Roma (NEV), 21 aprile 2017 – Inizialmente attesa per il 5 aprile, l’ardua sentenza è arrivata nella serata di ieri: accogliendo le istanze del Ministero della Giustizia, la Corte Suprema della Federazione Russa ha giudicato “estremiste” le attività religiose svolte dai Testimoni di Geova, decretando la chiusura del Centro amministrativo di San Pietroburgo e delle 395 organizzazioni religiose ad esso correlate, operanti su tutto il territorio nazionale.
“Siamo tornati all’era sovietica – ha commentato da San Pietroburgo il portavoce della congregazione russa Yaroslav Sivulskiy, annunciando che i Testimoni ricorreranno in appello e, se necessario, presso la Corte europea per i diritti umani. “Speriamo che i diritti e le protezioni legali che in quanto pacifico gruppo religioso ci spettano vengano ripristinati il prima possibile”, si legge nel breve comunicato diramato sul portale internazionale dei Testimoni di Geova.
Immediata anche la reazione degli osservatori e degli esperti internazionali: “Quello cui stiamo assistendo in Russia – ha dichiarato Rachel Denber, vicedirettrice di Human Rights Watch per l’Europa e l’Asia centrale – è un terribile colpo inferto alla libertà di religione ed associazione. Stando così le cose una minoranza è messa di fronte a una scelta straziante: abbandonare il proprio credo o venire punita perché lo professa”. “Non vedo come si possa credere che i Testimoni di Geova costituiscano una minaccia per la sicurezza russa” – aveva dichiarato nei gironi scorsi Alexander Verkhovsky, direttore del Centro SOVA che monitora l’estremismo nel paese – senza dubbio però rappresentano un buon bersaglio: sono pacifisti, quindi indipendentemente da cosa subiscono non possono essere radicalizzati; possono essere utilizzati per inviare un messaggio più ampio”.
Su iniziativa dei deputati Gessica Rostellato (PD) e Luigi Lacquaniti (PD), il 13 aprile scorso anche la Camera dei Deputati si era occupata della questione. Nel corso della Conferenza Stampa convocata per dare pubblicità ai contenuti del processo in corso – “sviluppi solo apparentemente lontani da noi”, aveva ammonito l’onorevole Rostellato, prima firmataria di un’interpellanza parlamentare sul caso russo – i rappresentanti legali dei Testimoni di Geova avevano messo in luce come la base giuridica per un’eventuale condanna potesse essere fornita dalle recenti norme anti-terrorismo varate dal governo. A distanza di una settimana, quei timori si sono dimostrati fondati.
La decisione della Corte russa riguarda la vita di 175.000 persone. I legali dei Testimoni di Geova hanno ora 30 giorni per ricorrere in appello.