Giornaliste nel mondo. Tolleranza zero su violenza di genere

Macharia: “Gli Stati dovrebbero garantire la sicurezza delle giornaliste e porre fine all'impunità per chi le attacca. I media devono dedicare sufficienti risorse editoriali alla copertura della violenza di genere, dato che il flagello colpisce in modo sproporzionato metà del pubblico dei media stessi"

Un dettaglio della copertina del Global Media Monitoring Project (GMMP) 2010

Roma (NEV), 20 novembre 2019 – Le giornaliste che si occupano di violenza di genere sono “difensori dei diritti umani a pieno titolo” e spesso affrontano sfide, tra cui attacchi misogini online e di persona, a causa del loro lavoro. Lo ha denunciato Sarah Macharia, responsabile del Global Media Monitoring Project (GMMP) dell’Associazione mondiale per la comunicazione cristiana (World Association for Christian Communication-WACC) per il genere e la comunicazione.

Gli Stati dovrebbero garantire la sicurezza delle giornaliste e porre fine all’impunità per chi le attacca, ha dichiarato Macharia, ribadendo quanto già affermato dalla Global Alliance on Women and Gender (GAMAG), di cui è anche segretaria generale. I datori di lavoro dei media, da parte loro, devono avere un “approccio a tolleranza zero” per le molestie sessuali nelle redazioni e promuovere “culture di inclusione in cui tutti si sentano sicuri di parlare delle proprie esperienze e abbiano il potere di agire se assistono a qualcosa di inappropriato”.

Macharia ha illustrato le raccomandazioni GAMAG durante una tavola rotonda dal titolo “Sfruttare il potere dei media per porre fine alla violenza di genere”, vertice di Nairobi conclusosi la settimana scorsa e promosso dal Centre for Women’s Leadership, il Regional Response Syria Hub dell’UNFPA e il Dart Center for Journalism and Trauma.

Sarah Macharia

Macharia ha parlato di diritti umani, parità di genere, femminicidio e violenza sessualizzata: “Le donne giornaliste affrontano un rischio sproporzionato di violenza e intimidazione, a volte per l’audacia di parlare di certi temi, e sono esposte a molestie di genere e violenza sul campo e in redazione – ha detto -. Tali attacchi possono essere di natura fisica o virtuale e sono spesso sessualizzati”.

Quasi due terzi delle donne giornaliste hanno sperimentato “minacce o abusi in relazione al loro lavoro”, ha dichiarato Macharia, citando un sondaggio nel 2014. L’anno scorso, una ricerca condotta dall’International Women’s Foundation e Troll Busters ha fatto emergere che le giornaliste che hanno subito abusi online hanno riferito conseguenze emotive e psicologiche a breve e a lungo termine. Circa il 40% ha evitato di riportare determinate storie a seguito di questi episodi.

Macharia ha poi evidenziato come le giornaliste affrontano una sfida nella lotta per la libertà di espressione e per la tutela delle loro fonti, rischiando di venire messe a tacere da attacchi misogini online e di persona. Le giornaliste possono “raggiungere un largo numero di ragazze e donne colpite da violenza di genere”. Serve quindi aumentare la copertura su questi temi, poichè le donne sono ancora sottorappresentate nonostante siano direttamente interessate, loro malgrado, al fenomeno.

I risultati dell’ultimo GMMP nel 2015 hanno mostrato un declino delle storie incentrate sulla violenza di genere, inclusi temi come lo stupro, l’aggressione sessuale, la violenza familiare, le mutilazioni genitali femminili e la tratta, ha continuato Macharia. Le giornaliste riportano meno storie. I tre quarti di coloro che subiscono violenza di genere sono donne e tuttavia costituiscono meno della metà delle persone intervistate o sono soggetti narranti di queste storie.

“Serve aumentare la percentuale di fonti femminili, come soggetti, portavoce ed esperte – conclude Macharia –. Ciò dimostrerà l’entità del problema come una questione di genere che colpisce in modo sproporzionato le donne e mostrerà che il problema è strutturale e ha bisogno di soluzioni radicali”, ha affermato. Le raccomandazioni GAMAG su questo sono chiare: i datori di lavoro dei media devono fornire sicurezza fisica, assistenza tecnica, consulenza legale e supporto psicologico alle donne giornaliste colpite da violenza e molestie sessuali, sia online che di persona. I media devono anche “dedicare sufficienti risorse editoriali alla copertura della violenza di genere, dato che il flagello colpisce in modo sproporzionato metà del pubblico dei media stessi”.


Il Global Media Monitoring Project (GMMP) è la più grande e più antica iniziativa di ricerca e advocacy sull’uguaglianza di genere nei mezzi di comunicazione di tutto il mondo. È promosso in collaborazione con gruppi di base per i diritti delle donne a livello nazionale, altre organizzazioni della società civile, associazioni e sindacati di professionisti dei media fra cui la WACC, studenti universitari e ricercatori di tutto il mondo.