei si può parlare di uno spostamento semantico del concetto della “laicità dello stato”?

Non si dirà mai abbastanza come tutto ciò appare ingiusto e discriminatorio nei confronti delle minoranze religiose e del mondo ateo. Un simbolo che è solo religioso e confessionale e che appartiene all’intima esperienza del credente è mutato in un emblema civile e culturale valido per tutti. Con ciò la colonizzazione della scuola pubblica da parte dell’ideologia cattolica appare più vistosa e si rafforza con la complicità di quelle autorità scolastiche che dovrebbero avere la Costituzione e le leggi dello Stato – non un remoto editto monarchico-fascista – come costante punto di riferimento. Così viene totalmente stravolto il “principio supremo della laicità”, secondo la definizione che ne ha dato la Corte Costituzionale. Occorre ribadire infatti che non c’è libertà religiosa, di pensiero e di coscienza al di fuori di un quadro chiaramente delineato di laicità compiuta. Non sarà in ogni caso questa discutibile sentenza della Grande Camera a fare dell’Italia uno Stato pienamente pluralista e democratico.

La sentenza dei giudici europei asserisce che in tante scuole italiane ormai si celebra il Ramadan, per cui la libertà religiosa sarebbe di fatto garantita. Come risponde a questo?

Si tratta di una rappresentazione che non corrisponde totalmente alla realtà. Il dato di fatto inoppugnabile che il nostro Paese, per il tramite positivo dell’immigrazione, si sta trasformando in una società multiculturale non è sufficiente a garantire di fatto uguali diritti per tutti. Nella scuola pubblica, recentemente vilipesa dal Presidente del Consiglio, la realtà plurale delle classi, gestite per lo più da insegnanti aperti e competenti, trova un ostacolo nella normativa che prevede ad esempio un trattamento privilegiato per l’insegnamento della religione cattolica che, pur pienamente facoltativo in virtù di una sentenza della Corte Costituzionale, fa parte dell’orario scolastico alla pari delle altre discipline. Per altro verso, all’attivazione di una materia alternativa per gli studenti che non si avvalgono dell’Insegnamento della religione cattolica (IRC) si frappongono ostacoli di ogni tipo. Se poi pensiamo allo svolgimento di riti e atti di culto cattolici che proliferano in violazione delle sentenze dei tribunali amministrativi regionali, la “crociata” a favore dell’ostensione del crocifisso appare del tutto coerente con una mentalità antilaica e antimoderna che a partire dalla scuola investe tutte le sedi della vita pubblica.Una chicca recente è una delibera del Consiglio regionale pugliese – governato dal centro-sinistra – per l’acquisto di immagini di Padre Pio e di crocifissi.

L’Associazione “31 ottobre” come intende ora portare avanti la propria battaglia? Da dove ricominciare?

La nostra associazione nata da oltre dieci anni in seno alla Federazione delle chiese evangeliche in Italia, ad opera di insegnanti e genitori evangelici, si batte per statuto in difesa della laicità e del pluralismo nella scuola pubblica. Oltre all’IRC, che riteniamo debba essere superato nonostante il suggello concordatario e costituzionale, siamo in favore di un insegnamento storico e aconfessionale sulle religioni. E oggi abbiamo ragione di non sentirci più soli dopo la presentazione in Parlamento di un disegno di legge sottoscritto da una ventina di parlamentari di vari gruppi che va in quella direzione, e che vede anche il consenso di alcuni esponenti cattolici. Ripetutamente abbiamo denunciato lo scandalo dei finanziamenti alla scuola privata e del trattamento privilegiato dei docenti di religione cattolica. Sono temi questi, accanto alla rivendicazione della materia alternativa e agli interventi a favore di alunni discriminati, che costituiscono da sempre il nocciolo dell’azione dell’associazione. Naturalmente ci rivolgiamo in prima istanza al mondo evangelico ma collaboriamo, soprattutto nei ricorsi giudiziari, con le altre associazioni e le forze sindacali e politiche che si collocano coerentemente sul terreno della laicità. Attraverso i nostri convegni nazionali – il prossimo il 14 maggio a Firenze sulla cittadinanza e i diritti delle minoranze – cerchiamo di sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi che ci stanno a cuore. Fondata a Roma nel 1999 nell’ambito della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), l’Associazione “31 Ottobre” prende il nome dalla festa che si celebra ogni anno per ricordare l’inizio della Riforma protestante. Non è un’associazione confessionale (solo per evangelici), né di categoria (solo per insegnanti), ma è aperta a tutti coloro che, operatori scolastici a titolo diverso, studenti, semplici cittadini, ne condividano gli obiettivi: difendere e promuovere nella scuola e nella società italiana una cultura laica e pluralista; promuovere ad ogni livello l’incontro fra pluralità di culture e religioni (www.associazione31ottobre.it).

Intervista a cura di Gaëlle Courtens – Roma (NEV), 23 marzo 2011