Roma (NEV), 6 febbraio 2020 – Una reporter valdese nell’inferno di Moria, il campo sull’isola di Lesbo dove vivono in condizioni drammatiche quasi ventimila persone.
Federica Tourn, con il fotografo Stefano Stranges, è tornata per la quarta volta sull’isola greca, negli scorsi giorni, per raccontare quanto sta accadendo alle migliaia di migranti presenti. Già coordinatrice del quotidiano online Riforma dal 2014 al 2017, redattrice della stessa testata e autrice di una rubrica fissa per Jesus, 48 anni, Federica Tourn è una giornalista professionista free lance, ha “radici valdesi”, due figli adolescenti e si occupa in particolare di giornalismo sociale, con un’attenzione specifica ai temi dei migranti, dei femminismi, delle vulnerabilità.
Guerra tra bande e donne a rischio nell'inferno di Moria, il mio articolo da #Lesbo per @ilmanifesto di oggi, foto @Stef_Stranges pic.twitter.com/lY3b2FsO0J
— Federica Tourn (@ingenuacronista) February 4, 2020
“Sono stata a Lesbo per la prima volta nel 2016 – racconta la giornalista – quando ci fu una grande ondata di arrivi, c’erano sbarchi tutti i giorni, tutte le notti ma c’erano anche numerose organizzazioni non governative presenti e operative. E al campo di Moria, pur essendo sovraffollato, la situazione non era drammatica come ora”.
Quattro anni dopo, un primo cambiamento è la situazione politica greca: dopo l’esecutivo di Alexis Tsipras, leader della coalizione di sinistra di Syriza, dallo scorso luglio è tornato al governo il partito conservatore Nuova Democrazia, guidato da Kyriakos Mitsotakis.
“La stretta politica, il giro di vite del nuovo governo su questi temi, sui migranti e l’accoglienza, si sente. Nel 2017, ad esempio, c’erano molti meno migranti sull’isola perché venivano trasferiti sulla terraferma. Oggi – continua Tourn – la situazione si è incancrenita anche perché ci sono migranti che stanno a Lesbo da un anno, ma anche 2-3 anni. Le pratiche, cioè le richieste di asilo, si sono moltiplicate e di conseguenza la situazione è fuori controllo. Basti pensare che Moria è stato ideato per accogliere 2500 persone, mentre ci vivono in 20mila, di cui 5mila nel centro ufficiale, tutte le altre sulle colline circostanti, senza acqua corrente: una vera e propria catastrofe umanitaria”.
Condizioni di vita insostenibili anche per i minori: “Ci sono tantissimi bambini, si stima siano un migliaio i minori non accompagnati. Tutti vivono con solo un paio di coperte e cibo insufficiente per l’intera comunità, uno dei motivi per cui si scatenano spesso liti e aggressioni”. Nel campo, gestito ufficialmente dal governo greco, lavorano ancora alcune Ong internazionali, altre, come Medici senza frontiere hanno denunciato l’assenza di cure per i bambini e chiesto per loro l’immediata evacuazione. Nel luglio 2019, il nuovo governo greco ha infatti revocato l’accesso all’assistenza sanitaria pubblica ai richiedenti asilo e alle persone senza documenti che arrivano nel Paese, lasciando oltre 55mila uomini, donne e bambini senza possibilità di cura.
Nel campo di Moria #Lesbo, il governo greco nega ad almeno 140 #bambini gravemente malati la possibilità di ricevere cure.Non è solo vergognoso ma può portare a danni irreparabili al loro stato di #salute, se non addirittura alla morte. Evacuazione subito! https://t.co/uoRU5tzpMY pic.twitter.com/641t9WTEMy
— MediciSenzaFrontiere (@MSF_ITALIA) January 23, 2020
“Al di là dell’impegno di tante persone che ho conosciuto e che conosco sull’isola, attivisti e cittadini che aiutano i migranti, i trasferimenti da Lesbo sono diminuiti e i rifugiati continuano ad arrivare, considerato che la Turchia è a pochi chilometri, il diritto d’asilo è stato ancora ridimensionato… Il problema è l’Europa: finché gli altri Stati membri non si faranno carico di quanto sta accadendo in quel luogo, così come lungo altre frontiere e in tutto il Mediterraneo, non potrà che continuare questa catastrofe umanitaria”. E oltre alla stretta politica, la repressione manu militari sta peggiorando di giorno in giorno.
Proprio Federica Tourn con il fotografo Stefano Stranges hanno testimoniato in alcuni articoli e sui loro social quanto accaduto pochi giorni fa, lunedì 3 febbraio: “Non chiamiamoli scontri – precisa Tourn – perché nessuno ha attaccato, bensì ho visto un corteo totalmente pacifico colpito dalle forze dell’ordine con lanci di lacrimogeni e cariche”.
Tra i migranti incontrati dalla giornalista, anche molti siriani. “Giovani, giovanissimi, arrivati qui per scappare dalla guerra. Mi hanno raccontato storie strazianti, come quella di un ragazzo che ha perso il padre e il cui fratello è in carcere perché è stato accusato di essere un trafficante, mentre si è trovato costretto a condurre il gommone fino all’isola. Sta qui da anni, ormai, come in un limbo, senza soluzioni né per sé né per il fratello, mentre le condizioni psicologiche di chi vive nel campo di Moria sono sempre più precarie, con atti di autolesionismo e disturbi sempre più gravi”.
Persone provenienti dalla Siria, e quindi con ogni probabilità titolari di protezione umanitaria, arrivate sui barconi, che non hanno avuto altra possibilità, e che Mediterranean Hope, programma migranti e rifugiati della Federazione delle chiese evangeliche in Italia, invece, riesce, in piccola parte, a inserire nel progetto dei corridoi umanitari, per farli arrivare in Italia in sicurezza e legalità, evitandogli l’orrore di campi come quello di Moria.
Federica Tourn continuerà a raccontare con il suo “sguardo da giornalista protestante” le storie dei migranti. Prossimo obiettivo: “Tornare a Foggia, nei ghetti, per parlare di caporalato e sfruttamento e poi ad Atene, per completare questo progetto sui migranti in Grecia”.